Ue: Autorità portuali italiane trasformate in s. p. a.

Bruxelles. Sono anni che la Commissione Europea è convinta che l’Italia operi una concorrenza sleale tramite i c.d. “aiuti di Stato” in ambito portuale, evitando di imporre imposte e questo non riguarda solo i porti italiani.

Iter. Tutto è iniziato lo scorso 8 gennaio, quando la Commissione Ue ufficialmente ha invitato l’Italia e la Spagna ad adottare un regime fiscale per i loro porti; bisognava uniformarsi alla direttiva europea decisa nel 2013. La prima fase riguarda un semplice invito allo Stato membro dell’Ue per allinearsi alle regole sugli aiuti di Stato; la Commissione ne valuta le rimostranze dello Stato e ne studia le misure da adottare per un’altra indagine più approfondita, prima di applicare l’avvio di una procedura d’infrazione.

Ora ci troviamo in questa fase: l’Italia ha preso tempo, ma non intende applicare le misure richieste dall’Ue, perché i porti commerciali italiani sono gestiti da un ente pubblico che non fa profitto. Infatti, tra il 1994 e il 2016, i porti italiani sono stati gestiti da “autorità portuali”, per poi passare alla gestione delle “autorità di sistema portuale”che amministrano più porti. Il presidente dell’AdSP è incaricato dal Ministero dei Trasporti su voto consultivo (e non vincolante) delle Commissioni parlamentari. Le AdSP sono estensioni dello Stato e difficilmente potranno essere convertite in aziende, salvo modifiche legislative complesse.

Oggi. Intanto, per la prima volta, le misure proposte a gennaio scorso dalla Commissione Ue sono state esaminate in via ufficiale dal Governo nella Conferenza delle AdSP presieduta dal Ministro De Micheli, stabilendo la strategia per il proseguimento della trattativa e per evitare le procedure d’infrazione.

UE. La Commissaria europea alla Concorrenza, Margrethe Vestager, afferma che i porti italiani (quelli spagnoli nel frattempo saranno soggetti a regolamenti fiscali promessi dal nuovo Governo), hanno una doppia attività: il lavoro delle autorità portuali e uno specifico economico. Quello delle AP è prettamente amministrativo, di gestori de demanio pubblico; mentre il lato economico è quello concernente la riscossione dei canoni demaniali, cioè l’affitto delle banchine alle imprese private per cui si percepiscono entrate da tassare. La strategia Ue è la seguente: se un porto non scorpora le attività pubbliche da quelle commerciali, adottando un regime fiscale autonomo, la Commissione non può pianificare in maniera uniforme lo sviluppo del settore, né avere una politica dei trasporti europea efficace, perché ci sarà sempre un Governo che si avvantaggerà su di un altro, creando distorsioni di mercato.

Osservazione. I porti che si affacciano sul Mediterraneo sono, geograficamente e strutturalmente, controllati dallo Stato,  diversamente da quelli del North range europeo, tranne il Pireo, unico caso di scalo privatizzato e venduto dalla Grecia nel 2016 al gruppo armatoriale controllato dalla Cina. Con questo non si vuole a tutti i costi contrariare lo sviluppo legislativo europeo, ma il rischio di perdere in capacità portuale esiste. Trasformare in società private le AdSP, anche se partecipate pubblicamente, i porti italiani più in difficoltà potrebbero attirare capitali stranieri per ottenere liquidità, indebolendo, di fatto, la strategia economico-marittima di uno Stato come l’Italia disteso nel Mediterraneo.

Bruxelles. Nel frattempo, una delegazione dell’ANCIP (Associazione delle Compagnie Imprese Portuali), accompagnata dall’europarlamentare PD Seriglio, martedì e mercoledì scorsi, ha incontrato istituzioni e funzionari delle Commissioni che trattano i temi della portualità. E’ stato rimarcato che i porti italiani sono governati da AdSP, quali Enti pubblici non economici a ordinamento speciale; amministrano per conto dello Stato il demanio marittimo e svolgono funzioni di controllo della disciplina e di regolamenti portuali, oltre al governo e della programmazione, sviluppo dei porti di sistema.

L’iniziativa ha inteso rafforzare l’azione di confronto del MIT e in particolare del Ministro De Micheli con la Commissione Ue. Forse si arriverà a una trasformazione guidata delle AdSP in aziende speciali, con qualche norma aggiuntiva (comma undici dell’art.6, L.84/94), evitando alle autorità stesse la partecipazione in società che si occupano di logistica e intermodalità. Questo sarà sufficiente per evitare la procedura d’infrazione da parte dell’Ue?

 

Abele Carruezzo