L’Italia tra Corno d’Africa e Stretto di Hormuz

Roma. L’Italia conferma i suoi interessi nella regione del Corno d’Africa e il suo ruolo a garanzia della sicurezza della navigazione. In questi giorni, il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, con il vice ministro degli Affari Esteri, Emanuela Del Re, è tornata a far visita ai militari italiani di base a Gibuti,  impegnati in diverse missioni in quell’area.

Durante la visita istituzionale, i ministri italiani hanno avuto incontri anche con le Autorità locali. Il ministro Trenta ha affermato che “garantire la libertà di navigazione nella regione è di fondamentale importanza per la sicurezza delle nostre navi commerciali e rappresenta un primo passo per costruire maggiore sicurezza e stabilità in tutta l’Africa”.

A Gibuti, i nostri militari hanno portato a termine un corso di formazione professionale e di addestramento a favore della Guardia Costiera gibutiana. Il programma di addestramento ha previsto attività di anti-pirateria nelle acque del Golfo di Aden e oltre; attività di supporto dei Paesi nell’area e sostegno logistico alle operazioni italiane in Somalia, dove è presente un contingente di circa cinquanta carabinieri in operazioni di training alle Forze di polizia locale.

E’ noto che il Corno d’Africa resta un’area d’interesse strategico per l’Italia, ma anche per Paesi come Cina e Francia; regione di mare che rimane d’attualità per la “guerra delle petroliere”che sta interessando il vicino Stretto di Hormuz. Quest’area di mare sta subendo una forte escalation connessa alle dinamiche dei flussi merceologici che legano Asia ed Europa.

Ultimamente, tale legame geopolitico è stato evidenziato dal nuovo Capo di Stato Maggiore della Marina, Giuseppe Cavo Dragone, durante la sua presentazione delle linee programmatiche alle Commissioni Difesa di Senato e Camera. “Lo Stretto di Hormuz – ha riferito Dragone – si presenta come un focolaio di tensioni dagli sviluppi imprevedibili, per il quale si sta ventilando l’ipotesi di un pattugliamento navale internazionale per assicurare la libertà di navigazione”.

Sappiamo che la missione di pattugliamento è portata avanti dagli Stati Uniti e Regno Unito, determinati a fronteggiare Teheran, e cercando di coinvolgere gli alleati. Il Parlamento italiano, in questi ultimi mesi, per la missione Ue “Atalanta”, ha autorizzato un impiego massimo di 407 militari, due mezzi navali e altrettanti velivoli a garanzia della stabilità dell’intero Corno d’Africa.

Inoltre, “ l’Italia con le sue unità navali è presente nelle acque limitrofe per sei mesi l’anno, e quindi, se richiesto – ha concluso Cavo Dragone – potrebbe agire nel dare forza al pattugliamento e qualora il Governo ne ravveda la necessità”.  Per ora il Governo italiano non si è espresso, ma il nostro coinvolgimento non è da escludere per interessi commerciali e geopolitici, per la presenza quasi continua nell’area e per l’esperienza dimostrata in tante missioni eseguite sul quel tratto di mare.

 

Abele Carruezzo