Autorità di Sistema Portuale: aiuti di stato e tassazione. Rotta di collisione con la UE o vigenza del diritto interno

L’argomento, aiuti di Stato e “omessa tassazione” dei porti italiani, merita più di un approfondimento a causa dell’importante azione formale della Commissione Europea che nei recenti mesi ha inteso “bacchettare” lo Stato Italiano nella misura in cui dissente e non concorda con gli aiuti economici, finanziamenti pubblici qui intesi, riversati sulle Adsp sempre dallo Stato e con l’assenza di tassazione fiscale al pari delle società di capitali. Com’è facilmente deducibile la problematica emersa in sede Comunitaria non solo é  complessa,  ma é  anche molto articolata, stante la peculiarità della veste giuridica  in cui  le Autorità di Sistema portuali  rivestono per legge nei nostri ordinamenti di diritto interno.

Ma andiamo per ordine.

In Italia, prescindendo dalle recenti norme organizzatorie ed organizzatrici di dettaglio, lo Stato é  per legge e quindi anche per dettati codicistici, proprietario delle infrastrutture portuali costituite da beni demaniali inalienabili. Lo Stato poi sempre per legge ha, in un rapporto organico e funzionale, individuato nelle Adsp l’ente pubblico non economico che ha compiti di amministrazione, di regolamentazione e di funzionamento proprio dei beni portuali statali cioè soggetti al regime del demanio marittimo e pubblico.

Quindi sono sempre le Adsp, a tutti gli effetti, anche delle fiscalità, non assoggettabili ai redditi di una società di capitali che ha come oggetto sociale lo svolgimento di attività d’impresa. Non solo. Le stesse Adsp, sottolineo, per legge sono soggette al controllo del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti unitamente al MEF ed alla Corte dei Conti per gli aspetti relativi ai conti ed al bilancio. Nulla di diverso, quindi, di un ente pubblico soggetto peraltro ai principi ed alle norme  del diritto amministrativo nella parte sostanziale ed in quella processuale.

E che non possa parlarsi di ente pubblico  economico, cioè che svolge attività economica, appare chiaro dal divieto sempre legiferato in questo caso dalla legge madre sui porti n.84 del 1994 e successive integrazioni e modificazioni, di partecipare direttamente od indirettamente alle operazioni portuali ed ai servizi tecnico nautici né ad altri servizi ancillari al ciclo produttivo del porto. Insomma, un ente pubblico non economico, si é detto, i cui trasferimenti di denaro sotto forma di finanziamenti servono solo al miglioramento delle infrastrutture che sono di proprietà dello Stato per l’appunto.

E qui uno degli aspetti di criticità posti in evidenza dalla CE allorquando contesta all’Italia le misure a sostegno finanziario concesse con risorse pubbliche capaci di attribuire o contribuire ad attribuire, un vantaggio economico a talune imprese portuali o della cantieristica portuale incidendo quindi sulla concorrenza contrastando, questi finanziamenti,  con l’impianto normativo dell’Unione Europea.

Contestato altresì, come già accennato, l’esenzione ingiustificata dalle imposte sulle società di capitali che falsa o falserebbe  le condizioni di concorrenza leale di mercato. Detta così gli enti pubblici non economici-le Adsp per l’appunto- assicurano nell’esclusivo interesse pubblico l’accesso in regime di concorrenza e in trasparenza, ai servizi portuali e alle operazioni portuali di cui si è  fatto cenno prima ed allorquando si effettuano dallo Stato alle Adsp trasferimenti per investimenti pubblici  per le infrastrutture, questi sono meri  trasferimenti di denaro tra Enti pubblici di rango differente.

D’altro canto, sarebbe di difficile percezione e accoglimento l’idea che le Adsp svolgano attività d ‘impresa nella “sola” gestione dei beni demaniali parte dei quali sottoposti al regime concessorio. Questi non hanno mercato e quindi non sono posti tra di essi, peraltro censiti, in concorrenza . Né possiamo accettare l’”equazione europea” che una risorsa scarsa come il demanio portuale possa essere paragonata a un corrispettivo economico tassabile del tipo del contratto di affitto in quanto di converso la prima é  frutto di un procedimento amministrativo discrezionale finalizzato alla cura dell’ interesse pubblico  correlato al mare,  nel mentre il secondo ha la veste giuridica di un vero negozio giuridico .

Molti autorevoli esponenti del mondo della governance portuale e del mondo del diritto stanno disquisendo su tali spunti ed argomenti che, appare chiaro, debbono trovare una soluzione centralizzata e Governativa non essendoci, a mio modo di vedere, strade percorribili con successo normativo di altra  natura.

Si è avanzato, con ragguardevole interesse per taluni, il modello della “Società per azioni” in mano pubblica, quindi di diritto pubblico, al pari di alcuni esempi già presenti sul nostro territorio come nei trasporti su ferro.

Sicuramente l ‘idea può affascinare e dare facili letture attuative  per l’aspetto ed i  rilievi mossi dalla Comunità Europea. Ma è  possibile ipotizzare il voler dissentire da tale cornice e veste giuridica per i motivi che qui di seguito si vorrà porre in sintesi estrema.

La ‘società di capitali Spa’ é  usata per gestire attività economiche e finanziarie che richiedono grossi investimenti . L’ Adsp per i motivi su esposti non afferisce .

La ‘società di capitali Spa’, quindi per azioni, vede il capitale suddiviso in azioni dal valore nominale e di mercato e vede la autonomia patrimoniale. L’Adsp non avrebbe neanche astrattamente tali caratteristiche per norma di legge.

La ‘società per azioni’, ancora, é soggetta alle procedure fallimentari. L’Adsp no perché, allo stato, è ente pubblico non economico.

La ‘società per azioni’ ha organi sociali ben definiti dal codice civile. L’Adsp, di converso, per legge ha organi del tutto differenti per ruolo, funzione e composizione.

La ‘società per azioni’, infine, ha una tassazione ad hoc prevista dalle norme tributarie vigenti. Come visto, l’Adsp non ha tale obbligo non gestendo operazioni economiche e basate sul massimo profitto commerciale da libero mercato.

Tralasciamo in questa sede le ulteriori peculiarità  applicabili nella figura dell’Amministratore Delegato, dei consiglieri di amministrazione con le ricadute sulle specifiche responsabilità a loro attribuibili nella gestione del patrimonio della spa, nonché delle svariate norme tributarie applicabili alle società di capitali.

Una circostanza é  certa a questo punto: la Commissione Europea, in riferimento al trattato sul funzionamento art. lo 107, ha chiesto allo Stato Italiano di tassare le attività economiche dei porti e quindi il loro reddito;  ribadendo altresì il divieto di aiuti intesi come di Stato alle imprese portuali, utilizzando poi una linea di pensiero con interpretazione analogica con altri enti pubblici, ma anche  mutuando aspetti e figure presenti in altri Stati della Comunità Europea sempre per quanto attiene i porti.

Certamente si può dissentire dalle valutazioni della Commissione che, é appena il caso di supporre, andrebbero contestate muovendo dalla vigenza del diritto interno.

La logica sottesa al richiamo della CE è la libera concorrenza, quella commerciale e imprenditoriale per intenderci. Difficile che tale principio alberghi in Italia nelle sue Adsp a meno che non si ipotizzi un maremoto normativo con onde distruttive di buona parte del diritto commerciale e privato senza dimenticare  la legislazione portuale specifica e le norme del diritto i internazionale pubblico e privato in quanto applicabili. Inoltre, vogliamo immaginare un nuovo modello giuridico tra le Adsp?  Bene, ma queste non sono tra di loro in concorrenza come ente pubblico longa manus dello Stato sul territorio nazionale. È evidente che per il loro normato compito istituzionale non si chiede questo né mai potrà essere.

Quindi forzeremmo la mano e le norme interne conclamate e consolidate e peraltro apprezzate nel mondo per completezza e dettaglio codicistico, nel pretendere di assecondare la Commissione strumentalmente, parlando della tassazione o degli aiuti simulati da finanziamenti ad obiettivo.

D’altro canto, se di modifiche normative o legislative bisogna parlare, bisogna prima immaginarsi una nuova veste che non indicherei nelle società per azioni od in generale di capitali, bensì guarderei con interesse ad una nuova formula gestionale della Adsp riconducibile a nuovi poteri in capo ai Presidenti  (non Commissari si sottolinea).

Poteri specifici, con fonte normativa speciale e innovativa rispetto alle attuali se pur recenti, per uniformare l’azione potestativa e autoritativa, quindi amministrativa e pubblica, delle Adsp verso l’efficienza del funzionamento dei porti che regolamentano l’uso dei beni demaniali a favore dei traffici marittimi.

Distonico è nel mondo dei diritto interno e domestico omologarsi ad ipotesi che snaturano la veste pubblica delle Adsp. Meglio  sarebbe legiferare  e raccogliere in un testo unico la materia che per importanza ed attrattività non è  seconda ad altre, magari creando fattispecie giuridiche che mutuando da più parti e branche  del diritto interno, ne traccino una veste moderna, ma che mai debba abdicare al lodevole ed unico ruolo di sovrintendere ai beni demaniali pubblici per l’appunto patrimonio di tutti e quindi patrimonio unico e specialistico nei fini da perseguire, dallo e dello Stato .

Difficile, infine, immaginare una nuova  configurazione giuridica dei sistemi portuali e delle loro Autorità di Sistema. Bisogna salvaguardarne la natura giuridica e l’essenza stricto iure.
Meglio fornire una lettura sistematica delle norme innovando e tipizzandone alcune proprio sugli aspetti erariali e della tassazione magari incidendo nelle pieghe dei bilanci pubblici. Ma nulla di più si osserva .

Meglio dare maggiore e sistematico impulso a una visione complessiva della portualità su scala nazionale che poi coincide col compito principale di controllo e d’indirizzo del Ministero dei Trasporti, proprio in funzione della mission che le Adsp hanno nell’economia del mare e dei trasporti.

Altre scelte apparirebbero di fatto e di diritto, traditrici delle  norme sostanziali previgenti .

In sintesi non preoccupiamoci se la rotta è di collisione con le determinazioni della Commissione Europea, ma tuteliamo il ragionamento giuridico, peraltro normato e patrimonio certo della dottrina e di buona parte della giurisprudenza, che ha ispirato le vigenti norme interne atte al funzionamento delle Adsp immaginando solo un intervento legislativo interno a tema e di cornice, affinché si snellisca l ‘azione operativa dei Presidenti magari attuandone con maggiore velocità, le linee di indirizzo operative.

Altro non servirà. Né mai si vorrà abdicare ai poteri potestivi, autoritativi e di polizia nel mentre si lascia ad altre realtà europee la ghiotta, a sentire alcuni, immagine di futuri azionisti dei porti.
Ma questa é  un’altra storia ….. !

Teodoro Nigro