Port of Venice, Lloyd’s Register EMEA e il futuro dello shipping

VENEZIA – Introdotti da Massimo Bernardo presidente del “Port of Venice” , temi di grande  attualità per il mondo del trasporto al meeting organizzato il 30 u.s. dall’International Propeller Club Port of Venice presso il Best Western Hotel Bologna di Mestre: da un lato si voleva analizzare e discutere come  il settore del trasporto marittimo sarà chiamato  a contribuire agli obbiettivi di riduzione dell’emissione di gas serra,  definiti nella Conference of Parties 21 tenutasi nel 2015 a Parigi.  L’altro tema era discutere come  la quarta rivoluzione industriale (Industria  4.0), ossia l’era della digitalizzazione,   potrebbe cambiare il modo in cui le navi vengono progettate, costruite e gestite.

I temi sono stati introdotti da due rappresentanti del Lloyd’s Register, il prestigioso ente di classificazione navale, fondato nel 1760,  che oggi giorno ha esteso le sue attività a molti settori che vanno dall’industria della difesa al food&beverage,  passando dall’ &gas, offshore e energy generation.   l’Ing. Gianpaolo  Dalla Vedova , Marine&Offshore Operation Manager South Europe Central e  Ing. Nardo Marco, Senior Engineering Specialist presso l’ufficio approvazione disegni di Trieste, esperto di valutazione e approvazione di sistemi di propulsione alimentati a gas liquido e di analisi di risk assessment di sistemi complessi.

Nell’introduzione , l’Ing. Dalla Vedova ha descritto quello che è l’ambiente macro economico e normativo in cui  il settore delle shipping si trova ad operare oggigiorno : il trasporto marittimo non è ancora uscito da una crisi cominciata nel 2008 e  che a varie riprese ha più o meno duramente colpito, con poche eccezioni , i singoli settori (esempio dry cargo, wet cargo, containers e offshore supply). Tale situazione che è stata ancor più amplificata dalla ancora non risolta crisi del settore Oil&Gas è destinata a perdurare ancora per anni. Inoltre alcune incombenti regolamenti internazionali, quali la Ballast Water Management Convention e il limite del contenuto di zolfo per i combustibili ridotto al 0.5% (dall’attuale 3.5%)  a partire dal 2020 stanno ponendo gli armatori e la supply chain di fronte a scelte importati ed urgenti.

E’ stato anche posto l’accento i su come alcuni colossi della logistica e del B2B,  quali Amazon e Alibaba,  sulla base della convinzione di possedere strumenti di gestione e pianificazione migliori,  abbiano espresso la volontà  di prendere il controllo del trasporto marittimo considerandolo con un semplice anello della loro catena logistica.  Infine il settore del  trasporto sta vivendo una fase di nuova globalizzazione, che alcuni hanno definito globalization 2.0, che è focalizzata sul settore delle infrastrutture: in questo caso a fare da volano è il programma cinese OBOR (One Belt One Road), chiamato anche nuova Via della Seta, che vede le istituzioni cinesi (pubbliche e private) intervenire con massicci investimenti  nel settore del trasporto terrestre e marittimo tra la Cina e l’Europa. E’ chiaro a tutti, vista l’entità degli investimenti in gioco, che la decisione di investire o meno in una specifica area o  paese potrebbero profondamente cambiare gli equilibri portuali locali.

Avendo sullo sfondo questo scenario la shipping industry si trova ora di fronte ad una nuova sfida,  quella della decarbonizzazione (low carbon pathways): il Lloyd’s Register in collaborazione con alcune associazioni e centri di ricerca ha analizzato il problema  ipotizzando quelli che potrebbero essere gli scenari futuri e raccogliendo le conclusioni in un documento che va sotto il nome di “Low Carbon Pathways 2050” che similmente ad altri studi di settore (Global  Trend) sono disponibili gratuitamente nel sito aziendale.  Condivisi gli obbiettivi generali della Conferenza di Parigi la Comunità Europea ad inizio del 2017 a deciso di includere lo shippping nel Sistema del Emissions Trading Scheme -ETS, ossia lo strumento con cui i macro settori economico- produttivi saranno chiamati a rispettare alcuni parametri di emissione gas serra o al contrario a pagare delle compensazioni nel caso questi non siano rispettati.  Interessante notare che anche la Cina, a partire da quest’anno,  ha deciso di dotarsi di uno  strumento simile.

Nonostante l’ iniziale resistenza da parte della associazioni del settore, rappresentate dall’ICS (International Chamber of Shipping), resistenza che sembra ora  totalmente superata a leggere le recentissime dichiarazioni del ICS Director che invita gli armatori a iniziare a pensare ad un trasporto marittimo senza combustibili fossili,   non era  comunque ipotizzabile che il trasporto marittimo venisse esentato da tale impegno. Infatti  esso è responsabile globalmente del 2.33% delle emissioni gas effetto serra  e solo in Europa le emissioni del settore solo paragonabili a quelle di una nazione come l’Austria.L’IMO preso atto del passo in avanti della Comunità Economica Europea  è sta obbligata a definire una  propria strategia di decarbonazione che dovrebbe portare entro il 2023 a delle norme precise:  le emissioni annuali di anidride carbonica legate al trasporto marittimo,  che nel 2020 ammonteranno a circa 37Gtons dovrebbero progressivamente diminuire fino ad attestarsi a 18Gtons nel 2050.

L’efficienza energetica,  che verrà misurata in quantità di anidride carbonica generata per trasportare per un miglio un carico del peso di una tonnellata,  dovrà nei prossimi trent’anni adeguarsi a questo macro obbiettivo:  tale risultato sarà possibile solo con lo sviluppo di un nuova più efficiente tipologia di navi, con lo sviluppo di nuove tecnologie e combustibili e con una migliore è più efficiente gestione della catena logistica del trasporto.  Se la combinazione di tutto ciò non fosse sufficiente a rispettare i limiti che verranno fissati dagli organismi nazionali ed internazionali al trasporto marittimo il settore verrà chiamato a pagare le compensazioni derivanti dal superamento dei limiti di emissioni, con costi aggiuntivi per armatori, suppliers  e utenti finali.

Il documento presentato inoltre analizza per le categorie bulk carrier, tankers e container ship quelli che potrebbero essere i combustibili alternativi a fronte di differenti scenari  condizionati dallo sviluppo o meno di determinate tecnologie (LNG, idrogeno, bio-combustibili) e dalla determinazione o meno con cui il legislatore imporrà al settore il tema delle compensazioni. L’analisi e la riflessione su questi temi  dovrebbe essere un esercizio fondamentale per chi ricoprendo un ruolo istituzionale di responsabilità,  oppure essendo operatore del settore è chiamato ora a pianificazioni,  investimenti a medio o lungo termine che potrebbero significare  l’affermazione o il declino di un sistema portuale o di un attività economica.

Collegandosi al tema dei nuovi carburanti, l’Ing.Nardo ha presentato la materia dell’uso del LNG (gas metano liquido) come combustibile navale e delle implicazioni normative ed economiche ad esso correlato.  Dopo una breve descrizione del campo normativo attuale (esempio IMO IGF Code, IACS Bunkering Guidelines) e del continuo processo di definizione e sviluppo di nuove regole per venire incontro alle richieste di designer ed operatori, è stato sottolineato come le normative che regolano l’uso del gas come combustibile navale sono il risultato di un approccio non prescrittivo ma risk based. Il ritmo con cui le nuove tecnologie e proposte si fanno largo,  impone ai Registri di Classifica ed agli Organismi nazionali e internazionali (come riconosciuto recentemente anche dal Segretario Generale dell’IMO) di rivedere il processo con cui storicamente i regolamenti navali veniva sviluppati. Essi si basavano sull’analisi di una casistica di incidenti e sulla la definizione di norme prescrittive per evitare che essi potessero ripetersi.
Al contrario il nuovo approccio è impostato su un’analisi di un sistema semplice o complesso per definire  i rischi tecnologici, gestionali in termini di severità e probabilità di accadimento. Fatto ciò,  il designer e l’ente di verifica definiscono una serie di soluzioni  tecniche o gestionali/di processo per limitare i rischi a dei valori considerati accettabili: ciò è possibile attraverso la modifica del design, l’adozione di sistemi di monitoraggio controllo e di spegnimento automatico oppure con la definizione di procedure operative appositamente sviluppate.

Si è altresì evidenziato come,  mentre per quando riguarda il sistema d’imbarco, stoccaggio del gas ad uso di propulsione la normativa internazionale sia stata sviluppata, l’aspetto della gestione delle operazioni di bunkeraggio a terra (o tramite bettolina) sia  soggetto fondamentalmente  a regolamenti nazionali o locali,  spesso difformi tra loro. Anche in questo caso è stato dimostrato che tramite un approccio basato sul risk assessment, integrato con un analisi di modelli di fluido dinamica computazionale che tenga contro delle situazioni morfologiche e climatiche prevalenti di una particolare installazione portuale  è comunque possibile fornire all’autorità competenti uno  strumento per favorire le decisioni  e la definizione di regolamenti locali. Ai più  è stato subito evidente il collegamento con quanto sta succedendo Chioggia in relazione alla costruzione dell’impianto di stoccaggio del gas.

Sono stati anche presentati molti casi in cui operatori e autorità portuali di paesi come Grecia e Cipro siano stati efficaci nell’utilizzare i fonti Europei (Connecting Europe Facility) come ad esempio quelli legati al progetto PoseidonMEd : attraverso essi sono stati in parte finanziati progetti di sviluppo  dell’uso di LNG su nuove unità o di retrofit di navi esistenti, oppure  studi delle infrastrutture portuali correlate a tale tecnologia. Tutti progetti che hanno visto il Lloyd’s Register come partner  incaricato delle valutazioni tecniche e di gestione del rischio. Un breve accenno è stato anche fatto a tecnologie delle celle di combustibile ad idrogeno e dei sistemi di propulsione elettrici o ibridi.

Infine è stato presentato il tema della digitalizzazione dell’industria del trasporto marittimo (shipping 4.0) e di come le tecnologie già esistenti o di prossimo sviluppo potranno cambiare il modo con cui le navi de futuro verranno progettate, costruite e gestite. Il documento preso in esame è uno studio pubblicato due anni orsono dal Lloyd’s Register in collaborazione con l’Università di Spouthampton e di QinetiQ  – Global Marine Technology  Trend 2030.

Le precedenti rivoluzioni industriali (meccanizzazione, elettrificazione e automazione o robotica) hanno sempre causato la dismissione delle precedenti tecnologie e modalità produttive/ organizzative.  Anche la digitalizzazione in questo non sarà differente:  l’aspetto veramente caratterizzante sarà la velocità con cui queste nuove tecnologie verranno implementate e sostituiranno quelle precedenti provocando anche lo sviluppo di nuove modalità operative/gestionali. La scala temporale probabilmente non si misurerà in decenni ma in anni.

La nave del futuro sarà un insieme di macchinari interconnessi  in grado di automonitorarsi con sensori di nuova generazione  e di trasmettere dati in postazione remote accessibili non solo agli armatori o alla compagnia di gestione,  ma anche a tutta una serie di external stakeholders, quali enti di Classifica, di Bandiera, Autorità portuali, Spedizionieri, Charter, OEMs (original equipment makers) a cui verrà concesso l’accesso a determinati dati pe rpoter svolgere remotamente operazioni che oggi richiedono un accesso fisico a bordo.  In generale cambierà il modo in cui gli attori della supply chain del trasporto marittimo interagiranno con smart ship caratterizzata elevata automazione se non addirittura autonoma.

Essa verrà costruita su una base di un design più efficiente,  con nuove modalità costruttive e con uso di nuovi materiali. Si prevede l’installazione a bordo di robot, l’uso di droni e l’adozione di modelli gestionali basati sul concetto di big data analytic: essa consiste nella capacità di determinare tra una enorme quantità di dati disponibili,  quali debbano essere presi in considerazione in quanto in modo diretto o indiretto hanno il potenziale di influire sul mio business o sulla gestione del mio asset. In poche parole si tratta di software che sono in grado con algoritmi di analisi di unire i puntini per definire le linee d’influenza e per ottenere una capacità di gestione predittiva: tra milioni/miliardi di dati,  se  sono in grado dio monitare quelli che veramente influenzeranno ciò che mi interessa sono anche in grado di prevedere certi andamenti e prendere delle decisioni in anticipo, ottenendo così  un enorme vantaggio competitivo.

Il tema della digitalizzazione e della connettività si accompagna a quello di grande attualità della cyber-security: in tutti i workshops o seminari di settore ormai è consuetudine ascoltare una manager di una qualche compagnia di sicurezza informatica cheha come scopo dimostrare come sia facile penetrare il sistema di comunicazione o automazione di una nave a causa di una serie di fattori.  Il conto economico, pari a 300milioni di dollari,  causato dall’attacco informatico recentemente subito da AP Moller Maersk , ci dimostra come il pericolo sia reale e serio e che le nuove tecnologie potrebbero amplificarlo,  se il loro sviluppo non fosse accompagnato da una effettiva implementazione di  sistemi di cyber security.

Infine è stato fatto un accenno al tema delle navi autonome e sul fatto che da qui ai prossimi trent’anni saranno una realtà operativa per il settore: in particolare si è posto l’accento sul tema dell’assenza di normativa (e degli effetti sui codici e convenzioni internazionali vigenti) , sullo sviluppo dell’intelligenza artificiale, sulla nuova definizione di comandante, e  di responsabilità intesa come liability o liability di prodotto applicata al mezzo da trasporto autonomo e sull’affasciante problema dell’ interfaccia uomo/sistema autonomo (human augmented by technology and technology augmented by human).

Sappiamo che in gioco ci sono grandi investimenti sia pubblici che privati:  solo per citare alcune aziende europee,  Rolls&Royce, Wartsila, Kongsberg hanno già da tempo iniziato a sviluppare questi sistemi; in particolare l’ultima azienda, citata in collaborazione con  la Norvegese Yara, sta sviluppando il progetto Yara Birkeland,  ossia una nave da trasporto litoraneo autonoma su tratta breve che dovrebbe iniziare ad operare a partire dal 2020/21. Nonostante l’assenza di normativa internazionale  questo è  stato possibile in quanto si è trovato un accordo con il governo Norvegese e le autorità locali per procedere alla fase operativa che interesserà solo una tratta interna. Anche la laguna di Venezia potrebbe essere il palcoscenico  ideale per lo sviluppo di queste tecnologie se solo ci fosse una volontà convergente tra settore pubblico e impresa privata.