Unione Europea: demolire e riciclare navi sarà un business

Un impianto demolitore di navi, dislocato in un sito strategico, può essere un affare per il territorio. Infatti, passata la fase della grande industria pesante nei settori della siderurgia e della chimica, unitamente al lento tramontare di alcune arsenali di prestigio, con una situazione economica/occupazionale di alcune regioni del meridione d’Italia non di “crescita”, si potrebbe pianificare e lavorare nel settore della demolizione e del riciclo di navi, facendo una volta tanto concorrenza all’India, però con regole più eco-compatibili con l’ambiente. Proprio in questi giorni, la Commissione europea per l’ambiente ha approvato la direttiva sul riciclaggio di navi, che sicuramente sarà approvata nell’aprile prossimo in Parlamento UE.

Intanto bisogna ricordare che la direttiva non si applica a navi da guerra o similari impegnate per servizi statali e a navi inferiori a 500 tonnellate di stazza lorda; mentre si applica a navi autorizzate a battere bandiera di uno Stato membro o che operano sotto l’autorità di detto Stato. Stiamo parlando di qualsiasi unità e tipo che ha operato nell’ambiente marino, inclusi i sommergibili, natanti, piattaforme galleggianti, piattaforme autoelevatrici, unità galleggianti di stoccaggio (Floating Storage Units-FSU) e unità galleggianti di produzione, stoccaggio e scarico (Floating Production Storage and Off-loading Units-FPSO) nonché unità private delle attrezzature o rimorchiate.
Per “riciclaggio delle navi” si deve intendere l’attività di demolizione completa o parziale di una nave in un impianto di di riciclaggio al fine di recuperare componenti e materiali da ritrattare e riutilizzare, occupandosi nel contempo dei materiali pericolosi e di altro tipo; per l’ubicazione dove esercire questa operazione, si pensi a quelle aree dismesse di impianti industriali e abbandonate; cioè un’area dedicata e delimitata che può essere un sito, un cantiere con un proprietario (impresa di riciclaggio) che abbia la responsabilità dell’esercizio dell’impianto, sotto la diretta sorveglianza dell’Autorità governativa competente per la determinata zona geografica.

Ora se pensiamo che nei prossimi anni un notevole numero di navi sarà probabilmente destinato alla demolizione a causa dell’attuale situazione di eccesso di “capacità” della flotta mondiale, si comprende la portata dell’affare economico di cui si sta parlando e che durerà per oltre due lustri di questo secolo; inoltre per il 2015 è previsto per legge il limite per la demolizione graduale delle petroliere “monoscafo”. Quindi ben vengano gli impianti di demolizione regolamentati al fine di prevenire, ridurre o eliminare gli effetti negativi per la salute umana e per l’ambiente causati dal riciclaggio senza regole, dall’esercizio e dalla manutenzione delle navi; ora con questa direttiva e prossimo regolamento,  si dovrà scrupolosamente differenziare per garantire la eco-sostenibilità di tutti i trattamenti eseguiti su navi.

Per un attimo, giusto per fare un esempio concreto di riciclaggio di una nave, le parti/pezzi di una nave vengono riusati nelle varie industrie delle costruzioni o dei contaneir; i generatori e le batterie  in realtà locali di piccole industrie; gli arredamenti utilizzati nelle case di riposo o in alberghi; gli idrocarburi riconvertiti in olii vari; ancora, per forgiare i metalli riciclati occorre solo un terzo dell’energia usata per crearne di nuovi;  ebbene, da una demolizione di una nave, tutto si differenzia, si ricicla e si riusa salvaguardando l’ambiente.

 

Abele Carruezzo