Quale futuro per la navigazione?

ROMA – In navigazione è meglio non conoscere la teoria e pratica del sestante piuttosto che credere di saperlo usare bene e a volte senza conoscere le procedure di identificazione dei corpi celesti. Una cosa è certa! Sarà molto difficile con l’avvento delle navi – droni sostituire l’uomo poiché la “Navigazione” è molto di più che pigiare un bottone per avere una rotta e per raggiungere il “waypoint “ successivo.

Con questo non si vuole essere contrari alla tecnologia moderna, ma far riflettere quegli ufficiali “digitali” che non hanno conosciuto le procedure ed i protocolli dell’osservazione dell’ambiente aostro-rmeteo-marino in cui la loro nau naviga. Le abilità personali di un navigante,  le c.d.  skills, le conoscenze specifiche ed in particolare il buon senso non vanno riposte in un cassetto come accaduto per il sestante.

Una volta acquisite quelle caratteristiche vanno solo alimentante per mantenere il detto: “una volta marinaio, si è marinaio per sempre”. Bene fanno gli Anglosassoni, popolo di naviganti, ed in particolare la Marina Militare britannica, che agevolano la formazione continua dei sistemi tradizionali di calcolo del “punto-nave” con il sestante; anche di fronte ad una forte automazione della sala nautica di una nave, è opportuno avere un sestante e saperlo usare, soprattutto in casi di black out o di sinistro in mare. Oggi si direbbe che è importante avere a bordo di una nave una conoscenza e competenza di quella low-tech che tanto ha formato i grandi naviganti della storia; a cominciare dai Polinesiani nel Pacifico, dai Vichinghi nel Nord Atlantico e dagli Arabi nel Mediterraneo  che per primi hanno scritto le rotte (strade arate e solcate dalla nau) per la navigazione.

Sembrano  pensieri  lontani, quando oggi ciò che conta è l’ottimizzazione di un voyage-plane, cioè  della velocità e della rotta di una nave per ogni ETA e per un dato tempo meteo-marino previsto. Obiettivo unico a livello mondiale, per l’economia marittima, per il piano di efficienza energetica  (Ship Energy Efficiency Management Plan) in rapporto al consumo di fuel e alla minimizzazione dell’emissione di CO2.  E questo a bordo di una nave è tutto organizzato, misurato e controllato  da sistemi ad hi-tech e simulazioni di ambienti marini previsti con algoritmi iterativi; cioè invece di prevedere rotte e punti-nave prevedono “zone di certezza” in cui la nave si troverà certamente e con una forte percentuale di probabilità e quindi anche rotte e punti-nave. Queste nuove abilità non migliori di quelle del sestante; ma sono solo diverse e diversi sono gli approcci per applicarle.

 

Abele Carruezzo