Porto di Brindisi: risarcito il guardiano del Faro

BRINDISI – Dopo 43 anni di servizio per il Ministero della Difesa come farista e dopo aver accumulato diverse patologie provocate proprio dalla sua attività professionale, un uomo di Brindisi ha visto riconosciuto il suo diritto a ricevere un indennizzo dallo Stato.
La sua attività è cominciata nel 1964 quando diventa dipendente del Ministero della Difesa presso il Comando Zona Fari Marina Militare di Taranto con la qualifica ed i compiti di Farista Capo. Dopo tre mesi trascorsi a La Spezia, è stato trasferito a Napoli al Faro di Punta Campanella e, nel 1965, a Brindisi presso il Faro di Forte a Mare Castello Alfonsino, dove aveva l’incarico di farista capo.

Resta lì fino al 2007, quando viene congedato e per tutti questi anni alloggia nella dimora militare all’interno del Castello per garantire la reperibilità h24.

Per le sue mansioni è stato costantemente addetto al controllo e manutenzione dei segnalamenti a mare ed a terra, anche in ore serali , movimentazione di batterie al piombo, all’imbarco ed allo sbarco di materiali per la manutenzione ordinaria e straordinaria dei segnalamenti (pitturazione, controllo degli apparati luminosi, pulizia delle cupole e delle ottiche) e delle boe ad una altezza di circa 7/8 mt s.l.m, alla pulizia e manutenzione delle lanterne esterne dei fari ma provvedeva anche al trasporto delle bombole acetileniche (che servivano per caricare i segnalamenti del porto di Brindisi) ognuna del peso di circa 60 chili: tali bombole venivano, pertanto, portate alle boe in mare. Di queste, quelle raggiunte via mare erano tre più il Faro delle Pedagne. A queste si aggiungevano i segnalamenti del Porto che si raggiungevano via terra (Diga a Mare, Costa Morena, canale Pigonati -rosso e verde- Punta Riso). Ogni mese il carico delle bombole era di circa 60.

Sono queste le ragioni che hanno provocato una serie di patologie, anche neurologiche, che hanno portato l’uomo ad avere seri problemi di salute. Il Tribunale di Brindisi, su ricorso dell’avvocato Carmela Lo Martire, ha riconosciuto che queste patologie sono state causate proprio dal lavoro svolto.
“Il gravoso carico dei compiti a lui assegnato, nonché la costanza dell’esposizione agli avversi agenti atmosferici, nonché lo stress connesso all’attività espletata sfociò nei malori posti poi alla base della richiesta (in effetti sono più richieste per più infermità) di riconoscimento della dipendenza delle patologie da causa di servizio”, è scritto nel ricorso dell’avvocato Lo Martire.

Infatti la causa di servizio è stata riconosciuta.

Salvatore Carruezzo