La questione della pirateria moderna rappresenta, senza dubbio, uno dei problemi più complessi che lo shipping internazionale sta affrontando per una risoluzione definitiva. I sequestri di navi, da parte di pirati, sono più frequenti nei tratti di mari che bagnano l’Africa meridionale e centrale, sia ad est che ad ovest. A cinque anni dall’esplosione del fenomeno proprio nelle acque della Somalia e dell’Oceano Indiano, tutte le contromisure militari, giuridiche, legali, assicurative e tecniche , adottate dalla comunità internazionale si sono rivelate non sufficienti e a volte di difficile attuazione per gli armatori.
Sicuramente, avere a bordo delle navi delle unità di sicurezza antipirateria si sta dimostrando un forte deterrente, nonostante i continui attacchi dell’ultimo periodo, “monsoni” indiani permettendo. In questo tratto di mare si sviluppano i due terzi del traffico mondiale di petrolio, la metà del traffico mondiale di container, un terzo del commercio di merci alla rinfusa, ed è l’area all’interno della quale transitano annualmente 1300 navi battenti bandiera italiana, per una media di quasi 4 al giorno, con picchi fino a 10 navi.
Anche se il fenomeno è stato contrastato da forze navali militari dispiegate nella zona, molti attacchi ultimi dei pirati si sono spinti a distanze sempre più elevate dalla costa somala, evidenziando accresciute capacità di azione e di attacco. Oggi rimangono ancora nelle mani dei pirati molte navi ed equipaggi “ostaggi” che hanno una funzione di “ricatto” nei confronti della comunità internazionale e base di forza per nuovi abbordaggi. Il fenomeno presenta una doppia “facciata”: da un lato le forze militari messi in campo e le unità armate, imbarcate su navi mercantili, risultano efficaci e dall’altro lato l’evoluzione delle tecniche di arrembaggio messe in campo dai pirati stanno colpendo sempre più bersagli considerati, oggettivamente, “facili”.
Anche perché, a livello internazionale, imbarcare guardie armate viene considerato un efficace deterrente per affrontare tale fenomeno; questo grazie all’adozione del formulario BIMCO-GUARDCON che ha standardizzato i contratti per l’impiego di guardie armate a bordo delle navi; come pure l’UK Open General Trade Control Licence (OGTCL), licenza messa a disposizione per le compagnie di sicurezza che forniscono servizi anti-pirateria nelle zone ad alto rischio HRA (High Risk Area). La situazione italiana appare, come sempre più complicata ed ancora lontana dalle necessità dello shipping; ancora il 29 settembre e 2 ottobre scorsi la IV Commissione- Difesa del Senato, ha comunicato le risoluzioni dell’esame dell’articolo 5 del decreto-legge n. 107 del 2011, relativo allo stato di attuazione della normativa sul contrasto della pirateria, con particolare riferimento all’impiego di nuclei di protezione a bordo del naviglio civile.
Attualmente, la normativa prevede che l’impiego dei contractors è possibile in caso di “non previsione” dell’impiego dei Nuclei Militari di Protezione, cioè in caso di indisponibilità dei NMP; per questo l’armatore si vede sempre costretto a richiedere preventivamente al CINCNAV la disponibilità di un team per quella determinata nave, su quella tratta ed in quel determinato periodo. Ed allora perché non investire anche sulla formazione degli equipaggi dei mercantili per renderli tecnicamente e psicologicamente in grado di affrontare la minaccia della pirateria marittima? Occorre anche concentrare gli sforzi sulle capacità di autodifesa con l’imbarco di scorte, tecnici della sicurezza e con l’addestramento degli equipaggi alle norme di sicurezza e prevenzione autorizzate dall’International Maritime Organization.
Però, esistono ancora problemi che si dovranno affrontare: la squadra di sicurezza antipirateria imbarcata è “personale diverso dall’equipaggio”? Le guardie giurate, cittadini italiani e/o cittadini UE, di istituti di vigilanza italiana, faranno parte dell’equipaggio in soprannumero? Hanno lo status di “no crew” o “passenger” autorizzati a trasporto di equipaggiamenti di sicurezza? La nave dovrà avere un locale deposito armi approvato, abilitato e certificato da Ente di classificazione navale?
Abele Carruezzo