Appello del Comandante Lubrano della “S.Caylyn”

Ricordate della motonave “Savina Caylyn” della Compagnia napoletana Fratelli D’Amato? Sono passati 121 giorni (quattro mesi), forse troppo pochi per una diplomazia burocrate.

Hanno scritto a tutti i quotidiani importanti, ma senza esito. Il direttore di macchina della nave, Antonio Verrecchia, racconta: “I pirati sono convinti che a bordo vi siano delle scorte di gasolio di riserva nascoste; non mi credono perciò mi torturano; ed ogni giorno questa è la mia dose di pirateria che mi spetta”.

Quattro mesi di prigionia che va avanti in questo modo ed il comandante Giuseppe Lubrano Lavadera continua: “Viviamo una disperazione rassegnata, perché ormai siamo rassegnati alla nostra sorte, anche se abbiamo paura di morire e questo pensiero ci assilla, ci distrugge l’animo e la mente ogni attimo della giornata“.

A bordo, oggi 10 giugno 2011, si trovano il comandante, il direttore di macchina e indiani di equipaggio, mentre gli altri tre italiani sono stati portati a terra giorni addietro in una zona desertica,  si presume. L’ultimo messaggio del comandante Lubrano risale al 24 maggio scorso e poi “buio” nelle comunicazioni dalla nave, dalla compagnia e dalla Farnesina: “A centoventuno giorni dalla cattura non riusciamo ancora a scorgere uno spiraglio di luce che indichi la fine di un incubo.

Siamo ancora vivi, ma allo stremo delle nostre forze fisiche e mentali. La sera ci addormentiamo in preghiera non sapendo se la mattina saremo ancora vivi. Vi chiediamo pietà e aiuto per dei poveri fratelli sfortunati. Siamo caduti involontariamente in questa tragedia, non abbiamo commesso alcun crimine, non meritiamo questa sorte…Siamo cittadini italiani come voi.

Sapete, ieri i pirati somali hanno litigato tra loro perché non arriva il riscatto e c’è stata una sparatoria a bordo. Uno dei pirati è rimasto ferito e ha avuto una forte emorragia. Lo abbiamo soccorso e medicato, ora sta meglio. Nessun altro è stato colpito, ma da quel momento l’equipaggio è nel panico. Potrebbe succedere anche a qualcuno di noi.

Le umiliazioni che siamo costretti a subire aumentano di giorno in giorno – continua il comandante – Siamo costretti a fare tutto davanti ai pirati, non abbiamo alcuna privacy e c’è sempre un fucile puntato addosso. Il gasolio sta per finire e resteremo al buio, non potremo fronteggiare nessuna emergenza e certo non ci sono scorte nascoste. Dunque chissà cosa ci aspetta. Non solo. Ci sono i venti monsonici e rischiamo di collidere con le altre tre navi sequestrate che si trovano a poca distanza.

Con una inevitabile perdita di vite umane. Per tutto questo aiutateci, siete la nostra sola speranza”. E’ inutile qualsiasi commento. Come ex consigliere nazionale dell’Apostolatus Maris, ho riferito per un intervento di degno rispetto per gli uomini di bordo tutti e per le loro famiglie. Ed ancora, dal 21 aprile scorso, non si hanno più notizie degli altri 6 marittimi italiani membri dell’equipaggio della motonave italiana “Rosalia D’Amato”; della nave e degli uomini non si hanno notizie.

Venuto a conoscenza di queste circostanze, il presidente dell’Italia dei valori, Antonio Di Pietro si è detto molto preoccupato per le modalità con cui il governo italiano sta gestendo la trattativa. Ha espresso la sua totale vicinanza alle famiglie degli uomini tenuti prigionieri ed ha annunciato che a breve presenterà un’interrogazione parlamentare al ministro degli Esteri, Franco Frattini per avere spiegazioni sull’intera vicenda.

Abele Carruezzo