Il PD difende le Compagnie portuali e propone il “portuale 4.0”

Roma. Con la legge 84/94 le Compagnie portuali italiane hanno subito una trasformazione nelle norme di offerta del lavoro portuale a bordo nave e lungo le banchine portuali. Molte volte, in questi ultimi anni, si è parlato di queste istituzioni – le Compagnie portuali – come sovrastrutture di un porto all’insegna di inefficienza di prestazioni lavorative al punto da proporne l’estinzione a fronte di una forte innovazione che lo shipping sta attraversando: dalle grandi navi alle movimentazioni automatizzate delle merci su piazzali e banchine, alla identificazione dei container e il loro imbarco/sbarco su/da bordo nave.

Trasformazioni delle funzioni portuali in atto e mi riferisco alla ‘logistica’marittima/portuale, che sta mettendo in crisi il cd ‘lavoro’ portuale. Infatti, la logistica marittimo/portuale sta subendo una forte integrazione da nave – bordo nave e verso ‘terra’- da parte delle global carrier che a tutti i costi desiderano controllare l’intera supply chain senza intermediari sul lavoro da piazzale e nei terminal. Matteo Bianchi, Responsabile nazionale Dipartimento Economia del Mare del Partito Democratico, in una nota afferma: “Il Fondo Nuove Competenze, ora in fase di rinnovo, può essere un parziale avvio, adeguatamente adattato, per un programma più complessivo e mirato che sostenga la creazione di nuove competenze, faccia evolvere quelle consolidate, supporti l’ammodernamento dei parco mezzi”.

Per il PD difendere il lavoro, in quest’ottica, è prima di tutto dotarlo degli strumenti affinché si possa difendere da solo, rendersi indispensabile nel ciclo delle operazioni portuali, in virtù della sua organizzazione, della sua efficienza, della sua specializzazione. A ridurre ulteriormente i margini di tollerabilità di inefficienze ancora presenti, ci sono le due grandi transizioni che investono il nostro mondo, continua Bianchi, : “… quella digitale e quella ambientale. Rivoluzioni del modo di lavorare, di produrre e anche di pensare, che sono già in corso, che avranno effetti positivi per tantissimi aspetti, ma che ancora una volta rischiano di avere conseguenze sociali indirette molto pesanti per i lavoratori, se non saranno governate.”.

Il Partito Democratico lancia la sfida sul lavoro portuale a prepararsi a competere sulle nuove sfide, accentando un programma di formazione e si specializzazione – senza aspettare la cd. chiamata al lavoro-. Lo stesso vale per i lavoratori portuali delle imprese terminalisti e dei servizi tecnico-nautici – afferma Matteo Bianchi – sfide che dovranno essere supportate quando si scelgono di scommettere sul capitale umano, sulla formazione dei lavoratori. “È nell’interesse non solo dei lavoratori coinvolti, ma del Paese in genere, difendere i posti di lavoro, lo sviluppo e la ricchezza che si creano nei porti italiani, impedendo che diventino soltanto ingombranti luoghi di passaggio di merci, senza ricadute occupazionali e sociali positive per le città e la nazionale che li ospita.”. Questo il must del PD che propone un Programma nazionale di formazione digitale continua dei lavoratori, che professionalizzi il “portuale 4.0”.

Il Fondo Nuove Competenze può sostenere la creazione di nuove competenze, faccia evolvere quelle consolidate, supportare l’ammodernamento dei parco mezzi. Sostanzialmente, occorre riqualificare e formare le persone, innovare i processi della gestione, alzare gli standard di sicurezza, preparare il lavoratore all’era dei porti 5G, dell’Internet of Things, costruire dei Piani dell’Organico Porto coerenti tra loro nazionalmente e fortemente spinti sulla formazione e sull’innovazione più che sugli aspetti ricognitivi. “ Sarebbe un errore – finisce Bianchi – considerare gli investimenti necessari in ambito portuale e logistico solo in termini d’infrastrutture, ignorando l’altrettanto necessaria esigenza di costruire imprese nazionali forti e investire continuamente nel capitale umano come elemento di attrattività.”. Per il PD, la situazione di crisi che stiamo vivendo impone di programmare la ripartenza, visto che i cambiamenti sono inevitabili, ed il futuro non viene da solo.

Abele Carruezzo

Nota: L’obiettivo dello strumento – Fondo Nuove Competenze – istituito dall’art.88 del Decreto Rilancio è quello di “Innalzare il livello del capitale umano nel mercato del lavoro offrendo ai lavoratori l’opportunità di acquisire nuove o maggiori competenze e di dotarsi di strumenti utili per adattarsi alle nuove condizioni del mercato del lavoro, sostenendo le imprese nel processo di adeguamento ai nuovi modelli organizzativi e produttivi determinati dall’emergenza epidemiologica da Covid 19”.

Destinatari del FNC sono tutti i datori di lavoro del settore privato, requisito essenziale per presentare domanda è aver stipulato accordi collettivi di rimodulazione dell’orario di lavoro per “mutate esigenze organizzative e produttive dell’impresa ai sensi dell’articolo 88, comma 1, del richiamato decreto legge 10 maggio n. 34, stabilendo che parte dell’orario di lavoro sia finalizzato alla realizzazione di appositi percorsi di sviluppo delle competenze del lavoratore”. Il Fondo istituito con una dotazione iniziale di 230 milioni di euro a valere sul Programma Operativo Nazionale SPAO 2014-2020, è stato rifinanziato (ma anche potenziato) dal decreto Agosto, con ulteriori 200 milioni di euro per l’anno 2020 e ulteriori 300 milioni di euro per l’anno 2021.