Codice di condotta per le navi Ong: MSF e altre non firmano

ROMA – Le altre nazioni marinare parlano sempre di “guida” sui vari argomenti che riguardano la safety in mare. L’Italia che è solo il Paese di “poeti, santi e forse di navigatori …” parla di “codice” dal sapore di “impero romano” e che sicuramente porterà a delle contestazioni diplomatiche di carattere internazionale. Ci preme porre l’accento solo due/tre punti dei tredici che costituiscono il codice, non firmato da tutte le Ong.

Come premessa, è d’obbligo ricordare quanto afferma l’agenzia europea Frontex: “… Il Mare Mediterraneo centrale è diventato la rotta principale dei migranti africani verso l’Europa e per lungo tempo sarà così e quest’aumento è iniziato già nel 2014/2015 quando non vi erano le navi Ong”. Iniziamo da quanto si legge negli ultimi articoli del codice: “… la mancata sottoscrizione del codice l’inosservanza degli impegni in esso previsti comporterà l’adozione di misure da parte delle autorità italiane nei confronti delle relative navi, nel rispetto della legislazione internazionale e nazionale, nell’interesse pubblico di salvare vite umane”.

Non si parla di eventuale interdizione dai porti a queste navi, anche se questo non era e non è realizzabile; salvo casi di sequestro per reati commessi in acque territoriali (Libia) e poi in continuità  in acque internazionali o viceversa (controversia India – Italia). Ancora si legge che le navi Ong, una volta terminata l’azione di salvataggio e recupero delle persone, sono obbligate a recuperare anche gommoni e motori di fabbricazione cinese; cioè, rimorchiare relitti per portarli dove? Come dire, che una nave risolto il salvataggio di persone di un’altra nave sinistrata, quest’ultima dovrà essere recuperata dalla prima!

Si legge, nel codice, che le navi Ong sono obbligate anche ad attestare “l’idoneità tecnica, relativa alla nave, al suo equipaggiamento e all’addestramento degli equipaggi, per le attività di soccorso”: forse queste non sono navi come tutte le altre? Non devono già rispettare le norme internazionali? Non sono come tutte le altre navi mercantili sotto SOLAS? Se non lo sono, quando si decideranno le varie Autorità a far rispettare le norme di PSC? E poi tante altre incongruenze di diritto marittimo internazionale (polizia giudiziaria a bordo, comunicazioni stato di bandiera, Ais – Automatic identification system e Lrit – Long range identification and tracking) che hanno portato le Ong a non firmare o se volete a ritardare la firma.

Forse una cosa bisognava farla dall’inizio: impegnare ufficialmente queste navi sulla scena dei soccorsi per coordinarle tramite il Centro MRCC, se si vuole salvare vite umane; altrimenti esistono tante leggi e regolamenti IMO per  non farle navigare; come pure l’equipaggio e vari comandanti come vengono formati ed imbarcati? In Italia, al contrario, per continuare a navigare, molti ufficiali e marittimi della mercantile devono soggiacere a varie certificazioni e questi invece imbarcano su Ong e vari pescherecci quando vogliono e pagati forse a voucher?

 

Abele Carruezzo