Un mare Adriatico mosso non solo per le sue onde, ma per le barche che lo solcavano; un mare come tanti, ma quei due giorni 6 e 7 marzo 1991, doveva essere una mare da camminare per tanti uomini, al di là del diritto internazionale che la Marina Italiana aveva avuto ordini per farlo interdire ai migliaia di “migrantes” che su boat people si dirigevano verso Brindisi. L’ambiente geografico rimarca, come un “portolano”, importanti tappe: Albania, Porto di Durazzo e di Valona , Mare Adriatico, Canale d’Otranto, lo sbarco, le banchine, vie e quartieri di Brindisi. Le barche: “Tirana” e “Siria” le più grandi; poi vi fu una vecchia petroliera, arrugginita, adeguata al caso, la “Apollonia”; poi ancora i pescherecci “Mitant Danti”, “Sokoli”, “Zadri”, “Kefi Prodanti”, “Legend” nomi scritti sui fogli/arrival/ time sheet dell’epoca della Capitaneria di Porto di Brindisi; tutti entrarono in porto ed attraccarono alle banchine ed in 25000 toccarono terra. L’accoglienza è stata prima di tutto geografica e poi umana. Oggi, stessi giorni del 2011, l’ambiente culturale è quello che cerca di unificare il racconto dei tanti “presenti” di allora; di non smettere di raccontare la storia alle nuove generazioni, evitando la dimenticanza, educando a fare nuova la storia: il mare che ha unito i due Paesi, due città, come Brindisi e Valona, diventi sempre più territorio dell’uomo di oggi e di domani. Quei giorni, sono stati “giorni” di civiltà, di solidarietà , di convivialità delle differenze, di uomini capaci di convivere con un’ identità in movimento; come ambiente di giustizia, quei “giorni”, per uomini liberi lungo il mare meridiano dell’Est-Ovest. Brindisi con la sua “alba” ha visto nascere il levante di una Puglia e non un sud contrapposto; ha visto fratelli che chiedevano solidarietà con una “pietas” scolpita sui propri volti ; si è visto una Puglia in bianco e nero: e subito è stata “koinè”, contribuendo a creare quel percorso verso l’Europa.