Ispezioni su navi anno 2013

Anche quest’anno dal rapporto del Paris Memorandum of Understanding on Port State Control, pubblicato alcuni giorni addietro,  l’Italia, esce come una nazione tra le più attive riguardo le ispezioni a navi che attraccano nei nostri porti.

Il Memorandum di Parigi è un accordo stipulato, nel lontano 1982, fra 27 Stati le cui Autorità Marittime effettuano i controlli a bordo delle navi mercantili all’arrivo in un porto. L’annuale report 2013 evidenzia l’aumento di navi ispezionate, pari dell’87% rispetto al 2012, e l’elenco dei  Paesi della lista “nera” che trascurano i regolamenti sulla sicurezza della nave, della navigazione, della salvaguardia dell’ambiente marino e la sicurezza dei lavoratori imbarcati.

La Tanzania risulta essere la bandiera offerta a navi con il più alto rischio di navigabilità – vere e proprie carrette del mare – fra le 75 bandiere issate dalle navi dello global shipping, con quasi il 20% delle navi fermate nel corso dell’anno; gi altri Paesi che fanno compagnia alla Tanzania sono Cambogia, Comore, Sierra Leone, Moldavia e Honduras. I vari passaggi di un Paese da una lista ad un’altra (tre sono le liste: nera, grigia e bianca) avvengono in base ai regolamenti di sicurezza navale, marittima ed ambientale che uno Stato  fa rispettare alla propria flotta di bandiera; infatti,  nel 2013, come da rapporto, i Paesi passati dalla lista nera a quella grigia sono la Georgia, Libano, Saint Kitts e Nevis, Libia e Albania. Sostanzialmente, il rapporto annuale del Paris MOU evidenzia in generale che vi sono più navi sicure rispetto alle no-safety: 46 Stati di bandiera sono nella white list rispetto a 29 che sono tra la grey e la black list; mentre i Paesi più virtuosi rimangono ancora la Francia, Norvegia, Svezia, Danimarca, Italia e poi seguono la Cina, Grecia e Bahamas, considerate le bandiere tra le più importanti al mondo.

Dal punto di vista tecnico, il report sottolinea che le carenze relative alla sicurezza della navigazione sono state del 13,9%; i sistemi antincendio per 13,5%, le condizioni di lavoro e abitabilità per 9,3%, i sistemi salva-vita per il 9,2% e per la documentazione e certificazione di bordo per il 6,2%. Sono state riscontrate, inoltre,  inadempienze riguardo all’International Safety Management, come pure il non corretto utilizzo delle carte nautiche ed il funzionamento delle porte tagliafuoco.

Riguardo l’applicazione della Convenzione internazionale MLC 2006 sugli standard minimi delle condizioni di lavoro a bordo delle navi, le maggiori carenze si sono registrate negli impianti elettrici, nell’accessibilità, nelle strutture sanitarie di bordo, nelle aree refrigerate e nell’equipaggiamento del personale. Ancora molta superficialità nel garantire luoghi di lavoro accessibili; ricordiamo che l’Italia ha ratificato detta convenzione lo scorso anno. La classifica delle navi fermate riporta le cargo/multipurpose per il 6,2% sul totale, i rimorchiatori 5,8%, le bananiere 5,2%, le rinfusiere 3,2%; quasi insignificante il numero dei fermi per  le altre tipologie di navi come i traghetti, portacontainer e petroliere.

Fatto strano, ma non tanto, sono aumentate le navi fermate per stipendi non pagati dagli armatori ed ore di lavoro dei marittimi non chiaramente definite. Infine,  le navi trattenute in porto per rimediare alle carenze rilevate dalle ispezioni sono state 668, più o meno lo stesso numero dello scorso anno (669). Per un’analisi più dettagliata si rimanda alla lettura completa del report riportato sul sito del Paris MOU.

 

Abele Carruezzo