IMO: un po’di storia non fa mai male

Dopo l’affondamento del Titanic del 1912, tutti i Paesi, con i loro rispettivi governi, si riuniscono  per produrre la prima Convenzione internazionale sulla sicurezza della navigazione: SOLAS – Safety Of Life At Sea.

Un accordo dal nome poco incoraggiante che ufficializza l’impegno di quasi tutti gli Stati del mondo a far rispettare norme minime di sicurezza alle proprie navi: paratie stagne ed ignifughe anche orizzontalmente per tutto lo scafo; strumenti per la salvaguardia della vita umana in mare; mezzi di prevenzione e spegnimento degli incendi; radiotelegrafo a bordo  e funzionante H24.

La Solas sarebbe dovuta entrare in vigore nel 1915, ma l’irrompere della “prima guerra mondiale” portano la convenzione nel dimenticatoio degli Stati. Nel 1929 le nazioni si riuniscono per un aggiornamento, subordinano l’applicazione della Solas alla creazione di un organo in grado di garantirne il rispetto; così, nel 1948, dopo 19 anni,  a Ginevra viene firmato l’istituzione dell’IMCO prima ed ribattezzato IMO dopo: l’Organizzazione internazionale marittima per gestire la più internazionale delle industrie, quella marittima appunto. L’IMO è una agenzia delle Nazioni Unite, al pari della FAO o dell’UNESCO, che entrerà in funzione nel 1958.

L’Organizzazione, che stabilisce la propria sede a Londra, si prefigge il compito di “fornire uno strumento per la cooperazione tra governi nel campo di regolamenti e pratiche relativi a materie tecniche della navigazione, con l’obiettivo di facilitare l’adozione di standard il più alto possibile per la sicurezza marittima, l’efficienza della navigazione, la prevenzione ed il controllo dell’inquinamento marittimo”, si legge nello suo statuto.

Nel 1960, la Solas viene adottata e tutti gli Stati firmatari ne prendono impegno nei confronti dei loro armamenti navali: navi che attraversano l’Oceano Atlantico seguiranno rotte consigliate e riconosciute dall’IMO; nel 1972 viene approvato e reso obbligatorio uno schema di separazione del traffico nello Stretto di Dover, al fine di ridurre le collisioni. L’IMO è una Organizzazione, oggi, con 166 Stati membri; i rappresentanti dei governi si riuniscono una volta ogni due anni per l’Assemblea Generale che approva il bilancio ed elegge il Consiglio, quale organo esecutivo che elegge il Segretario Generale.

Il Consiglio, composto da 40 Stati suddivisi in tre categorie: Paesi con il maggior interesse nel fornire servizi alla navigazione internazionale: Cina, Panama, Grecia, Corea, Italia, Russia, Giappone, Regno Unito, Usa, Norvegia; Paesi con il maggior interesse nel commercio marittimo internazionale: Argentina, Germania, India, Bangladesh, Brasile, Paesi Bassi, Canada, Spagna, Francia, Svezia; altri Paesi, pur avendo un qualche interesse nei traffici marittimi, garantiscono la rappresentanza di tutte le aree geografiche: Algeria, Cipro, Malesia, Arabia Saudita, Australia, Danimarca  Malta, Singapore, Bahamas, Egitto, Messico, Sudafrica, Belgio, Indonesia, Filippine, Tailandia, Cile, Kenia, Portogallo, Turchia.

I vari Stati hanno peso diverso, e pagano al budget dell’Imo contributi diversi, calcolati sulla base del tonnellaggio che può vantare ciascun Paese e cioè delle dimensioni della “sua flotta mercantile”, dove per “sua” si intende che batte la sua bandiera. Le quote non sono proporzionali alla ricchezza, o al prodotto interno lordo, o all’importanza geopolitica, ma chi ha più navi paga di più. I Paesi meno ricchi possiedono un tonnellaggio maggiore, in quanto gli armatori seguono “bandiere” di stati che applicano facilitazioni fiscali.

Abele Carruezzo