Crociere nel Mediterraneo: è crisi mascherata?

Il fenomeno delle crociere nel Mediterraneo e nella nostra Italia  inizia a dare qualche segnale di svolta; il trend, positivo sempre, degli ultimi sette anni pare abbia segnato un punto di “flesso” della parabola e questo lo si leggeva già nel 2010. I contraccolpi della crisi cominciano ad intaccare questo settore? Oppure vi è eccesso di competizione tra i soggetti dell’industria croceristica? Oppure una competizione forzata fra home port italiani e gli altri del Mediterraneo? Se vogliamo essere seri e leggere attentamente questo fenomeno, dobbiamo dire che oltre alla crisi, menzionata da tutti, ed i fenomeni della “primavera araba”, il segnale più preoccupante viene dall’anello più a monte della filiera e cioè dalla cantieristica, giunto a livelli non controllabili proprio in questi giorni.

Quindi non siamo di fronte a studi di settore “mediocri” per individuare quali porti per le crociere, le rotte, le toccate, i transiti  e prodotti turistici in genere, ma ritorna il problema “nave”. I programmi di costruzione e di allestimento di nuove navi rallentano in maniera forte ed in casa Fincantieri già si parla di esuberi e di licenziamenti e chiusura di impianti (Riva Trigoso,Castellammare di Stabia) per rilocalizzarli dove? Una crisi, quella del settore cantieristico già iniziata, per gli esperti, nel 2009 con perdite di capacità produttiva sia in Germania che in Francia e dopo anche in Italia. I più ottimisti parlano di “teoria del ciclo di vita del prodotto” crociera e questo ci fa ben sperare.

Però dobbiamo confermare che il business croceristico, relativo all’intero bacino del Mediterraneo, non impensierisce le realtà portuali, anzi risultano, fra i protagonisti del fenomeno,  i soggetti meno informati; mentre ne sono interessati gli operatori grandi e piccoli, cioè quelli che determinano le destinazioni degli scali delle navi da crociera; quelli che chiedono gli adeguamenti infrastrutturali; quelli che governano il processo della spesa a terra dei passeggeri, predisponendo una rete di sub-fornitori; sono questi gli operatori più preoccupati della filiera del turismo da crociere e non le autorità portuali. Per i porti interessa solo la capacità ad attirare ed accogliere un numero rilevante di crociere, perché l’impatto diretto derivante dall’attracco delle navi rappresenta per loro una variabile economica importante e dipendente dal potere di contrattazione delle Compagnie crocieristiche nello scegliere un porto rispetto ad un altro.

Anche nel trasporto aereo accade lo stesso con i vettori aerei low-cost: non sono i viaggiatori a scegliere itinerari e toccate, ma gli operatori a governare la geografia di questo particolare turismo, sulla base di considerazioni prettamente economiche, e non solo di attrattività turistica. E’ qui si misurano i soggetti locali, coordinati tra di loro (Amministrazioni locali, Autorità portuali, Sistemi di imprese e Destination Management Companies) nel  predisporre una politica strategica  front fenomeno crocieristico, capace di massimizzarne i vantaggi, piuttosto che stabilire un record solo di passeggeri. Nella graduatoria dei porti del Mediterraneo l’Italia si colloca senza dubbio in una posizione di privilegio. In vetta troviamo Barcellona e Civitavecchia, entrambi di rilevanza mondiale; tra i porti italiani abbiamo Venezia, Napoli e Savona per numero di passeggeri.

Ma la graduatoria subisce delle variazioni a seconda della connotazione che assume ciascun porto: home port, ovvero punto di partenza o arrivo della crociera, oppure port of call, ovvero tappa intermedia del viaggio. Per rispondere alle esigenze dell’industria turistica delle crociere, le realtà portuali devono essere in grado di creare il giusto mix di componenti hard, le infrastrutture, e soft, i servizi alle navi e ai passeggeri. L’aspetto di primaria importanza è la profondità delle banchine, in modo che il porto possa ospitare agevolmente navi di grandi dimensioni, vista la tendenza delle compagnie di crociera all’utilizzo di navi  sempre più mastodontiche. Anche i servizi alle navi e ai passeggeri devono essere concepiti ad hoc: le navi da crociera chiedono istanze specifiche rispetto al rifornimento o ad eventuali necessità di riparazione; mentre i passeggeri devono essere “accolti” dalla destinazione portuale all’interno di terminal passeggeri, appositamente predisposti, ed avere la possibilità di usufruire di servizio shuttle gratuito.

E’ chiaro che  la proposta turistica – come e quanto il territorio viene offerto ai croceristi – le cosiddette escursioni “on shore” sono parte integrante del prodotto crocieristico e possono costituire un indicatore dell’attrattività del territorio e la sua capacità di concentrarsi sul prodotto turistico culturale/sightseeing (gite in bicicletta, circuiti a piedi, visite dedicate ai bambini, eventi e spettacoli). Stiamo dicendo che non basta “il sole, il vento, il mare, il salento”, il barocco, i trulli per trasformare un pacchetto turistico in offerta croceristica. Altro fattore di attrazione per i porti di imbarco/sbarco per le crociere è costituito dalla presenza, nelle vicinanze, di un aeroporto e in Puglia ci sono siti con un porto ed un aeroporto in città. E poi bisogna essere sinceri: il settore della crociere fa lavorare poco l’insieme della ospitalità ( alberghi e pubblici servizi), mentre offre economia diretta e di indotto a settori lontani dal turismo; solo le briciole vanno alle imprese turistiche e ai loro addetti.

Abele Carruezzo