Zes: figura politica o vera opportunità?

BRUXELLES – Molte realtà portuali italiane sono delle “multiport gateway”, naturali e non e geograficamente disposte sulle rotte dei più importanti flussi merceologici. L’Italia in quest’ultimo anno ha investito molto sulle analisi di una migliore organizzazione dei vari sistemi portuali e poco sulle vere opportunità economiche che una zona economica speciale (zes) possa offrire ad un territorio. Anzi, se ne parla abbastanza dal punto di vista politico, come includere/o escludere un’area, se sia filogovernativa di quella Regione o meno.

Argomenti e tanti altri temi da salotto, che non interessano ai cittadini, mentre i porti italiani rischiano di perdere mercato di trasporto marittimo grazie alle strategie dei “land corridor” messe in atto dai porti del nord Europa. Ultimamente, il cluster delle associazioni dei porti europei ha invitato la Commissione Ue a incrementare i finanziamenti per i trasporti nel suo bilancio 2021/2027: completare le reti TEN-T, la digitalizzazione, le infrastrutture per i vari i corridoi di trasporto, depositi Lng e altro per salvaguardare l’ambiente marino e atmosferico. In Italia, nelle varie Regioni sedi di AdSP, ci si complimenta con chi è di sinistra o di destra, rimandando al “dopo” le risoluzioni economico-occupazionali.

Da sempre si è sostenuto che una riforma della portualità italiana non basta: aver trasformato le autorità portuali in autorità di sistema, senza una vera e propria autonomia finanziaria, non è e non sarà sufficiente a creare sviluppo ed occupazione e soprattutto a competere con altre realtà portuali del Mediterraneo. Occorre riconoscere, da subito, che lo shipping mondiale sta attraversando dei cambiamenti epocali: in primo luogo le trasformazioni avvenute nel mercato del trasporto marittimo hanno registrato un aumento considerevole delle dimensioni delle navi, con un conseguente boom dei traffici, con un maggior utilizzo del container; il tutto trasformando le realtà portuali ed il modo di essere “porto”.

I costi di un’operazione di shipping si sono trasferiti dalla nave verso il porto, per cui il porto stesso usa meno lavoro (portuale), ma più capitale e più spazi, naturalmente per quelle realtà dotate di aree retroportuali. Senza portarla per le lunghe, il porto post-industriale e le sue nuove trasformazioni, digitali e non, generano meno lavoro sia diretto e sia indotto con una forte disoccupazione di ritorno: un portuale si può ri-generare, ri-occupare in altri ambiti? Il secondo problema che il nuovo mercato del trasporto marittimo sta affrontando è legato alle trasformazioni della gestione dell’amministrazione pubblica: la nuova governance delle autorità di sistema, si trova oggi in difficoltà finanziaria se vuole realizzare infrastrutture moderne e predisporre la relativa gestione dei servizi in ogni dì singolo porto del sistema. Grandi compagnie di navigazione con grandi potere di mercato, alleanze fra loro su rotte dedicate e grande disponibilità di stiva, non possono aspettare le decisioni “politiche” di un governatore sempre in cerca di compromesso per poter decretare le “zes”.

Il mercato non aspetta mai la politica e la domanda di trasporto da est verso ovest in continua crescita non può aspettare l’offerta del giorno dopo e delle zes che non ci sono. Se un’autorità di sistema è nata dai porti che compongono una regione marittima e non da una città metropolitana-stato, da una regione-stato, i vari presidenti di AdSP dovrebbero intervenire per reclamare le varie opportunità perse nel decretare le zone economiche speciali e chiederne semmai risarcimento economico o compensazioni economico-sociali.

I porti, nei prossimi anni, saranno chiamati ad affrontare seri problemi legati ai cambiamenti epocali in atto: decarbonizzazione, resilienza legata al cambiamento climatico, navi più ecologiche,digitalizzazione e automazione di servizi, la safety e security portuale, le città- porto in espansione che sottraggono mare e banchine allo shipping e tanti altri problemi complessi che un governatore non può avere la presunzione di affrontarli e gestirli da solo.

 

Abele Carruezzo