Il Porto: parlare non basta

Si è svolto stasera, presso il comitato elettorale di Roberto Fusco, un convegno sulla portualità brindisina in cui ha relazionato il direttore scientifico de Il Nautilus, Abele Carruezzo. Riportiamo il suo intervento.

Parlare di porto e portualità, soprattutto in questo periodo di “elezioni” amministrative per una città, come Brindisi,  che da sempre si è definita “città d’acqua”, ha solo uno scopo: quello di far conoscere ad un numero maggiore di cittadini il proprio porto, non solo dal punto di vista storico, ma anche in chiave economico-marittima e soprattutto visto dal candidato “sindaco”.

Tutti i candidati a “sindaco” della città di Brindisi  hanno avuto modo di incontrare operatori portuali e le relative associazioni professionali, datoriali e sindacali; hanno organizzato convegni e laboratori su tematiche portuali di tutto rispetto. Non è stato sufficiente, però, sottolineare che il panorama del mondo marittimo è in continua evoluzione sia sul versante delle navi, delle merci e degli itinerari marittimi.

Non è in discussione l’enunciato che “il porto è volano di sviluppo per il territorio di una regione marittima”; ma occorre prendere atto che lo sviluppo economico attuale sta aprendo nuovi mercati di consumo in varie regioni del continente e specialmente nel Mediterraneo. Questo impone nuove sfide al porto di una città! Il trasporto con le sue “modalità” ed in particolare la modalità marittima sta imponendo “efficienza e facility” a livello internazionale al punto da richiedere integrazione di più funzioni lungo la catena del trasporto ed in chiave logistica. Sia per il trasporto delle merci che dei passeggeri, le dimensioni delle navi sono cresciute, imponendo seri problemi di safety per merci e persone che di security per i porti; dall’altro versante, le compagnie di navigazione, per meglio sopportare la grande crisi finanziaria, economica ed occupazionale del 2008 (ancora in atto), hanno ristrutturato le reti dei trasporti, operando fusioni ed acquisizioni di linee e riducendo il numero degli scali portuali, incidendo sulla competitività dei porti di una medesima regione marittima.

Il  “punto debole” del fenomeno è che i pochi porti, scelti da quasi tutte le compagnie, pur soddisfacendo ad una economia marittima, perché posti lungo itinerari marittimi economici, stanno creando seri problemi di congestione portuale mettendo in crisi la sicurezza marittima, oltre a fornire servizi non sufficienti e di generica qualità.

Diciamo subito che la strategia di investire ancora su banchine ed in infrastrutture portuali, in quei porti di “ieri”, non è oggi praticabile poiché, pur aumentandone la capacità del porto, è solo teorico e non certo l’aumento dei traffici; di sicuro aumenterebbero solo le spese per investimenti e per volumi merceologici di traffico molto variabili. Al contrario applicare aumenti  sulle spese dei servizi portuali non riduce la congestione portuale, perché gli armatori seguono rotte e porti con potere di mercato.

In tutti i “programmi elettorali” dei cinque candidati a “sindaco” di Brindisi non esiste la considerazione più semplice: chi decide sulla scelta di un porto è la merce, ossia il caricatore, cioè chi rappresenta la domanda di trasporto; non l’agente X o l’associazione Y , o l’operatore locale Z. In un mio intervento pubblico ebbe a dire: “ Una città di mare che non riconosce una Autorità portuale non riconosce il suo porto”.

Questa affermazione non giustifica l’operato di una A.P., ma impone una “sinergia” fra enti territoriali ed operatori con l’obiettivo comune di promuovere un porto e con tutta la sua portualità. Lo dicevo perché consapevole che l’altro principale soggetto che decide la scelta di fare scalo in un porto  è la Compagnia di navigazione, o la società armatoriale; anche perché queste società, pur orientate in genere a scegliere i porti maggiori, quindi con più alta domanda di trasporti marittimi, devono tenere conto anche di altri aspetti, quali la capacità del porto e del sistema infrastrutturale terrestre di soddisfare in modo efficiente le necessità del servizio e le proprie esigenze di ottimizzazione degli itinerari (numero di navi da impiegare, capacità di trasporto, frequenza degli scali e dei transit time).

Anche qui, occorre riflettere quando tutti parlano di “logistica”, facendo confusione sui termini: l’operatore logistico/spedizioniere, quando ha l’incarico dal caricatore/ricevitore o dalla linea di navigazione, sceglie la “modalità” (se ferro, se gomma, aerea o marittima), ma non sceglie il terminal-ferro, l’interporto, l’aeroporto oppure il porto. La sola posizione geografica al centro del Mediterraneo dell’Italia Meridionale non è una condizione sufficiente per garantire il ruolo di una regione marittima, come la Puglia, e quindi Brindisi di  “porta d’Oriente e dell’Europa”; i collegamenti con i mercati internazionali sono una condizione essenziale per lo sviluppo della regione. Ed allora sono necessari per lo sviluppo di un territorio: domanda di trasporto e collegamento marittimo con un porto che offra un complesso adeguato di servizi connesso a piattaforma intermodale. Stiamo attraversando la transizione da un concetto trasportistico di “direttrici servite” come il caso di grandi quantitativi merceologiche (porto carbone- Enel) ad uno di “aree servite” ottimizzando la connessione a rete fra porti.

Per il traffico passeggeri , le tendenze di mercato stanno portando a riflessioni continue: con pochi porti-hub, quasi tutti i porti della cruise-line home-port ed una precisa funzione economica, quella dell’interporting. La produzione crocieristica si è imposta all’attenzione di operatori, investitori, amministratori pubblici e clienti (stakeholder) proprio per l’elevato dinamismo e per le reali prospettive economiche lusinghiere. Dalla nave “fun-ship” degli anni ’70 (parco americano a tema: divertimento, allegria e svago) a nave stabilimento alberghiero anni ’80 (servizi su standard e diversi livelli di utenza, 3,4,5, stelle); le dimensioni aumentano e si impone il “made in Italy”, una vera città galleggiante anni ’90. In questo campo si mette in competizione tutto un territorio marittimo con il suo patrimonio culturale, artistico ed archeologico. Una “storia” da presentare e da raccontare!

Diventa fondamentale, quindi, fare un “port planning” basato su una strategia immediata (sperimenta) in cui si adegua qualche infrastrutture portuale, ed una pianificata per attivare una serie di capacità infrastrutturali e di servizi  per attrarre i “cruise operator” per l’alta qualità dei servizi offerti. Senza naturalmente trascurare la presenza di un aeroporto in area quasi prossima al porto. Per questo si è parlato di un “sindaco di mare”.

 

Abele Carruezzo