LA QUALIFICAZIONE GIURIDICA DEL CONTRATTO DI ORMEGGIO E L’OBBLIGO DI CUSTODIA DELLE IMBARCAZIONI DA DIPORTO

Articolo estratto dall’ultimo numero de Il Nautilus

 

Si discute dell’obbligo di custodia delle imbarcazioni da diporto nel contratto di ormeggio. Trattasi di un tema che non ha avuto facile risoluzione per via dell’assenza di una specifica regolamentazione del contratto di ormeggio sia nel Codice Civile che in quello della navigazione (quest’ultimo, difatti, si limita a disciplinare la figura dell’ormeggiatore).

Ci si trova, in sostanza, al cospetto di un contratto “atipico” che, tuttavia, ha ricevuto nel corso degli anni una propria qualificazione giuridica grazie al lavoro esegetico della giurisprudenza nostrana.

Preliminarmente si consideri che, secondo una definizione mutuata dall’allora Circolare della Marina Mercantile n. 154 del 1975, “l’approdo marittimo e/o l’ormeggio è un complesso di impianti specializzati sul demanio marittimo…e sul mare territoriale e che offrano la possibilità di accosti, stazionamento e rifornimento. Esso può essere dotato delle sistemazioni fisse e/o amovibili che consentono le operazioni necessarie per il mantenimento dell’efficienza delle imbarcazioni, con riguardo alle riparazioni, manutenzione, rimessaggio, revisione e custodia, rifornimento ed assistenza in genere, nonché la sosta ed il ristoro dei diportisti”.

La Giurisprudenza di Cassazione, stante quest’ultima definizione, è riuscita negli anni a delineare il contenuto minimo essenziale del contratto di ormeggio consistente nella messa a disposizione di una porzione di specchio acqueo per la sosta e/o lo stazionamento di una imbarcazione da diporto (v. Cass. Civ. sez. III, n. 10484 del 2004).

Vi sono, tuttavia, delle ipotesi nelle quali il contratto di ormeggio non si limita a prevedere la sola messa a disposizione di un posto barca quanto, anche, l’erogazione di servizi ulteriori e accessori: si pensi, per esempio, alla custodia e alla manutenzione dell’imbarcazione così’ come all’erogazione di acqua e corrente elettrica.
In altri termini, il contratto di ormeggio può essere assimilabile a quello di deposito e/o a quello di locazione tenuto conto sia delle prestazioni accessorie erogate dal gestore di un porto turistico che della tipologia di sosta compiuta dallo stesso diportista.

Del resto la stessa Giurisprudenza, al pari della Dottrina unanime, è solita distinguere tra una sosta di tipo “statico” (si pensi al caso in cui l’imbarcazione da diporto viene “tirata in secco” per la pausa invernale) e una, invece, di tipo “dinamico” che si realizza quando la sosta avviene in via temporanea ossia costituisce “momento stesso della navigazione”. Fatte le dovute premesse, si ritorni al tema in esame. Non esiste un obbligo di custodia in re ipsa: la sussistenza di un obbligo di custodia dell’imbarcazione da diporto dipende sostanzialmente dal tenore del regolamento contrattuale (l’obbligo di custodia deve essere espressamente indicato in una clausola contrattuale) così come dalla verifica delle circostanze concrete.

Non sempre, difatti, il contratto di ormeggio viene redatto in forma scritta sicchè l’eventuale esistenza di un obbligo di custodia può essere desunta da alcune prove/circostanze del caso concreto: si pensi all’esistenza di un servizio fisso di guardiania e/o vigilanza (ad esempio, un circuito di videosorveglianza ecc.) all’interno di un porto turistico così come alla presenza in loco di personale della struttura cui viene “affidata” l’imbarcazione all’atto dell’ormeggio.

Un ulteriore elemento di prova potrebbe essere dato dalla dimensione dell’imbarcazione, dall’eventuale presenza di un equipaggio fisso di bordo (circostanza poco frequente e/o improbabile nel caso di imbarcazioni di piccolo cabotaggio) così come dalla durata dell’ormeggio: nel caso in cui, difatti, l’imbarcazione ormeggiasse per lungo tempo in una struttura diportistica si potrebbe presumere l’interesse del proprietario alla custodia e alla manutenzione del proprio natante.

Ovviamente tali prove possono essere desunte sia per via testimoniale che per mezzo di presunzioni gravi, precise e concordanti ex art. 2729 c.c.
Alla luce di tutto ciò, ove l’esame del regolamento contrattuale e delle circostanze concrete neghi l’esistenza di un obbligo di custodia, le eventuali clausole contrattuali secondo cui “il gestore del porto non risponde di eventuali furti o danni” non determinano una esclusione o limitazione preventiva di responsabilità ex art. 1229 c.c. né, per tale ragione, costituiscono clausole vessatorie ex art. 1341, co. II, c.c.; al contrario, le suddette clausole saranno reputate nulle e vessatorie nell’ipotesi in cui, invece, il gestore del porto turistico abbia assunto un obbligo di custodia in favore del diportista.

Stefano Carbonara