Mare 2.0 – Una guida al diritto, interazioni, economia e prospettiva della piattaforma connettiva mediterranea

Articolo estratto dall’ultimo numero de Il Nautilus

E’ stato sul “Mare 2.0” l’incontro di studi, con esperti del settore, organizzato da Extra Media Group, in collaborazione con Il Sole 24 Ore, che si è svolto l’8 marzo nella Galleria Meridionale del Castello Aragonese di Taranto, manufatto storico dal sapore marittimo e marinaro, a guardia dei due mari di Taranto.

Taranto, città marinara da sempre, ha voluto interpretare una giornata di studio sul “diritto” di un bene quale è il mare. Tema forte e attuale: Mare 2.0 interazioni, economia e prospettiva della piattaforma connettiva mediterranea. Il programma di studio ha visto l’intervento di due relatori, il Prof. Antonio Bufalari, avvocato marittimista e docente di Diritto della Nautica da Diporto e collaboratore di Sole 24 ORE ed il Cap.

Vasc. Roberto Micelli, Capo Dipartimento  Sviluppo  dello Strumento Marittimo  presso Ufficio Strategia Marittima e relazioni Internazionali della Marina Militare. Poi è seguita una tavola rotonda, moderata dalla Presidente di Extra Media, Dott.ssa Rosa Colucci, con la partecipazione di: Dott. Emanuele Di Palma, Direttore BBC di San Marzano di San Giuseppe;  Dott. Matteo Dusconi, Direttore generale di Assonautica; Dott. Carmelo Fanizza, Presidente della Jonian Dolphin Conservation; Prof.ssa Lara Marchetta, Esperto di Diritto della Navigazione dell’Università di Bari; Dott.ssa Nica Mastronardi, Responsabile fiere & eventi  b2b ARET di Pugliapromozione; Prof. Avv. Sergio Prete, Presidente Autorità di Sistema Portuale del Mare Ionio ed il Dott. Francesco Simonetti, Presidente Palio di Taranto.

Dopo i saluti istituzionali del Comandante  Comando Marittimo Sud M.M., Amm. Salvatore Vitiello e della Dott.ssa Loredana Ruscigno, in sostituzione della Presidente Scuola Forense di Taranto, Paola Donvito, assente per impegni istituzionali, sono seguiti  gli interventi-studio.
In particolare, l’Amm. Vitiello nel salutare gli ospiti, ha sottolineato i momenti forti di relazione della città di Taranto con il mare, anzi con i suoi mari: Mare Mediterraneo, Mar Ionio, Mar Grande e Mar Piccolo. Rapporto e relazioni che la città di Taranto ha segnato nella storia marittima mediterranea; basti ricordare, sotto l’impero romano, il Trattato sul dominio del  potere marittimo,  esercitato dalla città già nel 342 a.c  sul Golfo di Taranto; subito dopo l’Unità d’Italia, nel 1887 con l’istituzione della più grande Base Navale della Marina Militare e con il Ponte Girevole.

Nel pieno dell’affermazione dell’industrializzazione forzata, anni ’50 del secolo scorso, con lo sviluppo del porto commerciale di Taranto, la città ha sviluppato banchine e traffici facendo crescere  i suoi due mari. Infine, l’Amm. Vitiello ha sottolineato l’importanza della presenza della Marina Militare a Taranto, con ila suo Arsenale e le professioni di una cantieristica moderna, un bacino di carenaggio, le sue scuole per sottoufficiali  con il Centro addestramento aeronavale, con la nuova Stazione Navale, grande e moderna nel Mar Grande. Questo dimostra il legame stretto della Marina con la città di Taranto e quanto importante sia il mare per una città dal punto di vista sociale, culturale ed economico. Taranto e Marina Militare, un binomio tutto imperniato su un asset “porto e mari” dedito allo sviluppo economico di un territorio che guarda al mare 2.0.

Prof. Bufalari- Il mare ha segnato l’uomo in tutti i sensi, dall’esercizio della navigazione mercantile a quella della nautica da diporto. In questi ultimi due anni – ha detto il Prof Bufalari – “la mia esperienza è rivolta alla gestione di un porto, in particolare quello di Anzio, con una vision che non sia solo rifugio di imbarcazioni e navi da diporto, ma aperta ad una polifunzionalità che abbracci tutte le funzioni di una nautica e soprattutto dei servizi alla nave, al diportista, accessori e cantieristica oltre alla filiera del turismo nautico”; sostanzialmente una mission incentrata sul “vivere il mare”.

Passando a trattare lo sviluppo di una economia legata al mare, bisogna tener presente le evoluzioni degli ambienti umani e geografici e dei luoghi storici di una città che si lega al mare. Relazione antica, genia di come l’uomo, per ragioni pratiche, abbia esercitato la propria sovranità-influenza sul territorio e sul mare. Come il Diritto della Navigazione e i suoi regolamenti hanno rappresentato uno sforzo tecnico, già dagli inizi del secolo scorso, per liberarsi dalla posizione ancillare da altre discipline giuridiche.

La stessa pratica nell’esercizio di istituti di diritto marittimo e gli esiti dell’esperienza mercantile hanno garantito con rigore scientifico il carattere di “diritto vivente” ed una portualità che potesse garantire occupazione e sviluppo di un territorio. Diritto vivente sull’uso del mare anche per un diportista. Così, con lo stesso rigore scientifico, abbiamo avuto il Diritto della Nautica da diporto, unitamente a quella nautica commerciale,  con un potere trasferito agli Enti locali, Regione e Comune,  affinché il bene pubblico “mare” fosse più vicino ai cittadini. Portualità turistica e una Nautica da diporto, diritto balneare, cantieristica nautica, diventano motori di sviluppo economico di un territorio marittimo che insiste su un porticciolo.

Un’imbarcazione o una nave da diporto è sempre una comunità viaggiante, ufficiali, marinai e hostess;  e quando è in transito in porto o sostano per servizio o per destagionalizzare sono portatori di quel valore aggiunto all’economia di una città. Competenza e contenuti dei porti turistici portano ad una riflessione (soprattutto riguardo alle professioni) che devono essere coniugate con l’evoluzione tecnologica e della digitalizzazione delle relazioni in corso: navi con nuovi materiali, e nuova automazione navale, esigenze turistiche nuove, comunicazioni e connessioni informatizzate e smart sicuramente porteranno a nuove competenze e professioni marittime.

L’evoluzione della portualità turistica e della nautica da diporto va coniugata con l’evoluzione del turismo e delle sue filiere. Il porticciolo nasce come un’infrastruttura pubblica sotto la competenza primaria del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; ma le riforme e l’autonomia del Diritto della navigazione da diporto e le nuove condizioni sulle concessioni demaniali stanno consentendo di passare dal “progetto- porto” al “progetto–turistico”. Quindi se cambiano le coordinate del “turismo” e il porto turistico vorrà essere competitivo dovrà cambiare le sue prestazioni. Il concetto di “turismo” si sta trasformando da semplice viaggio, villeggiatura, marina, villaggio e resort, in un concetto che fa riferimento al “tempo” e quindi ad una esperienza unica di tre/quattro giorni.

Un’impresa turistica e nautica che non riesce a dare servizi di qualità, tali da permettere al turista e al diportista quella “sensazione” di pienezza esperienziale, sarà fuori dal mercato e dalle rotte di una nautica da diporto pleasure e commerciale. Un porto turistico che non sia polifunzionale nell’offerta di servizi tecnico-nautici, cantieristici, di gestione di rifiuti, refitting all’imbarcazione, anche di fronte a dei sinistri marittimi e di servizi di connessione smart finanziaria, bancaria, hotellerie, turistica e benessere(beauty spa) al diportista, è fuori dal mercato e dalle rotte.

Infine,  il Prof Bufalari ha sviluppato gli ambiti di un dritto al mare riguardo alle concessioni demaniali, (i requisiti, come vengono distribuite e come vengono gestite); gli ambiti europei di un Diritto della nautica da diporto e relative categorie di accatastamento e impianti di gestione dei rifiuti importante per un porto; le classi di un’imbarcazione e le relazioni con le Capitanerie di Porto; l’uso commerciale di un’imbarcazione, sui charter a tempo e/o a viaggio sui posti barca; fondi di finanziamento europeo per progetti sul new-turismo e i nuovi porti turistici e nautici; sulla salvaguardia dell’ambiente marino incentivando pescherecci nel recupero della plastica in mare. Tutto strategicamente ruota intorno alla formazione dei giovani a partire dagli Istituti Tecnico nautici, e non solo, ma anche agli Istituti Tecnici Superiori post diploma.

Si auspica una dimensione sistemica, anche da parte delle Istituzioni, tra turismo e nautica da diporto con tutte le relative filiere; in particolare l’unicità di riferimenti normativi in materia di porti turistici e nautici, evitando i conflitti fra sovranità legislativa tra Autorità di Sistema Portuale, Regione e Comuni, favorendo così investimenti di capitali privati italiani e/o esteri in imprese turistiche e nautiche.
Cap. Vasc. Roberto Micelli- Il Comandante inizia con una domanda retorica: “Siamo consapevoli della nostra italiana  marittimità”?  Didatticamente il suo intervento ha evidenziato una “ Visione continentale dell’Italia in relazione alla marittimità di uno Stato”.

La globalizzazione e l’internazionalizzazione, ancora una volta, hanno posto il bene “mare” ad essere solcato da flussi materiali ed immateriali e sicuramente hanno posto e porranno sempre più in futuro un problema di security. Cambiamenti climatici, pressioni demografiche (importanti per l’Italia e per l’Europa), crisi finanziarie che si trasformano in crisi occupazionali, una grande massa di dati gestita da reti, web ed internet; cambiamenti sociali che vanno letti con “chiavi” differenti. Sulla scena mondiale si sono affacciati i -global consent-, cioè degli spazi/domini, non legati a nessun controllo politico sovrano di uno Stato, che stanno consentendo un accesso libero di merci, prodotti e dati.

Il mare è diventato l’ambiente di maggior traffico per il trasferimento di flussi merceologici da un porto ad un altro, creando seri problemi di security per la stessa visione continentale e marittima di uno Stato. Analisti concordano che la maggior parte delle relazioni sociali degli Stati post-moderni si svolgono lungo le proprie coste che si affacciano sul mare, al punto da definire questo secolo come il “secolo del mare” -siècle bleu-.

Molti Paesi marittimi, della Ue e della NATO, riconoscendo l’importanza del mare, hanno sentito il bisogno di elaborare strategie inerenti alla marittimità, aumentandone la connettività con il mare. Il Mediterraneo, sebbene impegni solo l’1% del pianeta acqueo, la maggior parte dei flussi merceologici ed  energetici passa per  questo mare. L’Italia, con i suoi 8000 Km di costa, baricentrica nel Mediterraneo, da lavoro a 470.000 addetti,  più  300.000 dell’indotto; l’Italia è la prima flotta mondialie per navi ro-ro e ro-pax;  la quarta per prodotti alla rinfusa; leader come nazione con un’offerta turistica ampia nel settore della crocieristica; fondamentale nella cantieristica navale soprattutto per navi crociera;  anche nel settore della nautica da diporto e costruzione di yacht non è da meno, ed è per tutto questo che lo Stato italiano si è dotato di una strategia marittima e di una rete internazionale per garantire la propria marittimità. In questo secolo, perciò il mare è diventato “libero” e liberamente impiegato.

Il Mare Mediterraneo è sotto minacce, dirette e trasversali, come la pirateria, terrorismo, immigrazione clandestina e armi di distruzione di massa, stanno assumendo connotazione geografica differenti. I cambiamenti climatici hanno portato a solcare nuove rotte; presenza subacquea nella zona fredda della Groenlandia, Islanda ed Inghilterra di vettori a forte autonomia, lungo le acque territoriali di questi Paesi, impone nuovi security plane; nei mari della Cina, la realizzazione di isole artificiali mercantili stanno portando ad aumentare il potere marittimo e la relativa capacità territoriale di un Paese.

La pirateria latente del Corno d’Africa di fatto ha ridotto i trasporti nel mar Rosso e quindi potrebbe creare una certa  marginalità del Mediterraneo;  i narco-trafficanti  che, usando vettori mercantili (container) dai Caraibi all’Africa, invadono con la loro mercanzia una marittimità di uno Stato stravolgendone finanze e banche. Tutto questo porta ad una costante implicazione sul Mediterraneo, variando la c.d. territorialità di questo antico mare e dell’Italia.

Poi, il Comandante Micelli ha illustrato alcuni case-study, che hanno compromesso una territorialità del mare, inficiando l’utilizzo del diritto al mare contro un terzo Paese. Il caso della piattaforma petrolifera Saipem con una nave dell’Eni che non riesce ad effettuare i lavori perché navi militari turche presidiano la zona, dichiarata area di esercitazione militare e quindi pericolosa, rivendicando la propria territorialità.

L’altro caso è dell’anno scorso: alcune navi militari russe hanno sorvegliato lo stretto per accedere il Mar D’Azov, (salvaguardare da attacchi terroristici il ponte da poco restaurato), di fatto  impedivano ai pescherecci dell’Ucraina di praticare la pesca. La Marina Militare italiana contribuisce al sistema-Paese svolgendo la propria azione con un approccio olistico alla marittimità nei settori più sensibili, come quelli della difesa nazionale e della sicurezza marittima e della navigazione.

Inoltre, la Marina Militare italiana, grazie alla sua azione resiliente, contribuisce al sistema-Paese, in generale, per reagire alle minacce interne/esterne che  comprometterebbero il tessuto sociale dell’Italia. Ultimo, l’impegno della cooperazione internazionale per la sicurezza della navigazione mercantile a difesa dell’industria nazionale.

Il Comandante ha concluso il suo intervento con un’affermazione che rimane tutto un programma:
“Il mare è per l’Italia uno strumento sul quale è necessario affermare, e soprattutto difendere i propri e ramificati e variegati interessi  nazionali. Ma la libertà dei mari e la conseguente libera affermazione dell’interesse nazionale non devono essere dati per scontato.” Per andare verso una nuova marittimità e connettività verso un Mare 2.0 di un Paese è necessaria una nuova governance del mare sistemica ed integrativa, sostenere la cultura marittima, coordinare il cluster marittimo e le professioni del mare, contribuendo così alla continuità del “pensiero mare”.

Salvatore Carruezzo