Opec mantiene l’equilibrio di potere nel commercio del petrolio

GINEVRA – L’altalenante caduta dei flussi azionari che ha influenzato gli investitori e soprattutto  la caduta del prezzo del petrolio stanno determinando un forte impatto sulle economie. La caduta dei prezzi del petrolio, a causa di un aumento delle forniture e il calo della domanda guidata da un rallentamento in Cina, non solo ha influenzato i paesi produttori di greggio, ma ha avuto un effetto domino su un certo numero di altri paesi non solo importatori dell’oro nero.

La crisi attuale dei prezzi del petrolio, che dura ormai da 18 mesi, è la peggiore dal dopo-guerra del Golfo. La grande domanda che oggi gli economisti si pongono non è a quanti dollari/barile scenderà il prezzo del petrolio, ma quanto durerà quest’ultima crisi. Per l’OPEC (Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio) il 2016 sarà l’anno in cui la bilancia commerciale di petrolio si sposterà indietro e registrerà indici negativi.

L’Opec invece di ridurre la produzione ha incentivato in quest’ultimo periodo i paesi membri ad aumentare l’offerta del greggio sui mercati; la rimozione delle sanzioni internazionali contro l’Iran porterà altro greggio su un mercato già carico di eccedenze. La Compagnia petrolifera nazionale iraniana ha già ordinato un aumento della produzione di 500.000 barili/giorno (bpd), mentre 50 milioni di barili, riserve detenute su navi cisterna, erano pronti per essere venduti a Paesi europei. Questo ha portato la International Energy Agency ad abbassare i prezzi del petrolio in questi ultimi mesi, prevedendo ulteriori ribassi nel 2016.

Un mercato quello del petrolio con scene variabili: se l’Iran sta ritornando alla grande, gli USA  stanno rallentando la produzione; infatti, gli ultimi rapporti economico/finanziari di monitoraggio delle aziende petrolifere dicono che il forte calo dei prezzi del petrolio sta portando non solo a un calo della produzione di petrolio negli Stati Uniti, ma a un danno economico e sociale molto diffuso; in effetti, gli Stati Uniti hanno già iniziato a importare petrolio da altri produttori; oltre a registrare una caduta di produzione di petrolio scisto (o shale, prodotto da frammenti di rocce  di scisto bituminoso mediante processi di pirolisi, idrogenazione o dissoluzione termica).

Il numero di piattaforme petrolifere che operano a terra negli Stati Uniti è sceso di circa due terzi dal suo picco nel 2014; più di 100.000 posti di lavoro sono andati persi, con la maggior parte di loro solo nel 2015, ed il numero di impianti di scisto in servizio sono crollati del 60 per cento, con forte preoccupazioni da parte delle banche. L’Opec con i rifornimenti superiori alla domanda difficilmente aumenterebbe il prezzo del petrolio in questo momento; la sua strategia è quella di mantenere gli equilibri di potere delle nazioni Opec nel commercio del greggio a danno dei produttori di scisto americano.

 

Abele Carruezzo