La portualità italiana tra il diritto di proprietà e la gestione di sistema: spunti di riforma per una forte e rinnovata azione infrastrutturale e di “maschera” amministrativa

Se immginiamo che la portualità italiana viene, senza l’ombra di smentita, da una lunga stagione caratterizzata da una insufficiente visione di sistema, unitamente ad una incertezza delle risorse economiche di riferimento, accompagnate da farraginosa e oltremodo stringenti procedure amministrative e di controllo che ne hanno rallentato molto l’efficacia e l’investimento macroeconomico, possiamo indicare come l’unica strada maestra risulti quella di una veloce azione di governance attiva capace di mettere in rotta azioni, strutture, commercio, integrazione istituzionale, al fine di evitare gli effetti presenti in alcune circostanze, dello scarrocciamento…

Il rapporto tra pianificazione locale e strategica nazionale, di sistema, ha visto prevalere il primo non sempre adeguato alle performance internazionali e dei corridoi Europei che, come non solo gli addetti ai lavori sanno, attraversano ed attraverseranno l’Italia nei prossimi anni al fine di creare vere autostrade del mare funzionali al grande traffico commerciale via mare è non solo. Un piano regolatore portuale obsoleto, in alcuni casi, è non sistematicizzato con il piano comunale ed il piano triennale delle opere pubbliche sempre portuale che magari, non leggeva le linee e gli indirizzi del Mit.

Quest’ultimo poi tenta negli ultimi due anni di strutturare schemi di priorità di intervento per il tramite di un allegato al Def denominato “connettere l’Italia” volendo accelerare su riforme, visione d’insieme dei trasporti nell’obiettivo di garantire una piena mobilità, non solo nazionale ma sopratutto europea, con una nuova politica infrastrutturale tesa a soddisfare la crescente domanda di mobilità di merci e di passeggeri dei porti italiani divenuti, come noto, 15, peraltro organizzati in sistema portuale. Gli obiettivi sottesi possono ricondursi all’accessibilità del bacino del Mediterraneo, al maggiore aumento della competitività delle aree urbane in cui insiste il porto, alla mobilità sostenibile e si tra ed alla sostenibilità delle

politiche industriali. Le città e le aree metropolitane si candidano ad essere il principale driver delle economie nazionali con lo scopo di attivare efficienti sistemi di trasporto di massa quali metropolitane e tram unitamente ad una mobilità ciclo pedonale. Sostenibilità eco unica e sostenibilità energetica ed ambientale, le parole d’ordine ispiratrici dei piani urbani della mobilità sostenibile, che in altre parole vuole richiamare le due grandi famiglie della cura del ferro e della cura dell’acqua.

Il sistema integrato nazionale dei trasporti verte su una idea di manutenzione rafforzata del patrimonio pubblico demaniale, la digilitazzazione della logistica nei porti italiani e la realizzazione del cosiddetto ultimo miglio ferroviario, che pone in collegamento la ferrovia coi porti che debbono presentarsi ai makers internazionali con waterfront efficienti ed operativi, ovvero se possibile illuminati elettricamente a giorno, duttili nei traffici, veloci nello smaltimento delle merci e dei passeggeri. Le ALI aree logistiche integrate sempre più prossime, le esigenze di coesione tra i traffici interni nazionali e quelli europei, anche alla luce del superamento del dualismo tra porti indicanti la sicurezza nazionale e porti commerciali di merci o di passeggeri: porti si di esclusiva proprietà dello stato e porti in cui la gestione operativa è più democratica che politica di espressione dello stato.

Landlord port in cui l’ente di gestione valorizza e sviluppa l’infrastruttura portuale contro il Tool port in cui l’ente eroga servizi, principali ed accessori passando per il Service port ed il Company port quest’ultimo interamente privatizzato nella gestione.
Le nostre Adsp svolgono sia funzioni pubblicistiche che privatistiche quali la programmazione economica, commerciale e di sviluppo, sociale e lavoristica in ossequio al sistema del landlord port.
Importante è quindi fare accrescere il fare impresa in ambito pubblico, convogliando verso formule imprenditoriali privatistiche al netto delle direttive europee che impongono alle adsp la gestione neutrale del porto con il rilascio delle concessioni ed autorizzazioni tramite procedure ad evidenza pubblica, lasciando ai privati la materiale gestione di servizi ed operazioni portuali.

Oggi, ed a seguito della riforma portuale del 1994 e successive modificazioni, le Adsp pianificano lo spazio portuale e ne regolano il funzionamento. In sintesi Stato ed Enti locali hanno la possibilità, formale, di sviluppare gli scali marittimi  affrontando anche le ottimizzazioni sia sui tragitti che sui costi dei trasporti favorendo protocolli di intesa tra adsp, fs,  mit e società che gestiscono servizi ferroviari e centri logistici; acquistando mezzi a trazione ferroviaria e promuovendo lo sviluppo di opere di grande infrastrutturazione come presenti nei piani operativi triennali oggi coadiuvati da quelli nazionali.

Ed è proprio l’attivita gestoria che rende possibile distinguere i porti con prevalente transhipment collocati sul versante tirrenico ionico, porti di grande rilevanza internazionale come quello di Genova in cui anche l’hinterland svolge un ruolo decisivo per i volumi di traffico, porti di rilevanza locale ed interregionale.
Autostrade del mare e corridoi, quali quelli del mediterraneo, reno alpi, baltico adriatico e scandinavo mediterraneo, sono chiara espressione delle volontà europea di infrastrutturare i commerci cercando di dare competitività e performance al sistema portuale di oggi, ovvero facendo in modo che l’offerta sia qualitativamente elevata sia di servizi che di infrastrutture, sintesi della azione sinergica tra soggetti privati e pubblici. Sinergia tra sub sistemi in cui si collocano i porti operanti come centri logistici nell’atavica lotta con lo spazio, col suo livello di prossimità nello sfruttamento massimo che rende felici le sorti economiche dell’insediamento portuale viceversa molto limitato.

La convenienza economica e l’opportunita di sistema di investire da parte ad esempio del terminalista sull’allargamento di spazi e piazzali portuali meglio risponderebbe alle diversificate esigenze tra il luogo in cui viene assemblato il carico e quello in cui nasce e si sviluppa la filiera della logistica anticipante quella successiva della distribuzione. Facile quindi dedurre che il successo di un porto efficace nelle infrastrutture a servizio, è connesso al vantaggio che produce nel carico e nella movimentazione di merci rispetto ad altre infrastrutture di trasporto e che tale vantaggio è dato dallo sfruttamento efficace delle economie di scala e di scopo quindi del valore aggiunto del porto sistema nella sua articolata complessità quindi specialità.

Porti a sistema equivale a dire regia nazionale prima ed europea dopo per efficientare la carenza di infrastrutture cronica, nei decenni, nei nostri porti oggi, alcuni in sofferenza di identità e di traffici di riferimento.
Le critiche mosse sui nostri porti in termini di lentezza operativa di adattabilità al mutamento dei traffici shipping, avrebbe come causa l’assenza di strategie nazionali da e di sistema ampio ed avvolgente delle problematiche connesse, e ai porti stessi e al territorio ospitante, retroportuali e di riferimento regionale, ma non solo. L’assurdo è che spesso si è  passati da porti a sistema a porti in sistema concorrenziale tra essi stessi, che facile immaginiamo abbiano potuto scardinare quei principi basilari di economia portuale e dei collegati traffici marittimi.

Queste considerazioni di chiara natura organizzativa e gestionale trovano un ulteriore forte e costante freno espansivo nelle autonomie finanziare che le singole Adsp hanno per norma e che le vedono differenti l’una dalle altre e che, evidentemente, vedono atteggiarsi differentemente su argomenti, quali la disciplina del rilascio delle concessioni demaniali unitamente alle regole sui servizi portuali: questi ultimi tengono conto nella loro determinazione delle volontà e della adsp e della autorità marittima diversificandosi da porto a porto e dandone una valenza economica di costi fissi o variabili.
Apparirebbe maturo, quindi, un nuovo percorso di riforma delle Adsp non solo nell’ambito dei compiti delle Governance ma in special modo nel profilare un testo unico normativo maggiormente consono a colmare crepe normative e regolamentari, specie se connesse a svariate pronunzia di organi giurisprudenziali attivi, non solo nella materia marittima ma anche nella branca del diritto internazionale ed internazionale privato.

Se poi caliamo la recente e pur già criticata riforma sul nuovo codice dei contratti pubblici dlgs 50 del 2016 facilmente ne scorgiamo parti espressamente dedicate alle infrastrutture od ad insediamenti prioritari anche portuali con un inasprimento delle forme di controllo ispettivo specie per appalti e servizi di svariati milioni di euro tipico campo da gioco delle azioni delle Adsp, ancor più con l’introduzione del rating di legalità per quelle imprese che fatturano un minimo di due milioni di euro. Tutto quanto sopra va ad unirsi alla macchinosità del diritto amministrativo, civile, commerciale e  marittimo che trasversalmente vengono attraversati dalle normative che sottendono la gestione dei porti richiedendono oggi la individuazione in una raccolta del tipo testo unico.

Una delle fasi più delicate della aggiudicazione degli appalti, è quella della preventiva procedura, che pur seguendo i principi del buon andamento e di imparzialità, si atteggia in svariate ipotesi tipizzate dagli articoli 59 e seguenti del d lgs 50. In particolare, segnalo come una parte della legge sui contratti pubblici è destinata ai settori speciali ovvero speciali proprio per l’attivita svolta e non per il soggetto che bandisce la gara…, di rilevanza comunitaria tra i quali ricordo gas ed energia, servizi di trasporto e porti. Situazioni speciali perché i soggetti pubblici o concessionari di servizi pubblici godono di particolari posizione di vantaggio a discapito dell’alterazione concorrenziale che ne deriva imponendo la procedura di evidenza pubblica.

Circostanze in cui la normativa del 50/2016  ribadisce il principio della applicabilità della disciplina del settore speciale ai lavori, forniture e servizi direttamente funzionali all’attività di settore abbandonando le distinzioni su base soggettiva.
La disciplina speciale si fonda, quindi, sulla rilevanza e particolarità propria della attività del soggetto che bandisce la gara. In questa linea normativa va letto il contenuto dell’articolo 119 del d lgs 50/2016 ove cita i porti marittimi od interni e di altri terminali di trasporto sempre marittimo e fluviale.

Appare di particolare rilievo innovativo tra le procedure di scelta del contraente sia l’istituto del dialogo competitivo che quello del partenariato della innovazione sempre in tema di contratti pubblici.
Il primo se pur straordinario può essere utilizzato per appalti molto complessi meditando tra la procedura ristretta e quella negoziata; si avvia un dialogo con alcuni operatori selezionati ed invitati per individuare i mezzi più idonei a soddisfare le esigenze dell’ente proponente. Vi è  una vera e propria azione di dialogo negoziato tra la stazione appaltante ed i proponenti in una maggiore libertà di forme e contenuti fermo restando i criteri di aggiudicazione prefissati nel bando di gara.

La seconda è un modulo procedimentale del tutto nuovo consente di sviluppare e successivamente approvare ed acquisire servizi, prodotti o lavori altamente innovativi che non possono essere reperiti sul mercato esistente. Il documento di gara stabilirà il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa preliminarmente.
Maschere amministrative: forse se immaginiamo l’alto rischio amministrativo che simili procedure calzanti nel mondo innovativo dei porti italiani portano con sé pur in chiave meramente ipotetica per i dirigenti operanti con le strutture burocratiche.

Maschere dalle quali non si riuscirà a distogliere lo sguardo alla luce dei nuovi e stringenti controlli ispettivi che vengono espressamente citati nel nuovo codice degli appalti pubblici, a tal punto da immaginare un possibile non utilizzo o segmentazione di iniziative relative agli investimenti strutturali ed infrastrtturali.
In conclusione le galline dalle uova d’oro che fiabescamente possono assimilare le Adsp nell’immaginario sia temico economico nazionale e non, hanno davanti a se scelte infrastrtturali decisive per il futuro sviluppo stabilendone le priorità. Una codificazione delle tariffe portuali, anche alla luce dei porti europei sviluppandone le relazioni internazionali e gli studi di settore di quei porti specializzati. Una reale applicazione di agevolazioni fiscali, non solo doganali e non solo riferite alle avviarie ZES che favorisca l’integrazione logistica tra territori con la consequenziale evoluzione della retroportualità anche da sistema.

Lo sviluppo delle relazioni internazionali e delle infrastrutture è, e sempre sarà l’indice di salute economica di un Paese dove il numero e la tipologia dei porti, se pur a sistema, soffre quello concorrenziale dei vicini bacini anche di differenti ma contigui Continenti pur essendo molto chiara la positiva impalcatura dei medesimi nostri porti. Sicuramente auspicabile é  un dettagliato snellimento amministrativo al quale potrà seguire una nuova formula di controlli, non solo ispettivi ma coerenti con le nuove fattispecie giuridiche che le Adsp potrebbero assumere, in un nuovo ed affascinante rapporto tra soggetti pubblici e privati specie nel settore degli investimenti di medio e lungo periodo tra i quali primeggiano proprio le infrastrutture.

Teodoro Nigro