LA DECARBONIZZAZIONE DEI TRASPORTI MARITTIMI: IL CONVEGNO DELL’INTERNATIONAL PROPELLER CLUB PORT OF BRINDISI AND SALENTO

Gli obiettivi internazionali di riduzione dell’inquinamento stanno imprimendo grossi cambiamenti in tutti i settori dell’economia. Anche il settore dei trasporti marittimi è interessato da questo fenomeno e, difatti, i sistemi portuali stanno lentamente mutando la propria fisionomia per divenire hub energetici in grado di accogliere c.d. navi eco-sostenibili.
Leggendo le cronache nazionali e locali, tuttavia, si ha l’impressione che il dibattito sugli hub energetici portuali e sulle catene di approvvigionamento di carburanti alternativi non stia tenendo in debita considerazione quelli che sono i bisogni e gli orientamenti degli operatori marittimi.

Servirebbe, infatti, conoscere con anticipo le navi del futuro e il loro tipo di alimentazione prima di localizzare e progettare nuove infrastrutture energetiche nei porti.

Occorre, in sostanza, riportare il dibattito sugli hub energetici su un piano metodologico differente, cercando di realizzare solo quelle infrastrutture che aiutino e incentivino i traffici portuali per il più lungo lasso di tempo possibile.
Sulla base di queste premesse, dunque, ho lavorato assieme ai soci dell’International Propeller Club Port of Brindisi and Salento alla realizzazione di un convegno, svoltosi nella giornata di ieri, dal titolo “La decarbonizzazione dei trasporti: presente e futuro dei carburanti marittimi nei porti turistici e commerciali”.

Sono stati chiamati a raccolta diversi esperti che, grazie alle proprie esperienze e professionalità, hanno alimentato un dibattito estremamente franco e concreto sullo stato di avanzamento dei carburanti marittimi alternativi, delineandone luci e ombre.

Sinteticamente, le considerazioni maggiormente evocative lanciate dai relatori hanno riguardato:

-l’assenza di una tecnologia navale che sia pienamente sostenibile;
-l’assenza, allo stato attuale, di un surplus di energia sostenibile e la fragilità/imprevedibilità della transizione energetica;
-l’incertezza tecnologica che rende impossibile una stima del ciclo di vita delle nuove navi;
-la mancanza di una cabina di regia governativa che coordini i vari bisogni e consideri le esigenze degli operatori navali (“la portualità non deve adattarsi ma deve partecipare”, cit.);
-l’importanza delle operazioni di bunkeraggio negli scali portuali;
-il bisogno di un approccio flessibile nell’adozione di nuovi carburanti, sia a livello governativo che privato;
-la consapevolezza dei rischi legati ai nuovi carburanti e l’assenza di una adeguata formazione per il personale impiegato via mare.

Il Capitano Giampiero De Cubellis, Head of Strategic Account Management del gruppo Wärtsilä, ha incentrato il proprio intervento sulle nuove tecnologie, fornendo una comparazione tra gli attuali carburanti fossili e le future modalità di alimentazione.

Particolare enfasi è stata posta rispetto al c.d. Carbon Intensity Indicator (CII), indice previsto dall’ultima regolamentazione IMO che dal prossimo anno misurerà la sostenibilità delle navi esistenti e future. Spiega De Cubellis, le navi saranno classificate a seconda della loro intensità di carbonio: “dal 2023 avremo 5 diverse classi, dalla A fino alla E. Le navi che non raggiungeranno la classe C dovranno essere adeguate per rispettare gli standard ambientali ma non è chiaro ancora con quale tecnologica ciò dovrà avvenire”.

Le nuove tecnologie, difatti, non sono pienamente disponibili e, nell’attesa che l’Idrogeno e il Metanolo, prendano piede, bisognerà trovare soluzioni transitorie.

Come si evince dalla suddetta immagine, estratta dalla presentazione del Capitano De Cubellis, i carburanti sintetici non saranno disponibili su larga scala prima del 2040 e, nel frattempo, l’adeguamento dell’attuale flotta mondiale secondo gli standard IMO CII procederà lentamente a causa della limitatezza/scarsità di cantieri navali.
La soluzione transitoria, dunque, sarà nell’utilizzo del Gas Naturale Liquido (LNG) prima che si diffondano sul mercato i nuovi carburanti.

Analoghe considerazioni, peraltro, sono state condivise da altri due relatori, l’Ingegner Pantaleo Murolo di V Ships e il Dott. Rino Barretta dell’Impresa Fratelli Barretta. Il primo ha richiamato l’attenzione sulla necessità di implementare nuove tecnologie che assicurino un adeguato ciclo di vita della nave, chiedendo un maggior coinvolgimento del cluster marittimo nei processi decisionali (“La portualità non deve adattarsi ma deve partecipare”, cit.).

Barretta, invece, ha evidenziato come, al momento, il settore dei rimorchiatori non disponga di vere e proprie alternative ai carburanti fossili: “i rimorchiatori c.d. ibridi non riescono a garantire nelle c.d. fasi di push and pull adeguati picchi di potenza. I comandanti, di conseguenza, sono costretti a utilizzare gli stessi rimorchiatori in modalità tradizionale per non avere problemi durante le operazioni”.

Non solo, Barretta stigmatizza la ridotta autonomia degli attuali rimorchiatori ibridi che “in condizioni di alta operatività, non supererebbe i 45 minuti e imporrebbe più di una sosta, con costi elevati, per la ricarica delle batterie”.

Vi sono poi altri ostacoli che esulano dalla tecnica e che, finora, ostacolano il lento cammino verso la decarbonizzazione dei trasporti marittimi. Il Capitano Simone Quaranta, Direttore di Thesi Consulting S.r.l., rinomato centro di formazione navale di Mola di Bari, ha per esempio posto l’accento sugli aspetti di sicurezza e formazione legati ai nuovi carburanti.
“Spesso – sostiene Quaranta – si crede che le tecnologie verdi siano più sicure di quelle tradizionali. In realtà, considerando gli incidenti avvenuti negli ultimi anni (ammontano a 93 nel periodo tra il 2003 e il 2017), i Biocarburanti presentano tre tipi principali di rischi: 1) incendio/esplosione; 2) reattività chimica; 3) tossicità.

Ciò – continua Quaranta – ripropone ancora una volta la questione della cultura della sicurezza. Se non si interverrà sulla qualità, sulla costanza e sulla massima diffusione della formazione, non avremo un numero adeguato di addetti in grado di gestire tutte le emergenze derivanti dall’utilizzo di Biocarburanti a bordo delle navi”.

Ad ogni modo, nonostante tutte queste criticità, il panel di relatori non nutre alcun dubbio sulla necessità della decarbonizzazione marittima.

Ne sono convinti pienamente sia l’Ing. Patrizia Boschetti, Head of Performance Analysis and Operations ENI CEGR – Circular Economy and Green Refinery, che il Prof. Piero Mastrorilli, docente di Chimica, Energia e Ambiente presso il Politecnico di Bari.

“La decarbonizzazione è più che mai necessaria nonostante il contesto sia ancora fragile ed economicamente dispendioso” – commenta la Boschetti. “È importante tuttavia assumere un approccio che sia flessibile e calibrato rispetto al breve, al medio e al lungo termine, garantendo sostenibilità sociale, economica ed ambientale”.

“ENI – prosegue l’Ing. Boschetti – è impegnata in diversi progetti e, dopo aver riconvertito le raffinerie di Gela e Venezia per la produzione di Biodiesel, sta lavorando intensamente per portare la produzione di Biometano dagli attuali 50/70 milioni ai 200 milioni di metri cubi a partire dal 2025”.

Proprio i Biocombustibili, peraltro, sono stati al centro dell’intervento del Prof. Mastrorilli che ne ha illustrato le caratteristiche principali: “nonostante questi combustibili abbiano una minor densità di energia rispetto ai classici carburanti navali, gli stessi possono garantire, a partire dalla seconda e terza generazione, un minor consumo del sottosuolo, alti rendimenti e minori emissioni”.

In conclusione, tornando all’intento del convegno del Propeller Club, la realizzazione di nuove infrastrutture energetiche e delle relative catene di distribuzione dovrà tenere conto di tutti questi aspetti sagacemente esposti dai relatori.
L’avvento dei biocarburanti, seppur lentamente, procederà inesorabilmente la propria corsa e i porti, così come ribadito sia dal Prof. Avv. Ugo Patroni Griffi, Presidente ADSP MAM, che dall’Ing. Andrea Realfonzo, Senior Executive Chartering and Bunker Department di Grimaldi Group, dovranno cogliere al volo le opportunità legate dalla decarbonizzazione.

“Il Bunkeraggio delle navi ecosostenibili può creare un enorme indotto” sostiene l’Ing. Realfonzo di Grimaldi Group: “nel caso del porto di Brindisi, ove operiamo con le nostre moderni navi, siamo costretti a fare bunkeraggio rifornendoci con alcune bettoline provenienti dallo scalo di Augusta. Sarebbe utile in futuro riuscire a rifornire le navi direttamente in porto”.

Stefano Carbonara

Convegno

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