Regolamento europeo sui porti: l’Italia respinge

L’ottava Commissione del Senato, Lavori Pubblici, presidente Altero Mattioli, ha terminato l’esame della proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio (presentata la scorsa primavera) che istituisce un quadro normativo per l’accesso al mercato dei servizi portuali e la trasparenza finanziaria dei porti.

L’atto esaminato riveste grandissima importanza per il settore della portualità italiana; tema delicato e che riguarda la disciplina dei servizi portuali nei porti della rete transeuropea di trasporti (319 scali TEN-T), i quali hanno, però, condizioni operative e strutturali molto diverse tra loro e quindi male si prestano a una regola rigidamente uniforme.

Il regolamento europeo interessa la fornitura dei servizi come il rifornimento di combustibile; la movimentazione merci; il dragaggio; l’ormeggio; i servizi di trasporto passeggeri; gli impianti portuali di raccolta; il pilotaggio e i servizi di rimorchio. Il provvedimento si applica a tutti i porti marittimi della rete transeuropea di trasporto TEN-T, fatta salva la possibilità per gli Stati membri di estenderlo ad altri porti marittimi.

Occorre osservare che non tutti i porti TEN-T offrono servizi di livello elevato e l’attuale quadro di “governance” dei porti non sarebbe in tutti i casi sufficientemente attraente per gli investitori. Secondo la Commissione europea, tale situazione sarebbe causata da cinque categorie di problemi specifici, che il provvedimento in esame intende affrontare: molti servizi portuali sono soggetti a una debole pressione concorrenziale a causa di restrizioni di accesso al mercato; monopoli o oligopoli, che, sebbene giustificati in un certo numero di casi, possono condurre ad abusi di mercato; eccessivi oneri amministrativi in capo agli utenti, dovuti a mancanza di coordinamento tra i porti; relazioni finanziarie non trasparenti tra autorità pubbliche, autorità portuali e fornitori di servizi portuali; scarsa autonomia di cui dispongono i porti per determinare i diritti d’uso dell’infrastruttura e collegamenti poco trasparenti ai costi di accesso alle infrastrutture portuali.

Durante l’esame in Commissione del Senato, si è fatto riferimento alla relazione tecnica che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Direzione Generale per i Porti -. Il Ministero ha segnalato numerose criticità in merito alla proposta di adozione del regolamento europeo; alcune di carattere generale, altre, più puntuali, relative alla formulazione degli articoli. Tra le osservazioni di carattere generale, sono da segnalare le seguenti: la scelta del regolamento quale strumento giuridico appare non adeguata alla luce della grande diversità degli ordinamenti portuali dei vari Paesi. L’Italia non ha condiviso l’ingerenza europea sostanziale riguardo all’ordinamento dei servizi portuali.

La Commissione europea avrebbe dovuto elaborare linee-guida o, al massimo, proporre una direttiva, poiché per conseguire gli obiettivi da essa auspicati sarebbe stato sufficiente adottare un numero limitato di principi generali applicabili alle differenti legislazioni degli Stati membri; mentre in molti articoli del regolamento si mina  la sovranità degli Stati  Membri, determinando  una disciplina frammentata e diversificata per i diversi segmenti del ciclo portuale, soprattutto riguardo alla movimentazione merci(cargo handling). Per quanto concerne la previsione di un Comitato degli utenti portuali, cioè i rappresentanti degli operatori di navi, dei proprietari dei carichi o di altri utenti del porto che sono tenuti a pagare i diritti d’uso dell’infrastruttura o dei servizi portuali.

Ai sensi dell’articolo sedici di tale regolamento, l’ente di gestione del porto dovrà inoltre consultare le parti interessate, quali imprese stabilite nel porto, prestatori di servizi portuali, operatori di navi, proprietari di carichi, operatori dei trasporti terrestri e pubbliche amministrazioni, in merito ad aspetti riguardanti il coordinamento dei servizi portuali; i collegamenti con l’entroterra e, se del caso, le misure per sviluppare e migliorare l’efficienza dei collegamenti per ferrovia e vie navigabili interne; l’efficienza delle procedure amministrative.

La relazione ministeriale tecnica fa presente che questo è concepito in maniera molto ampia, andando oltre la composizione dei Comitati portuali previsti nella legislazione nazionale e, in tal senso, andando in controtendenza rispetto all’orientamento emerso in sede di riforma della legge n. 84/1994, volto a un ridimensionamento del Comitato portuale, al fine di rendere più decisionale l’azione del Presidente dell’Autorità Portuale e snellire i relativi percorsi burocratici e procedurali. Inoltre, la relazione del Governo italiano rileva che alcuni Parlamenti nazionali (Svezia, Francia e Polonia) hanno emesso un parere motivato negativo sulla sussistenza dei requisiti di sussidiarietà e proporzionalità del provvedimento; anche il Parlamento del Regno Unito, pur avendo reso un parere non ostativo, ha però assunto una posizione interlocutoria.

L’8a Commissione permanente (Lavori pubblici, comunicazioni), esaminato l’intera documentazione della proposta di regolamento europeo per l’accesso al mercato dei servizi portuali e la trasparenza finanziaria dei porti, considerato che i porti europei TEN-T presentano profonde differenze di carattere organizzativo e strutturale, non solo tra i diversi Paesi ma anche al loro interno, che sono il prodotto di una complessa serie di fattori geografici, storici, culturali, economici e sociali; valutata la relazione tecnica sulla proposta in oggetto, trasmessa dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – Direzione generale per i porti –  esprime parere motivato contrario, per non conformità ai princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità  proprio perché la regolazione dell’accesso al mercato dei servizi portuali, si presta difficilmente alla definizione di un modello organizzativo unico da applicarsi in tutti i porti europei.

E ancora, nella proposta è quasi del tutto assente l’aspetto della sicurezza e i relativi compiti affidati alle pubbliche autorità. Ciò desta notevoli perplessità, trattandosi di funzioni di preminente interesse pubblico, la cui espressa menzione si ritiene invece imprescindibile: in particolare, le esigenze di tutela della sicurezza della navigazione in ambito portuale dovrebbero essere ricomprese tra le ragioni che consentono alle pubbliche autorità di limitare il numero di prestatori di servizi portuali e di conferire diritti esclusivi per la salvaguardia di tale interesse pubblico. In particolare, per quanto riguarda l’ordinamento italiano: l’ente di gestione del porto, cui il regolamento attribuisce in esclusiva i compiti di amministrazione e gestione delle infrastrutture e dei servizi portuali, coincide in larga parte con l’Autorità Portuale italiana, ma non tiene conto delle funzioni di vigilanza tecnica e di sicurezza della navigazione svolte in Italia dall’Autorità Marittima.

 

Abele Carruezzo