APPELLO AL MIT: “MENO ARBITRIO NELL’USO DELLE RISORSE PUBBLICHE”

ROMA – “Esistono in ambito internazionale consolidate regole di valutazione economico-finanziaria, ma in Italia sono state finora ignorate”. Così esordisce l’appello-manifesto, sottoscritto da un drappello di cinquanta economisti italiani e rivolto al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, circa un miglior uso delle ragioni tecnico-economiche nella programmazione, progettazione ed esecuzione delle grandi opere infrastrutturali.

“E’ in corso un grande rilancio politico delle Grandi Opere. I denari pubblici in gioco sono moltissimi, pari a circa 70 miliardi. Una cifra enorme se si pensa agli stretti vincoli di bilancio e tutti concentrati su un numero limitato di grandi interventi, a cui si sommano le risorse dei Contratti di Programma con FSI e ANAS. Il costo complessivo dei soli interventi ferroviari ammonta a quasi 26 miliardi di euro (Allegato al DEF 2016), equivalente a oltre un terzo di quello complessivo di tutte le opere strategiche”.Ciononostante, “per nessuna delle grandi opere previste c’è stata una valida analisi, pubblicamente disponibile al momento della decisione, che ne dimostrasse l’utilità sociale”.

Pensiamo ad esempio alla realizzazione della Galleria di Base del Brennero (parte italiana) con un costo preventivato di oltre 4 miliardi e 400 milioni di euro: “sono stati pubblicati documenti, peraltro oggetto di critiche metodologiche, solo dopo che la decisione era stata presa. Lo stesso vale per grandi progetti stradali, come la Pedemontana Veneta, quella lombarda, e la Livorno-Civitavecchia”.

“Purtroppo – continua l’appello – esempi di progetti infelici in questi anni non mancano, dagli 800 milioni già inutilmente spesi per la stazione AV di Firenze che non si farà ai quasi 8 miliardi spesi per l’AV Torino-Milano, scarsamente utilizzata rispetto alla capacità, e con costi stimati tripli rispetto ad analoghe linee francesi. Analisi indipendenti evidenziano come due progetti – la nuova linea Torino-Lione e la linea AC/AV Napoli – Bari, mostrino flussi di traffico, attuali e prospettici, così modesti da poter escludere che sia opportuno realizzarli nella forma prevista.

Per la Milano-Padova le ricadute positive saranno quelle dell’aumento di capacità complessiva che si potrebbe però ottenere con interventi assai meno onerosi ed impattanti, mentre trascurabile appare il beneficio della velocizzazione del traffico diretto tra Milano e Venezia. Per quanto riguarda il Terzo Valico Milano-Genova un’analisi costi-benefici, ancorché sommaria ha dato anch’essa risultati negativi”.

I trait d’union di questi progetti, a giudicare dall’appello degli economisti, sarebbero non solo le irrealistiche previsioni di traffico quanto, anche, le stime di una forte domanda a seguito della disponibilità dell’opera. Nonostante la cabina di regia degli investimenti infrastrutturali pubblici debba continuar a godere di propria discrezionalità politica, non è più procrastinabile, allo stesso tempo, l’affermazione di un nuovo approccio metodologico basato su indagini rigorose, trasparenti e comparative nonché su un maggior coinvolgimento di “esperti non allineati ai canonici cartelli dell’economia”.

In tal senso, gli appellanti ripongono le proprie speranze nella Struttura Tecnica di Missione, organismo fortemente rilanciato da Palazzo Chigi nel neonato Codice degli Appalti (art. 214), nonché nell’imminente Documento Pluriennale di Pianificazione (art. 204 del Codice degli Appalti) il cui debutto è previsto in Aprile. Perché una rondine, talvolta, può pure far primavera.

 

 

Stefano Carbonara