ROMA – Prima Salerno, Napoli, Savona, Trieste, Taranto, poi Livorno e a seguire Ravenna. Oramai i convegni che si propongono come studio/riflessione sulla nuova riforma della portualità italiana sono molti. Forse tutto ciò vuole significare quanto entusiasmo abbia creato fra gli operatori portuali e della logistica la riforma Delrio/Madia. Così, il convegno di Livorno sul decreto del Ministro Madia, promosso dal Livorno Port Center, ha messo in chiaro alcune considerazioni che sempre più sono in contrasto con le aspettative dei vari operatori portuali nazionali.
“Riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazioni delle Autorità Portuali” è stato il titolo del seminario di studio. Come dire che il vero sviluppo della portualità italiana dovrà passare attraverso la semplificazione delle AP; e per “fare” alla “Renzi” occorre prima razionalizzare e quindi riorganizzare le troppe autorità portuali italiane.
Il provvedimento legislativo prevede l’istituzione di 15 Autorità Portuali di Sistema (AdSP) al posto delle 24 autorità portuali esistenti; un Comitato di gestione in sostituzione dei Comitati Portuali, un presidente con mandato quadriennale e con maggiori e nuovi poteri rispetto agli attuali presidenti di AP; nominato dal ministro sentito i governatori di Regione; un tavolo di partenariato della risorsa mare per il quale la corsa alle nomination è già iniziata, e che andrà a sostituire le attuali Commissioni consultive; Uffici territoriali al posto delle AP nei porti non sedi di Autorità di Sistema; un tavolo nazionale per coordinare, armonizzare le AdSP per le scelte strategiche nazionali in ogni ambito legato alla portualità e la logistica, quali politiche concessorie del demanio marittimo, investimenti infrastrutturali, pianificazione urbanistica, marketing e promozione dell’Italia portuale sui mercati internazionali.
Un primo aspetto che il seminario ha messo in luce è quello sulla governance portuale: se la legge 84/94 applicava una specie “particolare” di federalismo istituzionale, con il provvedimento legislativo Madia si va verso una centralizzazione ministeriale dei poteri di coordinamento delle AP (forse un nuovo ministero della Marina Mercantile?). E’ una governance del tipo pubblicista in quanto di fatto i comitati di gestione sono composti esclusivamente da rappresentanti delle istituzioni.
Qui si innesta il pensiero “Delrio”: togliere alle province per dare alle regioni; quindi uffici territoriali senza poteri per dare alle AdSP le cui strategie portuali e logistiche vanno discusse a Roma. Il criterio è sempre quello e cioè che il “piccolo” non è di qualità, mentre il “grande” è efficiente ed efficace. Infatti, nella “buona scuola” i piccoli istituti d’istruzione, centri d’integrazione territoriale, vanno accorpati ai grandi; nella sanità, piccoli ospedali diventano presidi di assistenza territoriale ed inglobati nei grandi policlinici; nella portualità piccoli porti accorpati ai grandi.
Non si conosce poi chi stabilisce la “grandezza” di un porto rispetto ad un altro e chi ha proposto il teorema (tutto da verificare) che per avere qualità occorre concentrare le risorse umane, finanziarie ed economiche? Si potevano condividere per la realizzazione delle AdSP i criteri Ue dei corridoi della rete TEN-T senza contrapporre territori e porti in forte competizione; con questi criteri contano più i flussi merceologici e la mobilità di merci e/o persone e non certo le nomination ex legis (art 4 84/94) per i porti capoluoghi di regione. Non si comprende ancora l’assenza nella riforma Delrio/Madia del retroterra portuale come gli interporti e i retroporti.
Ci conforta che mentre in alcune realtà portuali si discute cercando di risolvere le criticità di questa riforma, in altre realtà, invece, detta riforma è già in vigore: si aspetta la nuova pianta organica delle AP senza approvare quella ministeriale, il nuovo regolamento per le concessioni demaniali che ancora rimane bloccato a Bruxelles ed altri provvedimenti che bloccano il vero sviluppo di un porto.
Abele Carruezzo