Filt Cgil: la portualità italiana sull’esempio di Genova

Per il sindacato nazionale della Filt-Cgil il sistema portuale italiano va modificato prendendo ad esempio il porto ligure; ne sono convinti i maggiori responsabili, ed in particolare Massimo Ercolani, segretario nazionale. Il teorema presentato, questa mattina, evidenzia due aspetti importanti per una riforma di tutto il sistema portuale nazionale: a) allargare le competenze delle autorità portuali a tutta la catena logistica comprendendo aree retroportuali ed interporti; b) maggiori garanzie ai soggetti che operano nei porti attraverso operazioni di defiscalizzazione.

Nel documento nazionale di riforma, il segretario Ercolani promuove il modello Genova  a tutto il sistema portuale italiano come metodo di lavoro per giungere ad una riforma complessiva della portualità italiana; e nel sottolineare l’evoluzione di una  port-governance a livello europeo afferma:  “Abbiamo scelto Genova  perchè è la città che meglio può rappresentare la situazione nazionale. La legge 84/94, che ha 20 anni, è ormai inadeguata. Bisogna riallineare i porti italiani alle esigenze della portualità di oggi, che è per sua stessa natura sempre più globale. Sul fronte del lavoro portuale, il sindacato punta su un’integrazione, così come accade a Genova, tra i terminalisti (che hanno un proprio organico) e quei soggetti che rientrano nel cosiddetto “articolo 17”, in base al quale viene regolata l’offerta di lavoro temporaneo sulle banchine.

A Genova l’art. 17 è comunemente noto come la Compagnia”. Ed ancora, Ercolani, nel concludere sul lavoro portuale, spiega che  “Questo sistema ha permesso a Genova di reggere alla crisi. Ma devono essere fatti altri importanti passi avanti. Gli articoli 17 devono essere messi in condizione di poter offrire lavoro con squadre organizzate, a beneficio della sicurezza. Ma devono avere anche un supporto, a partire dalle tariffe, agli incentivi per i terminal fino alla possibilità di defiscalizzazione.

Un sistema che, agevolando il lavoro, può avere un doppio risultato: permettere maggiori introiti alle imprese e alleggerire lo Stato, che non deve pagare il mancato avviamento”. Questa proposta presentata dal sindacato più rappresentativo dei lavoratori portuali ci porta ad una considerazione che si sta imponendo in tutte le sedi in cui si discute di questioni portuali e cioè: il rafforzare il ruolo delle Autorità Portuali sia per i retroporti che per gli interporti pone un superamento di istituzioni obsoleti come le c.d. “aree sviluppo industriale”; sicuramente valide per piccole zone e non a fil di costa. In più si integra una concezione più ampia di “Autorità” per la promozione e la qualificazione del lavoro in tutta la filiera logistica, e quindi più una “Autorità dei trasporti e della logistica”. Noi diciamo che serve una riforma che traguardi un vero cambiamento operativo di tutto il sistema portuale italiano con compiti e funzioni omogenee in tutti i porti e non solo per Genova.

 

Abele Carruezzo