Il mare delle crociere

Che il Mediterraneo sia un’area in cui il mercato crocieristico non conosce soste è dimostrato dal fatto che i cruise operator sono sempre più interessati alle rotte fra porti del “nostro mare”.

L’area mediterranea, infatti, è caratterizzata da molti home port e port of call nelle vicinanze di destinazioni turistiche con un particolare interesse storico – artistico; questi porti sono di per sé di richiamo nazionale ed internazionale, si direbbe di “destination”.

Il successo del business delle crociere consiste nel fatto che il Mediterraneo offre più opportunità a realizzare diversi itinerari, rispetto ad altri mari, soddisfacendo più domande turistiche; comprese quelle persone che usufruiscono di crociere solo per transitare in porti vicini a località turistiche di eccellenza (costa spagnola , greca, egiziana  ed italiana).

Rileggendo la definizione di “crociera” che troviamo scritta sui manuali, troviamo sorpassato quel  “romanticismo” degli anni ’70, T/n Achille Lauro per intenderci; “crociera” vuol dire ideazione-progettazione-attuazione di servizi turistici erogati da una nave, in navigazione fra porti, dove alla vita di bordo – città galleggiante – si aggiungono soste, escursioni in siti facenti parte dell’itinerario.

La crociera, infatti, deve soddisfare bisogni come trascorrere una vacanza di relax a bordo di una bella nave, dotata di tutti i comfort; visitare numerose località turistico culturali comodamente. Fra  le tante motivazioni che offre una crociera vi è anche il “porto”, d’imbarco e/o sbarco, scelto per la maggior parte dei casi dai cruise operator e non dai croceristi; questi scelgono il cosiddetto “pacchetto” turistico.

Anni addietro, i porti lungo l’itinerario delle crociere erano scelti in base ad esigenze armatoriali e poi culturali; dopo furono scelti dai cruise operator ed imposti alle Compagnie di navigazione (omogeneizzando il prodotto “crociera” che per questo definita di “massa”).

Oggi, sul piano qualitativo, le offerte dei cruise operator si stanno profondamente modificando, indirizzando le strategie non più sulla standardizzazione del prodotto e sulla riduzione dei prezzi (come era stato fatto negli anni ‘90), ma verso l’offerta di prodotti diversificati, in grado di fare la differenza rispetto ai competitor.

Anche le varie Port Authority dei Paesi mediterranei si stanno muovendo in tal senso, cercando di non rimanere ai margini delle diverse opportunità di sviluppo e di redditività legate al settore crocieristico. Un porto, una authority, un cruise operator devono essere impegnati a differenziare il prodotto “crociera” per non rimanere fuori dalle diverse opportunità  che il mercato offre; non occorre avere avuto, in passato, esperienze solo ed esclusivamente di vendita come agenzie; oggi occorre conoscere i vari cruise operator che generano itinerari; non occorre che gli altri facciano “per noi”, ma soprattutto sapere cosa facciamo noi.

Ed allora, sul mercato cosa proponiamo: rapporto qualità/prezzo; caratteristiche strutturali della nave; crociere da effettuare; itinerari ed escursioni da proporre durante il soggiorno dei croceristi; durata del viaggio; tempo a disposizione a terra. Questo è il minimo da proporre a potenziali clienti.

Poi chiediamo al “porto” di mettersi sul mercato; selezionare le attività  organizzate dalle imprese di incoming (non imprese in family); ma che sappiano di cosa si sta parlando e di come si organizzano le escursioni a terra, soprattutto con stile, accoglienza ed atmosfera turistica.

In questo modo, tutti di un territorio insieme realizzano un “prodotto” per poterlo rapportare ai cruise operator commercialmente. In termini strategici, tutto ciò comporta lo sviluppo di una filiera portuale che presuppone un decisivo coinvolgimento degli attori locali in un’ottica sistemica.

Abele Carruezzo