La delimitazione di zone nel demanio marittimo. Occasione di sviluppo del “fronte marino”

Oggi più che mai, complice il perversare nel continente europeo, ma non solo, di una devastante pandemia che di fatto ed allo stato ha immobilizzato le dinamiche tutte di una vita freneticamente orientata al profitto ed al miglioramento delle  performance, siano esse individuali o collettive, funzionali o gestionali, si evidenzia  la necessità di ottimizzare la fase irrinunciabile della rapida ripresa che, nel caso de quo, riguarda prevalentemente i traffici marittimi e quindi lo sviluppo, nelle città portuali, di modelli di logistica quanto mai sostenibili e veloci ed  attuabili in progress.

Com’è ben noto agli addetti ai lavori, il termine “sostenibilità” é complementare a quello di “logistica portuale”; il primo spinge e sprona verso percorsi di sviluppo portuali dinamici e forti di principi green, ovvero di un sistema imprenditoriale e di gestione di spazi demaniali  a forte contenuto ecologico, possibilmente in equilibrio con quello tradizionale, ma capace di evitarne squilibri e perturbazioni quanto mai pericolosi, ancor più in questi mesi sottoposti ad attacco pandemico diffuso.

Il porto – oggi più di ieri – volano dell’economia nazionale, specie in una prospettiva medio tempora di concreto rilancio, seguendo le best practice preferenziali ed atipiche, non solo nella collocazione temporale,  vista l’occasione di matrice sanitaria per cui si tratta, sarebbe auspicabile spingerlo verso un nuovo modello di intersecazione funzionale, logistica e produttiva tra città e porto, capace di riqualificarne pregi e virtù urbanistiche. Questo permetterebbe di realizzare un unico obiettivo, quello di ricercare una relazione più funzionale tra spazi pubblici o aperti al pubblico, usi e scenari articolati e funzionali propri del mare.

In questo modo si avrebbero traffici marittimi di flussi merceologici al fine di garantire uno sviluppo economico oggi necessario di efficientamento e di rilanci. Una prospettiva da e per il porto di performance sostenibili sia in termini di soggetti attivi, sia di quelli passivi, ovvero gestionali  da parte dei sistemi dei porti, oggi collocati sotto autorevoli poteri manageriali delle Autorità portuali italiane di sistema. Ed è proprio su quest’argomento, gli spazi portuali orientati alla loro sostenibilità, che si vuole richiamare un argomento sostanzialmente da impostazione didattica qual è quello riconducibile all’articolo 32 del Codice della Navigazione riguardante la “delimitazione di zone del demanio marittimo”. Il porto – nella sua accezione più estesa e ampia – può subire nel tempo modifiche spaziali che se dal punto di vista dello studio, qui affrontato, possono trascurarsi se riguardano i fondali o specifiche opere in calcestruzzo.

Differentemente ci interessano nei casi in cui porti marittimi, fluviali, lagunari, di estuario o di canali subiscano a seguito anche di fenomeni atmosferici modifiche spaziali, tali da rideterminarne i confini ancor più per le motivazioni collegabili all’uso sicuro e all’approdo certo e in sicurezza per le imbarcazioni, nonché per nuove ipotesi di infrastrutturazione ecosostenibile finalizzata allo sviluppo di nuovi traffici, come sopra accennato brevemente. Inoltre, può necessitare che rappresentanti di Amministrazioni pubbliche debbano giungere a una nuova dividente demaniale al fine di ridefinire spazi o ambiti portuali posti al servizio di differenti usi pubblici e in tal senso portatori di complesse vicende di potenziale conflitto da sovrapposizione. In questo quadro va letto il dettato dell’articolo 32 del Codice della Navigazione all’ interno del titolo II riguardante dei beni pubblici destinati alla navigazione.

Quindi  sgombriamo subito il campo dalle spesso citate similitudini tra la logica giuridica, presente nell’ articolo 32, e l’azione civilistica cd di regolamento di confini rientrante nel titolo delle azioni poste a difesa della proprietà ex articolo 950 C. C.. In quest’ ultimo caso,  si intende adeguare il fatto accaduto cioè il confine al diritto, ovvero alla estensione della proprietà in base al titolo e quindi l’azione di regolamento dei confini ha carattere ricognitivo. Differente, invece, il ragionamento ex articolo 32 C. N.  allorquando indica come esistente il confine  e non si ha alcuna vindicatio delle parti – ricordiamo prevalentemente soggetti pubblici e soggetti privati – ma sorge la necessità di riportare a certezza demanialità il confine nel rispetto delle norme navigazioniste, traguardando con tale operazione la certa individuazione della fascia destinata agli usi pubblici marittimi nella migliore delle ipotesi di ampliare l’estensione del demanio marittimo.

Quindi una azione amministrativa vincolata e procedimentalizzata  delle Autorità Marittime che vuole individuare non tanto l’esatta posizione dei confini, bensì quale fascia di terreno  servente ai pubblici usi del mare che per parte della dottrina e della giurisprudenza vorrebbe significare  anche tracciare l’esatto confine demaniale  senza fare uso di poteri pubblici autoritativi,  ma solo  quelli accertativi opposti a quelli ablatori. D’altro canto ed ancora nella similitudine con l’azione prevista dal Codice della Navigazione,  la giurisprudenza coglie l’ulteriore differenza che insiste tra l’azione di apposizione dei termini e quella testé citata di regolamento di confini – che sta nel fatto – che la seconda avviene  quando i confini sono mancanti e non ben visibili mentre la prima, il regolamento, si applica quando i confini sono certi ma non visibili mancando i segni esterni di riconoscimento e di delimitazione marcatamente ad effetto di natura personale incidendo unitamente all’ azione negatoria sui diritti assoluti e reali di godimento quali quelli ad esempio dell’affittuario.

Pertanto, con un’impostazione accertata condensata nell’attività amministrativa delimitativa delle zone di demanio marittimo, il Codice della Navigazione agisce con poteri vincolati, privi di discrezionalità amministrativa, permanendo la posizione giuridica del proprietario in termini di diritto soggettivo; consentendo, nel caso di tutela giurisdizionale sulla contestata demanialità del bene, il Codice ordinario; nel mentre sarà del giudice amministrativo la competenza ratio materiae nel caso di contestazione di un vizio istruttorio procedimentale o motivazionale del provvedimento  amministrativo medesimo delimitativo.

Infine e per completezza, esemplificando, la consolidata giurisprudenza a sezioni unite ha sancito che spetta al giudice ordinario la giurisdizione su domande di accertamento dei confini tra un terreno privato e aree demaniali o comunque di proprietà pubblica avendo tali domande per petitum la verifica dell’esistenza, l’ estensione di un diritto soggettivo ovvero quello di proprietà  del privato attore in contrapposizione al diritto di proprietà dello Stato o di altro ente pubblico demaniale, convenuto.

Lo stesso Collegio poi evidenzia il ruolo del Direttore Marittimo e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in tema di provvedimenti dirimente il disaccordo tra interessi confliggenti nel caso in cui si agisca in via di autotutela amministrativa sottolineando come l’atto amministrativo di cui l’articolo 32 C.N. non potrà mai avere carattere costitutivo e modificato di diritti reali, dovendosi limitare ad accertare l’estensione del demanio marittimo con i limiti con la continente area privata. Altrettanto fondamentale è il ruolo del Ministero dell’Economia e delle Finanze con l’Agenzia del Demanio per tutte quelle vicende e contestazioni procedimentali riguardanti lo sviluppo del confronto in sede amministrativa. In sintesi, l’incertezza oggettiva che rende scarsamente percepibile il limite della linea confinaria tra i beni privati e quelli demaniali marittimi pone il Capo del Compartimento Marittimo nelle condizioni di attivare d’ufficio la procedura atta all’accertamento dell’ esatto confine.

Tutto quanto sopra evidenziato andrebbe calato nella nuova disciplina politicamente normata nei d.lgs. 169/2016 e 232/2017; quest’ultimo capace di aver introdotto due documenti nobili per l’azione di cambiamento anche di approccio culturale del rapporto città-porto. In altre parole, il Documento di Pianificazione Strategica di Sistema (DPSS) e il Documento di Pianificazione Energetica Ambientale di Sistema Portuale (DPEASP), sono entrambi di vero rilancio dello sviluppo compatibile dell’area portuale. Tali documenti articolati e complessi, ricchi di contenuti innovativi tecnologici, devono fare i conti con evidenti e vetusti problemi di delimitazione di aree demaniali, non fosse altro per le notevoli novità che i contenuti stessi dei due documenti impattano sull’esistente – oggi più evidente di ieri – a causa di forza maggiore del blocco dei traffici e di non facile riavvio operativo.

Dialogo forzato, quindi, Ente locale, AdSP e rimodellazione degli ambiti portuali e dei confini, proprio per soddisfare esigenze d’infrastrutturazione portuale, sono carenti in molti casi attuali o comunque non ecosostenibili. Ricerca di nuove formule energetiche da porre a disposizione dei porti e delle stesse imbarcazioni dovrà essere declinata con concetti nuovi di spazio e di utilizzo per l’uso del mare e della navigazione sicura; dovrà passare per una riconversione e fruizione innovativa di molte aree interessanti non solo il pubblico, ma anche il privato.

Si pensi a nuove dorsali stradali e ferroviarie, a nuove barriere doganali con nuovi varchi interattivi ed informatizzati, nuovi lungomare cittadini pedonali, piazzali per l’interscambio, cantieristica e servizi, nuove colmate a scopo multiplo, nuove attività commerciali di servizio, acquisizione di aree private nelle demaniali portuali per valorizzarle ancor più con interventi di mobilità sostenibile. In conclusione, una pandemia che sta terrorizzando la mobilità di ogni tipo intercontinentale, incidendo strutturalmente sulle basi economiche delle nazioni che nei traffici marittimi hanno una componente elevata del proprio PIL, deve essere più che mai l’occasione per snellire i procedimenti di delimitazione della zona demaniale  – visto l’argomento qui trattato ma non solo evidentemente…. – favorendo rapidissimi processi di modifica spaziale e strutturale.

Il tutto in ossequio proprio ai recenti contenuti programmatici normativi al fine di rilanciare i porti e le loro attività commerciali e di traffico marittimo che non potranno attendere i tempi della burocrazia, allorquando abbiamo assistito ad una spallata senza paragone che sta rallentando ogni processo innovativo del quale, viceversa, va data la giusta lettura di rivoluzione portuale almeno dal punto di vista dei nuovi assetti logistico funzionali portuali. D altro canto, si pensi a quante vicende di delimitazione di zone marittime siano state intraprese dalle AdSP nell’ultimo anno e con quali termini di durata del procedimento ove conclusosi. Certamente altro sarà, da oggi in poi, l’approccio sistemico.

Teodoro Nigro