La pirateria è in declino?

Il numero totale degli attacchi da parte di pirati per questi primi mesi del 2012 è diminuito. Infatti, confrontando lo stesso periodo con gli anni precedenti, si nota una caduta vertiginosa del numero dei casi. Infatti, nel 2009 sono stati denunziati 174 casi; 163 nel 2010, 176 nel 2011 e, solo si fa per dire, 30 nel 2012.

Speriamo che sia una notizia resistente e continua e che possa segnare definitivamente il declino della pirateria nei confronti del trasporto marittimo. La caduta del numero dei casi di pirateria nelle acque somale sta facendo meditare i governi di tutto il mondo e sicuramente per le compagnie di navigazione rappresenta un inizio di speranza e di una certa sicurezza marittima.

Ieri, a Muscat durante un incontro tecnico, l’Ammiraglio Jean-Baptiste Dupuis, comandante della forza UE Naval Force (EU NAVFOR) dell’operazione Atalanta (Task Force 465), ha affermato che la pirateria è in declino a causa di una maggiore vigilanza da parte delle forze anti-pirateria; poi si è soffermato sui dati statistici del fenomeno, esponendo le sue osservazioni. “Dall’inizio dell’intera “operazione Atalanta” UE, nel 2008, la missione è stata svolta con successo ed ha contribuito a migliorare la sicurezza marittima al largo delle coste della Somalia e nell’Oceano Indiano, ha osservato l’Ammiraglio Dupuis, soprattutto all’interno del corridoio di transito raccomandato a livello internazionale”.

Intanto, Henry Bellingham, ministro del Foreign Office dell’UK ha richiamato le nuove regole d’ingaggio che hanno le guardie armate imbarcate su navi battenti bandiera del Regno Unito: hanno il permesso di sparare per prima al fine di respingere i pirati somali. “Queste nuove regole ha detto, il ministro Bellingham, sono più chiare rispetto alle versioni precedenti e sono più operative e destinate a dare ai team di sicurezza le istruzioni su quando possono agire per non finire come i Marò italiani”.

“Se un attacco alla sicurezza di navi è ritenuto dal team-force di bordo una minaccia imminente, non è necessario per loro attendere che l’aggressore  sferri il colpo prima di usare la forza ragionevole e di mettere in atto azioni per difendersi, ha sottolineato Mr Bellingham, per chiarezza nei confronti di tutti; un atto di pirateria è illegale come pure l’azione di ritorsione o vendetta nei confronti di navi e persone”.

Pur in un clima di ritrovata unità di azione fra gli Stati, la guardia non deve essere abbassata; lo dimostrano i diversi “warning” lanciati dalle varie navi che attraversano quelle zone, che i pirati e predoni in genere continuano a battere le acque dell’oceano Indiano e le coste del Corno d’Africa. Qualche rappresentante autorevole (Centro Africano per lo Studio e la Ricerca sul terrorismo-Algeri-) ha ricordato che i pirati, dopo la caduta del regime libico e la pausa forzata della primavera araba, si stanno riorganizzando sia in armi che in flotta.

Per l’Italia, Giulio Terzi, ministro degli Esteri, la scorsa settimana, ha sottolineato i rischi derivanti dal fenomeno che trae origine dall’anarchia di quei popoli, ed ha voluto ancora una volta invitare i Paesi protagonisti e non del contrasto alla pirateria marittima a dare una risposta forte e coesa. Il numero uno della Farnesina ha anche ricordato che in generale occorre il rispetto della giurisdizione esclusiva di bandiera e dell’immunità per i soldati impegnati nelle operazioni.

Il Consiglio dell’UE ha deciso di prorogare l’attività fino a dicembre 2014; mentre lo scorso 10 maggio, il Parlamento europeo, con una risoluzione sulla lotta alla pirateria, ha stabilito che la giurisdizione che deve essere applicata in alto mare, anche nei casi di lotta alla pirateria, deve essere quella di cui batte bandiera la nave coinvolta. E nessuna autorità diversa da quelle nazionali può quindi arrestare o bloccare la nave e le persone a bordo, nemmeno a scopo investigativo. Attualmente le azioni di contrasto alla pirateria marittima sono condotte da navi da guerra che sono organizzate in missioni internazionali o singolarmente.

Si tratta della Combined Task Force 150, a cui partecipano Canada, Danimarca, Francia, Germania, Pakistan, Gran Bretagna e Stati Uniti, l’Operazione Atalanta, dell’Unione Europea e quella delle forze navali dei Paesi NATO, Ocean Shield. Nell’Oceano Indiano operano anche navi da guerra della Russia, della Cina, dell’India e altri Paesi.

 

Abele Carruezzo