Draghi: “Voglio un Paese capace di realizzare i propri sogni”

Roma. Un discorso del premier Mario Draghi, quello pronunciato oggi al Senato per ottenere la fiducia, pieno di riflessioni e di cambiare una “mentalità”che ci ha ingessato per molti anni. Due passaggi che ci riportano a riflettere sul ruolo dell’Italia in Europa: “ Dobbiamo essere orgogliosi del contributo italiano alla crescita e allo sviluppo dell’Unione europea. Senza l’Italia non c’è l’Europa. Ma, fuori dall’Europa c’è meno Italia. Non c’è sovranità nella solitudine. Non esiste sovranità nella solitudine.”

Ed ancora, il discorso di Draghi ci porta ad un bivio di pensiero economico: “ La crescita di un’economia di un Paese non scaturisce solo da fattori economici. Dipende dalle istituzioni, dalla fiducia dei cittadini verso di esse, dalla condivisione di valori e di speranze. Gli stessi fattori determinano il progresso di un Paese.”
Per cambiare mentalità in tutti i settori strategici di un’economia di un Paese occorre ri-modellare il sistema-paese e creare nuove leve a prescindere dal colore politico; e se il cambiamento si compie con le persone occorrerà rendere il processo sensibile con strumenti innovativi utili e sostenibili, cercando di semplificare tutta la complessità che abbiamo creato in questi ultimi anni.


Guardando alla portualità italiana, tutti i sistemi portuali dovranno confrontarsi con il concetto della “sostenibilità”, da anni declinata dal neoministro Enrico Giovannini. Se è vero che il post-pandemia sta portando l’economia verso una de-globalizzazione e digitalizzazione forzate, la nuova strategia ministeriale di sviluppo sostenibile dovrà tener conto del divario italiano tra il nord e sud, più marcato durante il covid-19.


I porti stanno affrontando un profondo processo evolutivo che li sta trasformando da punti di attracco a nodi logistici intermodali, parte di una rete globale. A guidare questo processo è la digitalizzazione e la semplificazione di gran parte delle attività, dei processi e degli adempimenti burocratici amministrativi portuali.
I porti dell’Italia meridionale, molto più avanti delle istituzioni locali, hanno saputo affrontare la competitività, mantenendo dati merceologici scalati da pre – covid e sicuramente le proprie diversità e peculiarità rispetto ai porti dell’Italia settentrionale dovranno essere motivo di confronto, non di frattura.


Le infrastrutture di trasporto, infatti, non sono fini a se stesse, ma costituiscono lo strumento per realizzare i servizi di trasporto necessari per soddisfare i reali fabbisogni di accessibilità e mobilità.
Il Ministro Giovannini di questo dovrà tener conto, imponendo che il primo assunto di una sostenibilità sia la semplificazione dei porti, cercando di sbloccare le ‘gabbie’ burocratiche e le procedure complicate, anche solo per issare un pennello segnaletico in ambito portuale.

Semplificare il Documento di Pianificazione Strategica di Sistema (DPSS), evitando le sovrapposizioni di pareri da parte dei tantissimi enti e delle tante associazioni (senza arte né parte); considerare il Piano Regolatore Portuale come l’unico strumento di pianificazione per le aree dedicate alle attività portuali. Altro problema riguarda i dragaggi (caratterizzazione dei sedimenti) che hanno bisogno di una nuova guida sulla metodologia complessiva, che tenga conto delle esigenze di sviluppo dei porti nel rispetto di una tutela ambientale.


Si auspica che il ruolo ricoperto dall’Autorità di Sistema Portuale (AdSP) come gestore delle infrastrutture portuali e dei beni pubblici evidenzia la necessità di condurre un controllo continuo sull’efficienza dell’utilizzo e sull’adeguatezza delle infrastrutture stesse; a partire dal ricorso alla Corte di Giustizia europea contro la decisione di Bruxelles di imporre l’esclusione della natura tributaria dei canoni demaniali e di tutte le altre tasse portuali alle sedici Autorità di Sistema Portuale (AdSP) italiane.

Abele Carruezzo