Europa, grande impegno sui combustibili alternativi

commissione europea

Il vero target della transizione energetica è la decarbonizzazione, a prescindere dalla tecnologia utilizzata; oltre ad avere pesanti ricadute sul piano economico e sociale per l’Italia, si spera che non significhi de-industrializzazione

Bruxelles. La mobilità e i trasporti sono essenziali per tutti quelli che vivono in Europa e per l’economia europea nel suo complesso. La libera circolazione di persone e merci attraverso le frontiere interne dell’Unione europea è una libertà fondamentale dell’UE e del suo mercato unico.

La mobilità apporta numerosi benefici socio-economici al pubblico e alle imprese d’Europa, ma determina anche sempre maggiori ripercussioni sull’ambiente, compreso l’aumento delle emissioni di gas a effetto serra e dell’inquinamento atmosferico locale, che incide sulla salute e sul benessere delle persone.

La direttiva 2014/94/UE sulla realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi definisce un quadro di misure comuni per la realizzazione di tale infrastruttura nell’UE. Impone agli Stati membri di istituire quadri strategici nazionali per creare mercati per i combustibili alternativi e assicurare la disponibilità di un numero adeguato di punti di ricarica e di rifornimento accessibili al pubblico, in particolare anche per consentire la libera circolazione transfrontaliera di veicoli e navi a carburante alternativo sulla rete TEN-T.

Nella sua recente relazione sull’applicazione della direttiva 2014/94/UE sulla realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi, la Commissione ha riscontrato alcuni progressi nell’attuazione della direttiva. Tuttavia anche le carenze dell’attuale quadro strategico sono chiaramente visibili: non esistendo una metodologia dettagliata e vincolante per gli Stati membri per il calcolo degli obiettivi e per l’adozione di misure, il loro livello di ambizione nella definizione degli obiettivi e nelle politiche di sostegno esistenti varia notevolmente. La relazione conclude che non esiste a livello di UE una rete completa e globale di infrastrutture per i combustibili alternativi.

La Corte dei conti europea ha pubblicato una relazione speciale che definisce irrealistici gli obiettivi stabiliti dalla Commissione europea per aumentare l’uso della ferrovia e delle vie navigabili interne per il trasporto di merci entro il 2030 e il 2050.

La relazione evidenzia che, nonostante l’UE abbia investito oltre 1,1 miliardi di euro in progetti d’intermodalità tra il 2014 e il 2020, il trasporto su strada continua a prevalere, rappresentando circa il 77% del trasporto merci nell’UE. La relazione rileva anche che ci sono ostacoli normativi e infrastrutturali che impediscono al trasporto intermodale delle merci di competere con il trasporto su strada.

La relazione della Corte dei conti europea rileva che l’Italia ha percentuali di puntualità relativamente basse per le tratte ferroviarie internazionali e quelle interne, rispettivamente del 41% e del 54%. Inoltre, l’Italia ha un livello di affidabilità del trasporto merci interno via treno del 70%, che è inferiore a quello dei Paesi Bassi (78%), della Polonia (90%), della Francia (96%), della Spagna (98%) e della Germania (100%).

La relazione fa riferimento anche al porto di Trieste, che ha ricevuto finanziamenti dall’UE per l’ammodernamento dell’infrastruttura ferroviaria. Tuttavia, la relazione indica che il progetto ha subito ritardi a causa della mancata collaborazione tra l’Autorità Portuale e il gestore dell’infrastruttura ferroviaria nazionale.

Intanto, in Europa, non sarà più un problema ricaricare i veicoli elettrici.
L’Unione europea ha raggiunto un accordo con la Germania per l’uso degli e-fuel per le automobili dopo il 2035 e l’Italia resta dunque più isolata nella sua difesa dei biocarburanti.

La scorsa notte, è stata raggiunta una prima intesa tra Consiglio e Parlamento europeo. Entro il 2026 lungo le principali arterie europee (i corridoi Ten -T) dovranno essere installate stazioni di rifornimento per le auto elettriche ogni 60 chilometri. Margini più ampi per i veicoli pesanti, per cui la previsione è, infatti, di una stazione ogni 120 chilometri entro il 2028. Per le stazioni di rifornimento dedicate ai veicoli a idrogeno, gli impianti di distribuzione dovranno invece essere installati ogni 200 chilometri entro il 2031.

Saranno i singoli paesi europei a presentare piani per raggiungere gli obiettivi fissati dall’Unione. Sarà però possibile prevedere eccezioni per le zone meno trafficate o più difficili, come isole o zone svantaggiate. Dopo l’intesa preliminare appena raggiunta la proposta passa ora all’esame degli ambasciatori dei 27, poi del Consiglio e della Commissione trasporti, infine della plenaria dell’Europarlamento. L’iter, insomma, è solo all’inizio.

L’Italia fa bene a insistere con la Commissione europea sulla necessità di un approccio ‘technology neutral’, chiedendo di salvaguardare il futuro dei motori termici, utilizzando tutti i carburanti di fonte rinnovabile, sia sintetici sia biologici. La necessità è ancor più impellente nell’attesa di un’analoga regolazione sui target di emissione della CO2 per gli ‘heavy duty’, i veicoli commerciali medio-pesanti e autobus, dove il bio-LNG appare sempre più come l’unica soluzione tecnologica percorribile per sostituire il gasolio in modo sostenibile.

Abele Carruezzo