Per i Marittimi Europei più competenza e meno lavoro precario

LONDRA – Stiamo attraversando un grande cambiamento soprattutto sociale che tecnologico.  Cyber net e cloud computing, raccolta dei dati e nuovi processi di automazione cambieranno le nostre vite. Come può l’industria europea dello shipping essere un generatore di ricchezza e di occupazione? Domanda difficile! Tutti noi stiamo assistendo alla “quarta rivoluzione” – quella dell’informatica – capace di gestire tutti i campi della vita lavorativa di un uomo.

Di questo e di altro se ne discusso durante l’European Shipping Week. Tutti gli esperti sono intervenuti illustrando un futuro lavorativo solo per i robot, anche se saranno “badati” dall’uomo. Una riflessione adeguata ai tempi è stata data dai sindacati dei marittimi intervenuti. Il sindacato europeo dei marittimi sostiene che senza una adeguata  regolamentazione del settore dei trasporti via mare, che sappia debellare la spirale verso il basso della qualità della vita lavorativa dei marittimi, non vi sarà futuro certo; occorre fornire un giusto supporto per il cluster marittimo che sappia garantire resilienza complessiva del trasporto marittimo europeo: la capacità di affrontare e superare questo periodo di difficoltà. Come sempre i più sensibili a questi bisogni sono stati i sindacati del Regno Unito che hanno avanzato la costituzione di una Carta per lavori dal e per il mare.

In verità, un tale manifesto, risale all’ottobre del 2016; fu presentata una Carta in dieci punti chiave da offrire al Governo e all’industria per garantire il futuro del settore marittimo del Regno Unito, offrendo giuste opportunità di lavoro e di formazione per la marineria inglese. Fra i dieci punti si trova la questione importante di migliorare le procedure per il rilascio dei certificati di abilitazione equivalente (CoC) ai marittimi stranieri per evitare una concorrenza sleale all’interno del settore. Questione tornata di grande attualità in Italia in questo periodo e che vede contrapposti sindacati dei marittimi da un lato e Governo e Autorità marittima dall’altro. Il settore dei trasporti marittimi, si è detto alla settimana europea, nel tempo ha subito una concorrenza non controllata.

Alcuni Paesi dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e per lo Sviluppo Economico), forniscono il 23% degli ufficiali di tutto il mondo e il 14% degli uffici di rating, rispetto al 28% di dirigenti. Tendenze che indicano che forse la professione marittima non è più la prima professione al mondo! La superficialità con cui si è affrontata la questione negli anni passati, dimostra che si è creato un flusso costante di dumping sociale nei traghetti e nei servizi offshore inglesi.

La globalizzazione dei servizi di trasporto in ambito nazionale, per gli inglesi, non funziona; occorrono delle regole per gestire il clima della competizione per evitare lo sfruttamento delle acque costiere britanniche; e soprattutto evitare di incoraggiare gli operatori di tale settore che competere sulla qualità professionale non costa niente.

Serve spendere sempre più in sicurezza del lavoro dei marittimi europei e proteggere la base delle competenze marittime e quindi l’Europa del cluster marittimo: “Identità marittima”. Canada, Nuova Zelanda e Australia hanno compiuto, negli ultimi anni, passi significativi per limitare il numero dei marittimi stranieri impiegati sulle navi in servizio cabotiero nazionale.

 

Abele Carruezzo