Un solo salone nautico, una sola regata velica

Per una città che ha voglia di riscattare la “marittimizzazione” del suo territorio, diventa importante dedicare al mare un idea-work-plane che caratterizza il pensiero “meridiano” di oggi.

Stiamo parlando della capacità di una classe dirigente ad innestare quelle direttrici di sviluppo nel tessuto imprenditoriale della città e del suo bacino marino; “for mare” le menti ad un nuovo modo di “vedere” luoghi e persone: prospettico e contestualizzato in una realtà specifica e plasmata dall’approccio al mare.

Avremmo così, nuove esperienze di sviluppo di competenze e relazioni professionali in un orizzonte più vasto ed articolato per cogliere tutti i fattori che caratterizzano – per quella città – lo “sbocco a mare”, compreso tutto il suo territorio marittimo.

Tutte le infrastrutture connesse con il territorio e tutti gli aspetti commerciali muterebbero in un approccio multidimensionale: da quello turistico, balneare, nautico, naturalistico, gastronomico, culturale e di benessere.

Non dimentichiamo, poi, tutte quelle attività strettamente legate ad un simile approccio al mare; cioè quelle di consumo (fashion e gadgets), eventi di ampio richiamo, associati a regate ed altre manifestazioni sportive, contributi scientifici per la conoscenza e la ricerca sull’ambiente marino, fruizione di habitat del mare (immersioni subacquee e scuole nautiche).

In Italia, possiamo dire che poche sono le grandi città di mare: solo tre superano i 500 mila abitanti con un “Pil” (Prodotto interno lordo) pro-capite di 20 mila euro; ed il resto sono città di mare con un hinterland mediocre ed indici economici non stabili per permettersi una vasta idea di lavoro sulla marittimizzazione.

Un porto che non abbia la funzione marittima di passeggeri da “crociera” è un porto che deriva verso una industrializzazione forzata e tutto il lavoro di “water front” viene vanificato, perché le navi da carico non hanno “occhi” per vedere esteticamente. Servono tutte le tipologie di navi se un porto si vanta di essere “polifunzionale”.

Altra considerazione da fare è quella se gli abitanti della città di mare amano il vento ed il mare e se hanno avuto esperienze di mare e con il mare. La maggioranza degli italiani, più del 60%, ha visitato un porto ed appena il 26% ha visto-abitato una nave da crociera, come risulta da una indagine di Confitarma di tre anni fa.

Ed ancora, per gli italiani, quando si parla di mare si pensa alle vacanze e non ad una industria post-moderna. Ed allora una funzione portuale genera “marittimizzazione” sviluppando economicamente quella città ed il territorio hinterland; il turismo dovuto a traffico passeggeri diventa funzione di traino e soprattutto acceleratore dei processi di riqualificazione dei waterfront.

Infatti, per un turismo moderno per  passeggeri da crociere occorrono stazioni marittime con architetture polifunzionali; mentre per un turismo nautico occorrono porti turistici che siano veri e propri fattori di valorizzazione della città e del territorio marittimo. Non basta un salone nautico ed una regata, anche se importanti, fine a se stessi.

Occorrono azioni, idea-plane-work and working concorrenti e complementari riorganizzando la “marittimizzazione” del territorio,  ristabilendo un legame forte con la città tramite un insieme di funzioni a carattere urbano, portuale e marittimo.

Abele Carruezzo

Foto: Simone Rella