Porti di Brindisi e Taranto: due authority non generano un porto grande

Gli “accorpamenti” di enti ed istituzioni generalmente fanno parte di una revisione della spesa pubblica; ma in pratica, politicamente, significa spostare il focus da un territorio ad un altro. Qualcuno pensa e scrive che per agevolare lo sviluppo di un territorio basti accorpare provincie ed altro, senza pensare al resto: un porto non potrà mai essere accorpato ad un altro. E poi, non è un ente o istituzione che produrre sviluppo, semmai può fare solo una buona promozione, snellendo la burocrazia e dotando il territorio di infrastrutture adeguate; il vero motore di sviluppo sono le comunità, cittadini, persone, gli operatori e società dedicate a mettere in campo le loro professionalità, dando forza e competitività territoriale.

La nuova concezione di sviluppo economico di un porto, non coincidendo più con un aumento di numero di navi attraccate, di tonnellate di merci o di passeggeri in transito, e quindi del reddito, si pone l’obiettivo di espandere la sua ricerca verso il miglioramento della efficienza/efficacia di una qualità dei servizi offerti e della sua capacità retroportuale. Se non si conoscono e non si studiano  i needs ed i wants che le compagnie di navigazione evidenziano, attraverso flussi di traffico marittimi,  non si può affrontare una strategia di piano operativo; si andrà avanti con la solita gestione amministrativa e commissariale in particolare.

Non basta registrare statistiche di navi e specialmente di tonnellate per poter parlare o scrivere di porto: 38° di temperatura in estate è normale; ma per chi non conosce l’estate è un fatto grave; almeno non si voglia affermare: “che poiché fa troppo caldo, dichiaro la “calamità” naturale per avere sovvenzioni su prodotti agricoli che non sono estivi”. Per esempio, come si fa a calcolare l’utility per una persona che sceglie di muoversi con la propria auto invece di usare il mezzo pubblico?

Secondo lo schema classico di una economia tradizionale, la persona che usa la propria auto ha solo una certa disponibilità di reddito per soddisfare i desideri (i wants) di velocità e comodità degli orari; mentre chi usa un mezzo pubblico ne ha solo bisogno (i needs); e comunque dovrebbe essere una dimensione culturale. In entrambi i casi, viene posto a confronto solo il vantaggio individuale, desiderio o bisogno, in base all’utility o alle risorse disponibili. Se queste riflessioni si spostano in ambito portuale, si nota che difficilmente si potrà sommare desideri e bisogni di due porti, per tanti problemi geo-economico-marittimi.

 

Abele Carruezzo