SHOAL: robofish controlla l’inquinamento marino

Il Regno Unito si pone all’avanguardia per la ricerca nel campo delle analisi dei siti marini. Ieri, è stata presentata la fase operativa del progetto paneuropeo ICT (Information and Communication Technologies), in parte finanziato dall’UE, con circa 4,2 milioni di euro.

Così è stato consegnato, dopo circa tre anni di ricerca, l’elemento strutturale abilitato a portare il laboratorio delle analisi, un “pesce-robot” idrodinamico capace di scegliere il situ delle analisi fisico-chimiche dell’acqua di mare; l’esperimento è avvenuto nelle acque del porto spagnolo di Gijon, per la presenza di uno dei migliori sistemi europei di prevenzione di inquinamento marino con laboratorio di analisi annesso.

Il progetto, denominato SHOAL, (Search Handfull Over And Links), è stato realizzato tramite un consorzio di sei organizzazioni europee, tra cui il Gruppo BMT (British Maritime Technologies), capofila e responsabile per la ricerca sull’intelligenza artificiale; l’Università di Essex (Inghilterra) responsabile per l’impianto robot; il Tyndall National Institute (Irlanda) responsabile dei sensori chimici; l’Università di Strathclyde (Scozia) responsabile per la ricerca idrodinamica; Thales Safare SA (Francia)  responsabile della rete di comunicazione e l’Autorità Portuale di Gijon che ha messo a disposizione le acque del porto per le prove sperimentali ed il Centro Analisi per la prevenzione dell’inquinamento marino.

Il progetto ha rivoluzionato il metodo di effettuare le analisi delle acque marine; prima bisognava prelevare un campione d’acqua e portarlo in laboratorio per le dovute analisi di rito (temperatura, densità, salinità, trasparenza, domanda di ossigeno BOD, velocità del suono ed altre) ed aspettare dei giorni (minimo 15) per i risultati.

Con il robofish  rilevare ed analizzare gli inquinanti occorrono pochi secondi, quasi in tempo reale; una serie di sensori, installati a bordo del “pesce” idrodinamico sono in grado di analizzare i parametri chimico-fisici  e di trasmetterli ad una stazione esterna di superfice, identificando la fonte di inquinamento e prendere delle misure efficaci di prevenzione. In fase operativa, si parla di un branco di “pesce-robot”, in grado di battere una vasta zona di mare, in grado di evitare gli ostacoli e di conservare l’assegnata distanza fra loro per evitare difetti nella comunicazione dei dati rilevati; oltre alle analisi in tempo reale, è possibile mappare la zona in modo da realizzare una cartografia degli inquinanti.

Una volta tanto, il “pesce-robot” è riuscito ad integrare paesi ed università, oltre alle discipline di ricerca fondamentale, come  l’intelligenza artificiale, la robotica progettazione, analisi chimica, comunicazione subacquea e soprattutto idrodinamica.

 

Abele Carruezzo