Shipping, Forwarding & Logistics meet Industry

MILANO – Sono stati accesi i riflettori su una realtà, lo shipping – logistica – industria 4.0, diversa da quella annunciata nei vari “think thank” e da quella coniugata dagli esperti di Delrio I e II.  La prossima sfida sarà sul lavoro portuale che sicuramente dovrà essere integrato a quello della logistica. Per tutto il periodo renziano, la struttura del Mit è andata in giro per l’Italia portuale a dire che i porti non sono più gli empori di un tempo; non devono essere autoreferenti, scollegati tra loro, poco interagenti con le altre infrastrutture.

Negli ultimi dieci anni i porti italiani sono stati attaccati da nord nella funzione tradizionale di gateway e da sud nella funzione del transhipment. Una governance portuale, schiacciata da una burocrazia insopportabile, che non ha compreso le nuove dinamiche che lo shipping mondiale andava imponendo, non è riuscita ad adeguare infrastrutture, fondali e servizi alle nuove domande dei nuovi traffici. Dall’altro versante, un Governo che invece di agevolare lo sviluppo con piani finanziari, andava e va compartecipando le troppe analisi di settore cercando condivisioni fra i vari territori marittimo-portuali. Il convegno, è stato voluto da International Propeller Clubs, Federazione del Mare, Alsea, Assologistica e Assolombarda ed è stato organizzato da Clickutility nella sede di Assolombarda a Milano.

Per Umberto Masucci, membro del Comitato di Gestione dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale, la realtà è cambiata negli ultimi 18 mesi grazie alla “riforma Delrio”, anche se il lavoro non è completato; un pezzo positivo del lavoro svolto dalla riforma è stato compiuto, anche se non basta accorpare i porti. L’intervento di Paolo D’Amico, presidente della Federazione del Mare, ha rilevato l’importanza che rappresenta il “sistema mare” nel campo dell’occupazione: mezzo milione di persone e 500.000 famiglie trovano sostentamento dal lavoro sul mare e con il mare.

Nel rivendicare ancora una volta la re-istituzione di un Ministero del Mare, d’Amico ha ricordato un’industria legata al mare: un Made Italy fatto di eccellenze nelle costruzioni e gestione di navi da crociera, una flotta di ro-ro pax che, oltre a garantire una continuità territoriale e un cabotaggio nazionale, ha servito e serve il Mediterraneo con le “autostrade del mare” integrando le varie modalità di trasporto e salvaguardando l’ambiente. Una vera e propria intermodalità delle persone e delle merci con una vera logistica, intesa più come risorsa e non un problema. A focalizzare la risorsa “logistica” ci ha pensato Riccardo Fuochi, presidente del Propeller Club di Milano: “Il nostro obiettivo è di stabilire un dialogo diretto tra chi fornisce servizi e chi li utilizza (l’industria, il commercio).

I settori che si stanno dimostrando più sensibili sono agroalimentare, farmaceutico, moda, ma anche siderurgico e cerealicolo. La logistica non è solo un servizio, è l’industria Made Italy e noi dobbiamo cercare di integrare l’elemento logistico e quello di trasporto ottimizzandoli.” Tutti dobbiamo collaborare – ha richiamato  Fuochi – a partire dallo spedizioniere, che è l’ambasciatore della logistica. Per Riccardo Fuochi “il tema più importante è creare partnership con i caricatori. La catena logistica è un punto di forza per l’industria. Se non controllo la catena logistica non saprò mai quanto sarà competitivo il mio prodotto”.

Poi non è mancato il richiamo ai grandi provider dell’e-commerce, da Alibaba a Amazon, che stanno cercando di realizzare nel settore della logistica una chain ai propri clienti senza intermediazioni. Tutto questo potrebbe causare la fine dello spedizioniere tradizionale, ma non è così: il colosso cinese Alibaba vuole dare solo “lavoro 4.0” agli spedizionieri di tutto il mondo, compresi quelli italiani, diversamente da Amazon che da qualche tempo vuole internalizzare il lavoro di trasporti, logistica e distribuzione. Il convegno è l’occasione per sensibilizzare gli utenti su questi temi.

 

Abele Carruezzo