Ripartiamo da Viareggio: non solo un mare in rosa, ma il mare tutto al centro del Paese

Viareggio. “E’ vero ci siamo dimenticati del mare, degli Istituti Nautici, del Diritto della Navigazione del ministero della Marina Mercantile dell’Ipsema (Istituto di Previdenza per il settore marittimo)” – “Dobbiamo rimettere il mare al centro del Paese” questo è il messaggio unitario lanciato da Confitarma, USCLAC insieme Cluster marittimo industriale”.

L’appello lanciato dal Direttore di Confitarma, Luca Sisto, è da seguire per rimarcare, ancora una volta, l’importanza dei ‘nautes’ per un Paese immerso in un mare così importante, quale il Mediterraneo. Infatti, Sisto dichiara: “Senza le navi moriremmo di fame e di freddo, perchè non rimettere al centro del Paese questo settore?”

“Un mare in rosa – Il lavoro femminile nello shipping e nella nautica, criticità e opportunità” è stato il tema del convegno svoltosi a Viareggio, l’altro ieri, e organizzato dal sindacato dei lavoratori marittimi USCLAC-UNCDIM-SMACD (Unione Sindacale Capitani Lungo Corso al Comando – Unione Nazionale Capitani Direttori di Macchina e Stato Maggiore Abilitato al Comando o alla Direzione di Macchina); convegno moderato da Lucia Nappi, direttore Corriere marittimo.

Già, il Consiglio dell’IMO (Organizzazione Marittima Internazionale delle Nazioni Unite) ne aveva rilevata l’importanza di onorare le donne che lavorano nel comparto marittimo e di reclutarne un numero sempre maggiore, decretando la giornata internazionale dedicata alle donne marittime (18 maggio di ogni anno) come un passo molto importante per la ‘parità di genere’ all’interno della shipping industry. 
Anche Assoporti, con il ‘Patto per la Parità di Genere’, accordo sancito con il Ministro Enrico Giovannini, ha preso impegni per evidenziare le criticità e/o opportunità della presenza femminile nel mondo dello shipping, con l’iniziativa ‘Italian Port Days’.

Ritornando al convegno di Viareggio, possiamo affermare la sensibilità/appello che nutre Confitarma – Confederazione Italiana Armatori – riguardo tale tema, testimoniata dalla presenza del direttore generale della Confederazione, Luca Sisto, e dalla responsabile ‘servizio politica dei trasporti’ e segretario del Gruppo Giovani Armatori, Esther Marchetti.

Due sono i fattori che hanno impoverito la nostra ‘capacità marittima’: la scarsa conoscenza del settore marittimo operata negli ultimi vent’anni, e la de-marittimizzazione degli Istituti Nautici a favore di una ‘logistica’ che ciecamente non riconosce che il processo del trasporto marittimo è realizzato da navi che vanno comandate e non solo condotte. Luca Sisto, a ragione, afferma: “si dimentica che il nostro è un paese marittimo e si trascurano tutte le carriere del mare e in particolare l’occupazione femminile a bordo delle nostre navi” sottolineando che “essere un paese di 8.000 kilometri di coste non basta: dobbiamo avere una politica marittima”.

“Riconoscere il l lavoro marittimo come usurante – ha affermato il presidente di USCLAC, Comandante Claudio Tomei – nell’intervento di apertura. “Tra le battaglie storiche combattute per i lavoratori della Marina Mercantile, sconcerta constatare che, ancora oggi, chi passa 24 ore su una nave per mesi, con ogni condizione meteo, lontano da casa, non sia considerato degno di una tutela maggiore da parte dello Stato. Mentre altre categorie lo hanno già ottenuto e da parecchio”.

Concordiamo con il direttore Sisto che il Mediterraneo ospita transiti merceologici pari al 20 % del traffico globale. L’Italia ne intercetta, con i suoi porti, solo il 40% e non ha un’efficace politica marittima per sostenere l’industria dello shipping, soprattutto in questa fase di transizione energetica verso la decarbonizzazione.

Passi decisivi sulle relazioni sindacali per il personale imbarcato sono stati compiuti, rinnovando il contratto collettivo nazionale di lavoro del settore marittimo firmato nel dicembre 2020 – come ha affermato Esther Marchetti -.

“Per la prima volta sono state inserite tutele riguardanti gravidanza e maternità, a integrazione della normativa generale, e il diritto di ogni marittimo a lavorare, addestrarsi e vivere in un ambiente privo di molestie e bullismo di carattere sessuale, razziale o di altra specie”. Ha ricordato che “uomini e donne imbarcati su navi che operano all’estero non possono votare; nonostante proposte depositate in Parlamento in tal senso ad oggi questo diritto è palesemente negato. I Giovani Armatori di Confitarma hanno posto da tempo questo tema al centro della loro azione”.

“Far crescere la flotta nazionale – ha concluso Luca Sisto – è volano di sviluppo nazionale e di occupazione femminile e maschile, dobbiamo concentrarci su di un cambiamento epocale che è l’estensione dei benefici del Registro Internazionale e del “Tonnage tax” alle altre bandiere europee, ma dobbiamo rafforzare anche la bandiera nazionale che è l’industria che potrà aumentare i numeri dell’occupazione. Già fino ad ora la bandiera italiana, pur essendo sesta in Europa, è quella che imbarca più marittimi comunitari e soprattutto italiani è questo un vanto e la dimostrazione dell’attenzione dell’armatore nei confronti dell’equipaggio, asset fondamentale della sua impresa”.

Osservazioni

Siamo certi che un Istituto Tecnico Nautico rappresenti un asset importante per la nostra Nazione?


Gli Istituti Tecnico Nautici riguardano i nautes, partendo dal diploma di Allievo Aspirante al Comando di Navi Mercantili e di Allievo Aspirante alla Direzione di Macchine Marine; allievi che raggiungeranno il titolo di Capitano di Lungo Corso e di Direttore di Macchina. Mentre gli Istituti Tecnico per i Trasporti e per la Logistica esprimono solo dei conduttori del mezzo e di una macchina. Oserei dire termini terrestri che implicano una navigazione controllata fatta sui viali (le strade ferrate e non).


La de-marittimizzazione degli Istituti Tecnico Nautici inizia con l’allineamento dell’Italia agli standard internazionali, (STCW’72/92), generando confusione; alterando programmi di studio fondamentali e assoggettandoli all’Economia non marittima, ma delle società marittime e a una Logistica che non sa di mare. Non si parla più di ‘allievo’, ma si rincorrono i marittimi a rispondere a nuove normative e continui certificazioni per imbarcare.

Sul versante delle classi d’insegnamento di materie professionali, il MIUR approva un decreto che creerà conseguenze drammatiche sia sui laureati triennali e magistrali di Scienze Nautiche e Aeronautiche e sia sui diplomati dagli Istituti dei Trasporti e Logistica (ex diplomati Nautici). Con questo decreto, si sostituisce il titolo di Aspirante Capitano di Lungo Corso con il diploma dei Trasporti e Logistica, che i possessori, unitamente ad una laurea scientifica, potranno insegnare materie professionali nautiche. Poi mi direte quanta didattica professionale marittima ha un laureato in Matematica o in Fisica, con tutto il rispetto per queste lauree, nell’istruire uno studente degli ex Nautici.

Nel 2016, l’amico Comandante Nicola Silenti, contrammiraglio (CP)r, scriveva: “C’era una volta il capitano di lungo corso. Molto più di un titolo: un simbolo, un onore”. La sua riflessione è stata ripresa e riproposta da varie testate online e rilanciata da molti lettori.

Il 16 febbraio 2021 in forma di lettera – appello- ci ricorda Silenti- è stata inviata al Ministro delle infrastrutture e mobilità sostenibili Enrico Giovannini e al Viceministro Teresa Bellanova.


Risultato: il più roboante dei silenzi. “Per quanto ci si sforzi di sottolineare la centralità del cluster marittimo nell’economia italiana è ogni giorno più forte il sospetto che l’argomento “mare” continui a essere un vero e proprio tabù per troppa gente, specie tra quella che conta o che finge di contare. Di che stupirci: siamo in Italia, la patria del parlare parole. Eppure, incapaci di desistere, ci ostiniamo ad augurare a noi stessi che possa nascere un giorno chi avrà l’ardire di mettere mano all’articolo 123 del Codice della Navigazione, ponendo finalmente rimedio all’infame cancellazione del titolo di Capitano di lungo corso. E tanti di noi, quel giorno, ritroveranno la pace”.

Noi crediamo che ri-partendo da Viareggio si possa riprendere il discorso sulla differenza di un ‘titolo professionale’ diversamente da una abilitazione e da una qualifica a bordo di una nave.


E’ vero che la professione del comandante di una nave, come pure quella di direttore di macchina, sta cambiando seguendo l’evoluzione dello shipping 4.0. Dal ‘saper fare’ ‘punti-nave’, e ‘saper essere’ un nauta che ‘cammina sulle acque’ alla gestione degli itinerari e dei corridoi delle safety seaway operate da un vessel control system di una compagnia o da un’Autorità. Come, per il direttore di macchina, dal produrre, distribuire e controllare un’energia a bordo di una nave ad una engine control room delle funzioni su diverse fonti energetiche sia in mare che in porto; oltre all’evoluzione normativa in corso in tema si sicurezza in mare e salvaguardia dell’ambiente marino.

E’ inutile lamentare che vi è carenza di lavoratori marittimi italiani riguardante alcune importanti qualifiche di bordo e, in particolare ufficiali di coperta e ufficiali di macchina, se per anni non abbiamo imbarcato allievi; in più si registra anche un forte squilibrio tra le due professioni con la prevalenza di ufficiali di coperta.

Partendo da Viareggio, con Confitarma diciamo da subito che gli Istituti Tecnico Nautici vanno ri-fondati e avviare specifici progetti d’informazione e orientamento, sin dalle scuole medie e nei primi anni degli ex Istituti Nautici per una nuova generazione di nautes.

Abele Carruezzo