Porti in veste Europea o Porti intercontinentali: la tela di Penelope

Il Porto: notoriamente è il bene pubblico demaniale destinato, specie nell’ultimo decennio, a rafforzare la catena del trasporto e quindi volano dello sviluppo delle reti di infrastrutture interne e retroportuali, creando un nuovo e moderno mercato delle merci e dei traffici, non solo passeggeri, che svolgerà quell’importante ruolo di collegamento tra nazioni, specie se prossimi bacini acquei o vie d’acqua strutturate per i grandi traffici commerciali efficientando, quindi, i servizi portuali tutti.

E’ altresì evidente che le prescrizioni dell’art.lo 18 della legge 84/94 si rivolgono, è appena il caso di ricordare in questa sede, al cd ambito portuale dove le nuove ADSP svolgono la pubblica funzione di controllare e regolare le attività economiche finalizzate ai servizi portuali indicandone, peraltro, specificità e modus in una idea promozionale del porto amministrato.

Quindi ed in sintesi da preambolo, la concessione demaniale è direttamente collegata alla delimitazione spaziale del porto, in quanto lo svolgimento di operazioni portuali, ovvero la gestione di specifiche aree, dipende proprio dalla indicazione della adsp che, essendo il soggetto pubblico preposto, si muoverà come depositaria di servizi/funzioni pubblici da gestire, però, come una azienda.

Porto infrastruttura e porto azienda, porto civile, militari, industriale od commerciale, anima ed agita le menti di molti Presidenti Adsp o componenti dei comitati di gestione: lotta contro il tempo sia in termini di efficientamento della logistica e della retroportualità, che in termini di costi sostenibili ovvero di tariffe. Insomma non facile matrimonio tra norme e procedure pubbliche con tempi e meccanismi aziendalistici, oggi più difficile di ieri a causa delle necessarie nuove rotte internazionali spesso commercialmente aggressive.

Porto europeo quindi? Difficile a dirsi e difficile immaginarsi il da fare, stante le attuali norme con una legislazione tecnico giuridica regolatrice della vita dei porti italiani. È pur vero che la Comunità Europea, intenta a bacchettare le normative italiane affinché siano maggiormente votate alla concorrenza ed alla trasparenza nelle operazioni portuali per aumentarne la competitività, ha spesso parlato del porto come infrastruttura essenziale anticipando un rischio, ovvero la concorrenza fisiologicamente prevedibile, tra porti e scali magari distanti solo poche miglia, per quanto attiene, ad esempio, le imprese portuali.

Questi argomenti hanno fatto avviare importanti studi riconducibili a quattro aspetti incidenti sull’efficienza del funzionamento dei porti: la dogana con l’immaginario propositivo di uno sportello unico doganale, il trasporto ferroviario intermodale con l’indicazione del treno navetta e la cd terminalizzazione avvicinando banchine a stazioni ferroviarie dedicate. Il sistema logistico portuale, eliminando il conflitto dei flussi di traffici veicolati e sollecitando la creazione di aree di snodo nella retroportualità, lasciando ai porti il ruolo di gateway system mediterranei verso la rete trasportistici Europea. Un innalzamento delle forme di comunicazioni informatizzate ai fini della preventiva conoscenza ad opera degli uffici della adsp e dogana, del carico presente in nave per poi azionare una veloce attività portuale di scarico, carico, stoccaggio, imbarco, trasporto, ecc.

Dobbiamo a questo punto, della breve analisi sull’efficientemente dei  porti, porci la domanda del come il sistema italiano possa contrastare quello dei traffici provenienti, ad esempio, dalla Cina che oramai è alle porte e che è  definito come una “preoccupante avanzata commerciale”. Con i dazi che geopoliticamente al momento non disturbano i mercati dell’Europa, il pensiero degli studiosi di sistemi trasportistici veleggia sui rapporti tra oriente ed occidente. Si parla di un grande ed articolato spazio economico Euro Asiatico: direttrice principale dalla Cina all’Europa, passando per la nuova via della seta, direttrice cardine di collegamento tra il continente asitico e l’Europa con i suoi porti Fuzhou, Kuala Lumpur, Giacarta,  Nairobi, Atene, Venezia in simbiosi con la cintura economica della via della seta che traguarda, come noto, il grande porto di Rotterdam.

Non più rapporti e traffici tra i soli Paesi Europei quindi; non solo esercitare la sponda al gruppo dei sedici tra i quali, ricordiamo, Albania, Bosnia, Croazia, Romania, Lituania, Montenegro e Polonia; ma catturare l’insidia commerciale cinese che, pachidermica come appare, potrebbe scardinare alleanze consolidate e presidi portuali vitali per il mar Mediterraneo come, ad esempio, il porto del Pireo molto corteggiato dalla Repubblica Cinese.

Quindi possiamo affermare che l’industria portuale è ad un bivio oggi, ma certamente ancor più lo sarà domani: osare ed esercitare le prerogative della funzione pubblica, specie in materia di rilascio delle concessioni demaniali, in un sistema italiano abbisognevole di riforme sistematiche normative, economiche e gestionali, con il tema della società di capitali, quale forma organizzatoria per affermare le Adsp sui mercati internazionali?

Oppure prendere il coraggio a due mani e, in una proiezione decennale, riorganizzare nel mef, mise, ice con le principali banche internazionali, non solo i porti enti pubblici, ma sopratutto la “cinta” portuale capace di attrarre i massicci investimenti intercontinentali che uniti a quelli europei, in parte già programmati, farebbero del sistema portuale Italiano un trampolino di lancio, ovvero una base logistica articolata per i commerci e per le industrie del futuro e che guardano al futuro non più solo Europeo. Certo, però, che non sia, nell’azione degli attori principali, come la tela di Penelope…a proposito…della Grecia!

 

Teodoro Nigro