Continua il gioco iraniano: è guerra mediatica?

Roma. L’altro giorno, una petroliera degli Emirati Arabi Uniti che navigava nello Stretto di Hormuz è stata intercettata da motovedette iraniane e rimorchiata in un porto. Lo afferma l’Agenzia Irna riferendo che la petroliera era “in panne” e navigava senza nome. Il fatto del “senza nome” si giustifica che già da sabato scorso, verso la mezzanotte (ora locale), la petroliera Riah, battente bandiera panamense, ma con base negli Emirati Arabi Uniti, ha spento il suo trasponder (AIS), perdendo il contatto con il proprio armatore e non risulta (dicono le autorità emiratine) che la nave  abbia lanciato alcuna richiesta di soccorso.

Sembra molto strano il come una nave disattivi l’AIS per scomparire dagli schermi VTS per poi riattivarlo scortata da motovedette iraniane. Potrebbe essere stata in avaria e rimorchiata per essere soccorsa? E’ una possibilità, che non trova conferma e il silenzio, durato tre giorni hanno messo in allerta l’armatore, fino all’altro giorno.

Teheran. Per le Autorità iraniane, la nave stava “contrabbandando” carburante nel Golfo; per cui una nave straniera che contrabbandava un milione di litri di carburante nell’isola di Lark, compie un reato grave ed per questo che è stata  sequestrata e fermati i dodici membri dell’equipaggio. L’ultimo contatto dava la nave vicino all’isola di Qeshm, dove ha sede una base dei pasdaran.

Abu Dhabi e Washington. Per gli Emirati Arabi Uniti, come pure per gli Americani, si tratta di un sequestro strano e sospetto di cui non si fa riferimento sia al nome della nave e sia alla bandiera e quindi potrebbe riguardare un’altra nave, diversa dalla Riah. Un atto navale che può essere considerato come una risposta di Teheran al sequestro della super petroliera Grace I, fermata il 4 luglio scorso, mentre navigava per lo Stretto di Gibilterra e diretta in Siria, con la stessa accusa di “contrabbando” di greggio.

Parigi. Grazie all’intervento francese il capitano e i marinai della Grace I sono stati rilasciati. In cambio la diplomazia iraniana ha promesso “ di non attaccare navi del Regno Unito in navigazione nel Golfo Persico o in quello dell’Oman” in attesa del rilascio della superpetroliera “Grace I” e del permesso di continuare a navigare verso la sua destinazione, come hanno confermato fonti di alto livello a Teheran.

Se il rilascio e il permesso non avverranno presto, il Regno Unito dovrà aspettarsi delle conseguenze. Infatti, la Marina del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC) perlustra le acque del Golfo Persico e ispeziona di routine le navi non  necessariamente con l’intenzione di fermarle. Quest’ attività di routine non viene accettata dagli Inglesi che lo considerano sempre come tentativo di sequestro delle loro navi.

Guerra delle Petroliere. Il fatto che il sequestro abbia coinvolto la Guardia rivoluzionaria iraniana, per il Pentagono è la conferma che ormai ci si trovi in mezzo ad una “guerra” mediatica o non definita proprio la “Guerra delle petroliere”.

Così il Golfo Persico torna ai tempi della guerra delle petroliere disputata nel conflitto tra Iran e Iraq degli anni ’80. La risposta dell’Occidente, come allora, può essere prevedibile: l’invio di altre navi da guerra per proteggere lo stretto strategico di Hormuz, principale crocevia del greggio che disseta il fabbisogno mondiale.

Siamo di fronte ad affermazioni che inevitabilmente portano ad aumentare ulteriormente la tensione in uno stretto di mare, oggi cruciale per il commercio mondiale di greggio. Così, mentre da una parte Londra innalza al massimo livello l’allerta per le sue navi nel Golfo, dall’altra l’Iran alza nuovamente la voce verso quel blocco di Stati formato principalmente da America, Inghilterra ed Israele volto a screditarla ed isolarla sia economicamente sia politicamente.

Intanto nella Londra finanziaria, durante la seduta in borsa, i prezzi del greggio si muovono, con un rialzo prossimo a 1%, dopo che l’Iran ha dichiarato di aver sequestrato una petroliera estera nel Golfo Persico. I futures sul Brent registrano un rialzo di 44 centesimi a 64,10 dollari al barile, mentre quelli sul greggio americano sono in aumento di 23 centesimi a 57,01 dollari al barile. Ci troveremo di fronte ad una crescita più lenta della domanda di greggio a causa di un quadro economico globale più debole del previsto. E la “guerra mediatica” continua!

 

Abele Carruezzo