La Grecia punta sulla “patrimoniale” dello shipping

Tre abitanti greci su dieci vivono al di sotto della soglia di povertà; quasi il 25% dell’intera popolazione. Ed allora, per fronteggiare la crisi e per svolgere bene i compiti “a casa europea”, il ministero delle Finanze ellenico ha deciso di applicare un’imposta “forfetaria” basata sul tonnellaggio delle navi; con tale operazione il governo greco spera di recuperare una cifra pari a ottanta milioni euro per il solo 2013. Gli esperti di economia e finanza dei vari partiti politici hanno affermato che non sarà molto, e la misura ha solo un valore simbolico nel momento in cui viene chiesto sacrifici a tutto il popolo greco.

Si sapeva che gli armatori greci, che controllano una buona fetta della flotta mercantile di tutto il mondo, non hanno mai pagato le tasse sulle entrate realizzate all’estero e versate nel loro Paese (navi mercantili battenti bandiera non ellenica ma di proprietà di compagnie con sede in territorio greco); e questo grazie ad un regolamento costituzionale del 1967. Secondo gli ultimi dati disponibili della Camera di Commercio, le unità controllate da società greche ma registrate altrove sono 3.848.

La tassazione sarà basata sul tonnellaggio delle navi, e colpirà almeno 14 armatori greci che figurano nella classifica top dei Lloyd’s del 2012 dei primi cento armatori più importanti al mondo, e fra questi solo cinque sono i più influenti: il greco John Angelicoussis che occupa il quarto posto ed il connazionale George Economou il quinto. Il governo greco ha temporeggiato molto su tale decisione perché temeva una fuga di capitali all’estero; ma è stato costretto visto il perdurare della crisi; d’altra parte bisogna dire che nell’ultimo decennio, l’armamento greco ha realizzato utili per circa 175 miliardi senza pagare un euro di tasse. Le compagnie marittime elleniche, insieme alle altre società nazionali di servizi tecnico-nautici collegate allo shipping, danno lavoro a circa 200mila persone.

 

Abele Carruezzo