Per salvare il porto di Pescara remiamo tutti nello stesso verso

Mi permetto di scrivere dato che ero il Pilota del Porto di Pescara e ho visto con mio grande rammarico  che il nuovo Piano regolatore Portuale viene continuamente messo in discussione dopo essere stato approvato a gran voce dal 2008.

All’epoca, nella sua formulazione, è stato sottoposto alla discussione con tutte le categorie interessate, che sembravano aver accettato la soluzione che proponeva, cioè portare le attività commerciali fuori dall’asta fluviale e separare la darsena attraversata dal fiume, che così ritornerebbe alla sua condizione naturale, sfociando in mare aperto.

Ho avuto la fortuna di vedere il progetto di un’altra soluzione strutturale per il porto di Pescara la settimana scorsa e sono rimasto molto perplesso da quello che ho visto, poiché tale proposta non fa altro che  mantenere sia il porto peschereccio che il porto commerciale all’interno dell’asta fluviale e non risolve problemi di sedimentazione della darsena commerciale che diventerebbe una grande vasca di espansione e pertanto il dragaggio, in quel caso, dovrà essere costante nel tempo.

Un dettaglio che non è da niente, considerando che non si riesce a capire se i fanghi trasportati dal fiume sono inquinati o no. Inoltre il progetto crea un cerchio di evoluzione a mio parere e in base alla mia esperienza, troppo  piccolo (circa 200mt di raggio di evoluzione)  per consentire la manovra delle navi che, potenzialmente, possono ormeggiarsi alle banchine commerciali. E preciso che in base al traffico portuale che Pescara aveva, almeno una delle navi che attraccavano dovrebbe essere scartata, a causa della sua lunghezza era di 130mt e della monoelica (un solo motore) e questo per un porto che si propone di crescere non è un buon inizio.

Ma parliamo di oggi. E  domani? Il mercato delle navi è in continua evoluzione e ad oggi le grandezze delle navi commerciali si aggirano tra i 150/180 mt mentre per i traghetti passeggeri partono dai 190/240mt, di conseguenza un bacino di evoluzione di appena 200mt come quello proposto nel progetto che “boccia” l’attuale Prg portuale, taglierebbe le gambe al porto prima di nascere.

In quell’ipotesi il canale è rettilineo e quindi le onde lo possono risalire facilmente creando più di un problema al porto e alle barche. Anche perché, poiché la profondità dell’imboccatura del porto canale viene spostata su maggiori fondali, aumenterà l’altezza delle onde che possono entrare nel canale. I dispositivi di cui si parla (celle antirisacca), da posizionare lungo le pareti del canale, notoriamente non funzionano bene altrove.

Infatti attualmente nel porto canale di Fiumicino ci sono problemi a causa del un canale rettilineo e delle celle antirisacca, in quanto il moto ondoso risale il canale per molte centinaia di metri rendendo problematico l’ormeggio dei pescherecci lungo l’asta fluviale. E a suo tempo a Pescara venne realizzata la diga foranea proprio per eliminare il problema della risalita del moto ondoso lungo il canale.

Nella soluzione adottata dal piano regolatore portuale viene completamente eliminata la portualità dal fiume e quindi un’eventuale sedimentazione che potrebbe interessare la darsena commerciale sarebbe costituita da materiale non inquinato, con ovvi vantaggi gestionali sia di natura ecologica che di natura economica.

Va comunque ricordato che i porti vanno sempre dragati, è impensabile che un’infrastruttura si riduca com’è ridotta quella pescarese, in Italia non è mai accaduto, perché per tenerla viva, va dragata, ovviamente con cadenza diversa in base alla tipologia e alla sua configurazione, dato che nelle manovre di navi un minimo di spostamento dei fondali intesi come sabbia o altro si spostano.

Mentre per quanto riguarda il problema di ormeggiare in un porto con l’acqua dolce come vorrebbero gli autori del progetto alternativo, riconosco che sia un vantaggio, ma non può essere considerata una necessità, in quanto la logica moderna è quella di eliminare completamente la partualità dei fiumi minori, proprio come quello di Pescara.

Poi il piano regolatore portuale è supportato da uno studio dell’APAT e tutti avevano condiviso tale progetto. Quindi, oggi perché sono contrari? Molti criticano la presenza della ‘’ doppia curva ‘’ nel prolungamento del porto, ma quella curva ha una sua logica di base: consente di smorzare le onde che entrano nel fiume, consente sufficiente spazio alla darsena commerciale in modo di avere un futuro, altrimenti come già successo Pescara dovrà dire addio ad un suo inserimento nel mercato del mare.

Inoltre un altro aspetto molto importante e di grande impatto è il costo dell’opera prevista, si è parlato di circa 140milioni di euro. Capisco che tale cifra dia spavento ma i costi si potrebbero abbattere tranquillamente con una gestione attenta ed oculata come avviene in altri porti d’Italia, dove le banchine di ormeggio vengono date in gestione alle società che vi fanno scalo.

Infatti come ho sempre sostenuto con alcuni operatori marittimi, nel momento in cui il progetto verrà approvato, si dovrà  fare un grosso lavoro di squadra coadiuvati dalla Camera di Commercio, dato che  in Abruzzo non abbiamo un’Autorità portuale, per fare un’approfondita divulgazione del piano regolatore portuale, così da attirare gli interessi di sociètà di navigazione che potrebbero scegliere il porto come base per i propri commerci e affari, creando così numerosi posti di lavoro e veicolando il nome di Pescara per il mondo.

Tutto questo è possibile, basta volerlo e soprattutto che chi agisca sappia come sviluppare l’enorme potenziale che il porto di Pescara ha e che ha dimostrato di avere nel corso della sua lunga storia. Ma perché tutto questo si realizzi serve l’aiuto di tutti, usando una metafora marinara, serve che tutti remiamo nello stesso verso.

Leonardo Costagliola  D’Abele, pilota del Porto di Pescara