La “strada pericolosa” dell’UK in politica marittima

La settimana scorsa, durante un’audizione presso le Camere del Parlamento inglese, Mark Dickinson, segretario generale della Nautilus International ha riferito che il Regno Unito “sta percorrendo una strada pericolosa” per quanto riguarda le strategie di politica marittima.

L’incontro è stato voluto da tutti i partiti e soprattutto dalla Commissione Marittima Parlamentare; è stato sottolineato l’imperare di una mancanza di coerenza e di regimi fiscali che risultano dannosi, nonostante le apparenze; come pure i tagli nei bilanci circa la sicurezza dei porti, la formazione e la Guardia Costiera con la previsione di fermare l’attività del Gruppo Marine Incident Response per il soccorso con elicotteri.

“Le acque che circondano il Regno Unito – ha detto Dickinson – non sono solo di interesse economico marittimo, ma stanno diventando sempre più inquinate per presenza di idrocarburi e pericolose per la navigazione; presentano molti insediamenti off-shore per estrazione di energie rinnovabili.

Senza contare lo sviluppo dei traffici mercantili del commercio marittimo che si è avuto negli ultimi 25 anni: navi più grandi e più veloci che stanno sfidando le tecnologie di monitoraggio per evitare sinistri marittimi come la Braer, Sea Empress, Erika e Prestige; sinistri che hanno richiesto e richiedono nuove esigenze normative radicali per evitare un impatto forte sulla MCA”.

Nella sua analisi, Dickinson ha riferito che il sistema di safety e security della Guardia Costiera, tutto necessita di una profonda revisione: “Dato il costo potenziale che potremmo subire  per danni ambientali e per la perdita di vite umane, a seguito di incidenti marittimi, ci impone investimenti adeguati nel MCA per garantire il funzionamento sicuro ed efficiente di tutte le navigazioni, dentro e fuori porti del Regno Unito.

Sappiamo che  il paese è in conflitto con una serie di politiche marittime importanti ed è sulla strada di perdere la propria leadership nel settore. La sua imposta sul tonnellaggio è stato attuata in un modo non equo, danneggiano il settore; poco si sta facendo in tema di riduzione delle emissioni di carbonio e di politica dei trasporti più ecologici; si sta tornando ai livelli di 15 anni fa per quanto riguarda i flussi merceologici e volumi d’affari segnati in borsa”.

Certo, una relazione pesante, in stile inglese; i dubbi circa il futuro di tutti questi servizi solleva seri interrogativi dell’impegno del Regno Unito per la sicurezza marittima e una certa “deresponsabilità” di funzioni marittime amministrate dagli inglesi per secoli.

Corrispondente da Londra
Em. Carr.