UE: inglese per tutti a bordo delle navi

BRUXELLES – Tutte le analisi sugli incidenti avvenuti in mare concordano che per molti di questi avvengono a causa della scarsa comunicazione fra membri dell’equipaggio. Le dovute relazioni di chiusura dei processi sui sinistri marittimi, verificatosi nell’ultimo decennio, hanno evidenziato una situazione importante (concausa): i marittimi imbarcati su navi, provenienti da molte nazionalità diverse, non parlano l’inglese come prima lingua.

L’IMO sin dagli anni ’70 è stata sensibile nel promuovere per tutti i marittimi una lingua comune e si è preoccupata nell’esortare gli Stati membri a legiferare in merito. Così, è stata approvata la legislazione inerente all’uso dello Standard Marine Communication Phrases – SMCP/IMO – per gli ufficiali incaricati della guardia di navigazione su navi di stazza lorda pari o superiore a 500 tonnellate. Da allora, l’IMO ha esteso le categorie di personale obbligato a essere certificato nella capacità di comprendere e nell’uso dello SMCP. Questo è sembrato un percorso/formativo valido a garantire che tutte le navi avessero personale in grado di comunicare con altre navi e con le stazioni/servizio di terra.

Le ultime statistiche hanno evidenziato che l’80% degli incidenti e degli incidenti a bordo sono causati da errori umani e da un uso scorretto dell’inglese. Il chiaro esempio di un ufficiale cinese- si legge in una di queste relazioni peritali – che non riusciva a capire l’offerta fatta da un ufficiale australiano “hai bisogno di un elicottero?”, perché lui conosceva solo l’espressione “è necessaria l’assistenza per elicotteri interrogativo”. Gli ufficiali di lingua inglese di solito non sono certificati; questo è illegale e teoricamente una compagnia di assicurazioni potrebbe rifiutarsi di pagare perché gli ufficiali non sono certificati secondo regolamenti STCW.

Oggi, la maggior parte degli equipaggi delle navi non è certificata in lingua inglese e solo poche navi rispettano i regolamenti IMO. Il problema è serio se guardiamo che una delle concause, citate nel disastro della Costa Concordia (del 2012, costato 1,2 milioni di dollari e 32 morti), è stata nella non adeguata comprensione dell’inglese tra il Capitano e l’equipaggio. Molte società di navigazione sono superficiali di fronte ad un regolamento che impone ad alcune categorie di personale imbarcato la certificazione delle competenze e dell’uso dell’inglese; con la conseguenza che in alcuni casi si possa invalidare la copertura assicurativa, soprattutto in casi d’incidenti a mare.

Per evitare equivoci ed errori durante le operazioni a bordo, l’Unione europea, già cinque anni addietro, ha accettato “Il certificato d’idoneità SMCP dell’IMO” come valido per i finanziamenti; e ancora oggi sta finanziando progetti di formazione, usando l’apprendimento a distanza e faccia a faccia, per certificare il personale navigante. Queste nuove tecnologie dell’apprendimento possono garantire modelli di pronuncia e testare la capacità di comprensione e di uso; per esempio la Cambridge University Press ha pubblicato Safe Sailing ISBN 978-0-521-13495-8, adottato anche dalla British Chamber of Shipping.

Anche in Italia vi sono Centri di Formazione Professionale dell’inglese marittimo con piattaforme telematiche che permette l insegnamento a distanza e accreditati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti; basta ricordare la Thesi s.r.l. di Mola di Bari, per essere informati sui corsi a distanza dell’inglese marittimo. I mari sarebbero più sicuri se ufficiali e marinai fossero certificati nello SMCP. In conclusione, la certificazione SMCP dell’IMO è un obbligo legale e le compagnie di navigazione non in regola stanno creando seri pericoli all’ambiente marittimo.

 

 

Abele Carruezzo