Pubblicato l’indice di performance 2020 di un porto container

Washington. Spesso si parla di traffico container da incoraggiare nelle varie modalità di trasporto e si crede che tutti i porti possono adempiere a tale funzione. Così si afferma in vari consessi, sicuramente non tecnici, che un porto, pur avendo infrastrutture e posizione geografica favorevole, sia in grado di soddisfare la domanda di carico/scarico di container. Ma quali sono oggi le caratteristiche primarie per poter candidare un bacino portuale come ‘port container’? Qualcuno potrebbe avanzare le peculiarità naturali di un bacino portuale con grandi fondali, presenza di un aeroporto, di una ferrovia e grandi aree per diventare un hub container! Diciamo subito che queste sono ‘parole’ – di un sogno che all’alba svanisce – se non sono espresse nelle loro funzioni operative.

L’economia marittima moderna non declina più tali peculiarità in chiave logistica. Infatti, i fondali adeguati per ormeggiare le portacontainer, di ultima generazione, devono essere uniformi in specchi acquei ampi (per la manovra) e soprattutto lungo le banchine; oggi si parla di fondali di almeno -18 metri sul livello medio dei mari (l.m.m.) per garantire la safety e security minime e giuste, alle navi, al carico e alla sua movimentazione in banchina. Ancora, per un porto, avere fondali sui -10 o -12 metri, si può considerare competitivo solo per alcuni segmenti di flussi merceologici e non certo per la logistica dei container e fra non molto tali fondali potranno compromettere anche il traffico ro-ro delle c.d. ‘autostrade del mare’.
Ne parliamo perché nei giorni scorsi, è stato pubblicato, per gli addetti ai lavori, l’ultimo rapporto tecnico sull’indice globale 2020 della performance dei porti container.

Questo lavoro è stato prodotto dalla Banca Mondiale, insieme ai contributi esterni della Divisione Maritime & Trade della Società di Consulenza IHS Markit. I trasporti sono fondamentali per la missione della Banca Mondiale di porre fine alla povertà e promuovere la prosperità condivisa. HS Markit è leader mondiale in informazioni critiche, analisi e soluzioni per i principali settori e mercati che guidano le economie di tutto il mondo. IHS Markit, con sede a Londra, ha più di 50.000 clienti aziendali e governativi, tra cui l’80% di Fortune Global 500 e le principali istituzioni finanziarie del mondo. Il rapporto della Banca Mondiale e IHS Markit evidenzia grandi divari in termini di efficienza tra i principali porti container del mondo e soprattutto documenta una valutazione comparabile delle prestazioni di un porto container.


La pandemia Covid-19 ha evidenziato il ruolo importante che i porti e le loro catene logistiche associate hanno esplicitato nell’economia globale. Hanno garantito la continuità aziendale e migliorato la resilienza dei port-gateway marittimi: porti che hanno operato da nodi cruciali nel sistema globale e nella logistica hanno mantenuto le catene di approvvigionamento e salvaguardato lavoro e occupazione. Con i porti funzionanti si è garantito forniture mediche e alimentari vitali, prodotti agricoli, flussi di energia e altri beni e servizi essenziali per facilitare la vita economica di un paese. Tali interazioni hanno compreso operazioni di movimentazione del carico, i servizi relativi alle navi e trasferimenti da/verso modalità terrestri per importazioni ed esportazioni.


Il trasporto marittimo, sappiamo, processa oltre l’80% delle merci globali, con volumi commerciali importanti e qualsiasi impedimento o attrito nel porto (vedasi anche Canale di Suez, caso Even Given) avrà ripercussioni tangibili per i rispettivi hinterland e popolazioni. A lungo andare, un porto inefficiente si tradurrà in una crescita economica più lenta, minore occupazione e maggiori costi per importatori ed esportatori. Il settore marittimo offre la modalità di trasporto più economico, efficiente dal punto di vista energetico e affidabile su lunghe distanze.

Per affrontare le nuove sfide e migliorare le prestazioni di un porto occorre un affidabile, coerente e base comparabile su cui confrontare le prestazioni operative tra porti diversi. “Non basta avere gli occhi blu per essere bello”. L’introduzione di nuove tecnologie, una maggiore digitalizzazione e la volontà, da parte degli operatori, a lavorare insieme per migliorare i livelli di performance portuale, ha portato a misurare capacità e prestazione in maniera standard e di qualità per il sistema portuale stesso. La relazione tecnica, di presentazione del Container Port Performance Index (CPPI 2020), realizzato dalla Transport Global Practice della Banca Mondiale, in collaborazione con IHS Markit, chiarisce le modalità per classificare un porto, con metodo statistico e con quello amministrativo, in una scala mondiale.

Il CPPI (Container Port Performance Index) serve come punto di riferimento per i principali attori dell’economia globale, compresi i governi nazionali, le autorità e gli operatori portuali, le agenzie di sviluppo, le organizzazioni sovranazionali, i vari interessi marittimi e altri stakeholder privati ​​nel commercio, nella logistica e nei servizi della catena di approvvigionamento. Il CPPI ha lo scopo di identificare lacune e opportunità per migliorare e, auspicabilmente, stimolare un dialogo tra le principali parti interessate e portare avanti una programmazione di sviluppo portuale.
Ora una parte significativa del commercio globale è trasportato da container e lo sviluppo della ‘unitizzazione’ delle merci ha portato a grandi cambiamenti nel ‘dove e come’ le merci vengono fabbricate e lavorate, un processo in evoluzione che non si è ancora fermato.

Il CPPI 2020 è stato sviluppato sulla base del ‘port time’ di una nave a caricare/scaricare i container; sono stati utilizzati i dati dei primi sei mesi del 2020 (30 giugno), includendo i porti che hanno avuto, entro l’anno precedente un minimo di 10 scali validi. Il CCPI 2020 è stato costruito sulla base di due diversi approcci metodologici: quello amministrativo che riflette la conoscenza e il giudizio di esperti e l’approccio statistico, che utilizza l’analisi fattoriale (FA); cioè l’analisi che descrive le variabili osservate in funzione di fattori minimi relativi al ‘port time’.

L’analisi ha considerato tre principali variabili d’input: la somma della lunghezza di tutti gli ormeggi per container e multiuso nel porto, l’area totale del terminal container del porto e la capacità combinata delle gru, comprese le gru a portale ship-to-shore (STS) e qualsiasi capacità di sollevamento mobile nel porto con una capacità di oltre 15 tonnellate. Inoltre, sono state definite diverse variabili ambientali per garantire altri fattori contestuali. Questi includevano una variabile fittizia se c’è almeno un terminal gestito privatamente, una variabile fittizia se il porto ha accesso ferroviario, e un indice di connettività; è stata inclusa anche una tendenza temporale per riflettere l’effetto del cambiamento tecnologico delle strutture portuali.


I porti e i terminal container possono spesso essere fonti di ritardo nelle spedizioni, con interruzioni della catena di approvvigionamento, con costi aggiuntivi e ridotta competitività. I porti con prestazioni scadenti sono caratterizzati da limitazioni nella loro efficienza operativa; limitazioni in ambito marittimo, come gli accessi in manovra e ormeggi, come pure scarso coordinamento con gli enti territoriali, creano inaffidabilità. Un rendimento scadente può anche avere un impatto ben oltre l’entroterra di un porto: i servizi di trasporto di container sono operati su orari fissi con turn a round della nave in ciascuno dei porti di scalo, sulla rotta pianificata entro il tempo assegnato.


Ogni scalo container è stato suddiviso in sei fasi distinte. Il termine ‘total port time’ è definito come il tempo totale trascorso tra il momento in cui una nave raggiunge un porto (o i limiti del porto, zona di pilotaggio o zona di ancoraggio) a quando parte dall’ormeggio, dopo aver completato la sua sostituzione del carico. Il tempo trascorso dalla partenza dall’ormeggio alla partenza dai limiti del porto è deliberatamente escluso. La giustificazione per l’esclusione è nelle prestazioni relative ai ritardi nella partenza, come pilota o disponibilità rimorchiatore; prontezza della squadra di ormeggiatori; accesso al canale e fondali e pescaggi.

La classifica dei porti evidenziati nel rapporto della Banca Mondiale.
I porti container asiatici sono i più efficienti al mondo, dominando i primi 50 posti secondo il nuovo indice globale di prestazioni dei porti per container (CPPI). I porti del Medio Oriente e della regione del Nord Africa, come il porto di King Abdullah, Salalah in Oman (classificato 6 ° e 9 ° rispettivamente); porto di Khalifa in Abu Dhabi (classificato 26 ° e 22 ° rispettivamente) e Tanger Med (classificato rispettivamente al 27 ° e 15 ° posto).

Algeciras è il porto con un punteggio più alto d’Europa (classificato 10 ° e 32 ° rispettivamente), seguito da Aarhus (classificato 44 ° e 43 ° rispettivamente). Colombo è il primo porto dell’Asia meridionale (classificato 17 ° e 33 ° rispettivamente). Lazaro Cardenas primo in America Latina (classificato rispettivamente 25 ° e 23 °); Halifax è il rimo porto del Nord America (classificato 39 ° e 25 ° rispettivamente). Nessun porto nell’Africa sub-sahariana (SSA) è classificato a livello mondiale nei primi 50 porti container. Le due posizioni in classifica, per uno stesso porto, riguardano il metodo applicato, cioè l’approccio statistico e quello amministrativo.

Per quanto ritarda l’Italia in particolare, si sottolinea la buona prestazione del porto di Bari del Sistema portuale del Mare Adriatico Meridionale.
Nel Global Ranking of Container Ports, abbiamo: Approccio statistico: Gioia Tauro 142 (-0,344), Napoli 150 (-0,280), Palermo 172 (-0,125), Salerno 174 (-0,080), Civitavecchia 175 (-0,072), Ravenna 179 (-0,025), Catania 180 (-0,021), Ancona 193 ( 0,067), Bari 201 (0,167), Trieste 212. (0,241), La Spezia 241 (0,548), Livorno 251 (0,658), Venezia 274 (1,042), Savona Vado 310 (1,897), Genova 321 (2,420).


Mentre Approccio amministrativo: Salerno 168 (3), Ravenna 176 (2), Civitavecchia 181 (1), Palermo 182 (1), Ancona 183 (0), Catania 190 (0), Bari 203 (-2), Napoli 207 (-2), Gioia Tauro 212 (-4), Trieste 264 (-16), La Spezia 289 (-24), Livorno 290 (-24), Venezia 295 (-27), Genova 331 (-74).
The CPPI 2020: Global Ranking of Container Ports
Approccio statistico: Gioia Tauro 142 (-0,344), Napoli 150 (-0,280), Palermo 172 (-0,125), Salerno 174 (-0,080), Civitavecchia 175 (-0, 072), Ravenna 179 (-0,025), Catania 180 (-0,021), Ancona 193 (0,067), Bari 201 (0,167), Trieste 212 (0,241), La Spezia 241 (0,548), Livorno 251 (0,658), Venezia 274 (1,042), Savona Vado 310 (1,897), Genova 321 (2,420).


Approccio amministrativo: Salerno 168 (3), Ravenna 176 (2), Civitavecchia 181 (1), Palermo 182 (1), Ancona 183 (0), Catania 190 (0), Bari 203 (-2), Napoli 207 (-2), Gioia Tauro 212 (-4), Trieste 264 (-16), La Spezia 289 (-24), Livorno 290 ( -24), Venezia 295 (-27), Savona Vado 314 (-40), Genova 331 (-74).
Dando dei pesi per tipologia di navi/portata espressa in Teu; il set di dati contiene le seguenti cinque categorie di dimensioni della nave: a. feeder: < 1.500 Teu; b. Intraregionale: 1.500 -5.000 Teu; c. Intermedio: 5.000 –8.500 Teu; d. Neo-Panamax: 8.500 –13.500 Teu; e. Porta container di grandi dimensioni: > 13.500 Teu.

Osservazioni: Lo sviluppo di infrastrutture portuali per container di alta qualità ed efficienti è un fattore chiave per strategie di crescita di successo guidate dalle esportazioni sia nei paesi in via di sviluppo che in quelli sviluppati. Porti efficienti garantiscono anche la continuità operativa e migliorano la resilienza dei port – gateway marittimi come nodi cruciali del sistema logistico globale. Le operazioni portuali inefficienti hanno un impatto molto diretto sugli approvvigionamenti in tutto il paese e sulle loro popolazioni.

Le principali metriche sulle prestazioni dei porti, come i minuti per spostamento di container, mostrano grandi discrepanze nell’efficienza portuale globale, con i migliori performer come Yokohama che impiegano in media solo 1,1 minuti per caricare o scaricare un container in uno scalo portuale standard, mentre la media per carichi di lavoro equivalenti nei porti africani è più di tre volte, cioè 3,6 minuti. Il Container Port Performance Index si basa sulle ore portuali totali per scalo di una nave, definito come il tempo trascorso tra il momento in cui una nave raggiunge un porto e la sua partenza dall’ormeggio, dopo aver completato la sua sostituzione del carico.

Il punteggio può essere negativo, dove un porto si confronta male con la media in una dimensione di scalo e per una categoria di dimensioni della nave stessa. Infine, giusto per non creare confusione, un ‘port hub’ è definito come un porto che è scalato dalle navi portacontainer ‘madri’ (ocean ship), costituito da fondali grandi e funge da centro di trasbordo per le aree periferiche più piccole, o feeder, cioè altri porti ubicati nella sua regione geografica. Dai dati evidenziati, per il Sistema portuale del Mare Adriatico Meridionale si potrebbe puntare alla funzione feeder, in attesa di adeguare capacità dei porti alle nuove esigenze della transizione tecnologica ed ecologica.


Con le giuste politiche e risorse, i trasporti hanno il potere di spingere le economie, aiutare a far fronte ai cambiamenti climatici e connettere le persone a servizi essenziali come l’assistenza sanitaria o l’istruzione. Per sfruttare appieno il potenziale della mobilità sostenibile, la Banca Mondiale sta aiutando i paesi clienti a sviluppare infrastrutture e servizi di trasporto sicuri, verdi, efficienti e inclusivi.

Abele Carruezzo