FEDESPEDI: la ripresa ci sarà ma dal 2015

Gli ultimi dibattiti sulla portualità italiana stanno evidenziando i caratteri di una crisi sempre più difficile. Secondo le analisi di molti osservatori ed esperti, il 2013 sarà ancora più duro per il settore dello shipping e dei porti, al punto che sarà difficile prevedere quando la crisi economica allenterà la presa. Se prima molti di tali esperti, compresi professori di importanti Università, erano pieni di speranze per il 2013, ora  praticamente nessuno si azzarda a supporre che l’attraversamento del tunnel della crisi possa terminare in breve tempo.

Ultimamente, però, Fedespedi va declinando, con il suo presidente Piero Lazzeri, che il 2013 sarà un anno ancora negativo, specialmente nel settore dei container, ma dal 2015 inizierà la vera inversione di tendenza. Questo tipo di analisi scaturisce da un palco d’osservazione tutto particolare di una categoria di operatori che evidenziano più speranze che fatti, almeno per i traffici mediterranei ed adriatici in particolare; poiché, ci pare molto difficile superare un periodo italiano del tutto particolare, soprattutto dal punto di vista politico.

Crediamo che per superar questa crisi, e per consentire al settore dello shipping di ritornare ad investire capitali per crescere, occorrerà superare la stretta creditizia delle banche  in previsione che gli incentivi statali non saranno più disponibili ed resi operativi dalla UE. Siamo ad un bivio costituzionale, politico e di organizzazione di uno Stato che abbia un ruolo responsabile ed accreditato a livello globale. Per una politica dei porti efficiente ed efficace, non basta solo enunciare il bisogno di nuove infrastrutture; a livello europeo e mondiale, necessità una organizzazione di governance di Autorità Portuali, che non siano più solo enti ibridi tra una “autorità” nominale ed istituzionale che non riescono a promuovere un territorio; occorre per questi enti più garanzia di poteri d’intervento e di un chiaro indirizzo circa la funzionalità di un porto.

Se il governo che verrà, o il Parlamento, non riesce a percepire l’importanza strategica delle attività marittime e portuali della nostra penisola, vuol dire che tutto il mondo dello shipping  italiano non è riuscito e non riesce ancora a comunicare ed a rappresentare in modo efficace l’interesse mercantile di un trasporto marittimo e di una logistica intesa come forte moltiplicatore di sviluppo. Occorre ripartire e puntare sui giovani, sulla loro formazione e sull’importanza delle risorse umane come chiave di crescita e sviluppo marittimo, marinaro e portuale.

 

Abele Carruezzo