Missione europea nello Stretto di Hormuz

Parigi. Secondo la Ministra francese delle forze armate, Florence Parly, la consapevolezza marittima europea nello Stretto di Hormuz è ormai operativa e tende a rafforzare e garantire la libertà di navigazione nell’area del Golfo Persico. Dopo la riunione operativa dello scorso 20 gennaio, da due giorni la missione europea nello Stretto di Hormuz è iniziata ed è composta di ufficiali belgi, danesi, olandesi e francesi, mentre la sede operativa si trova presso la base navale francese di Abu Dhabi.

La missione europea, nata per monitorare le acque dello Stretto di Hormuz, surriscaldate dalle posizioni teo-nazionaliste di Teheran e dall’evoluzione del confronto tra Iran e Stati Uniti, è stata denominata European-led Maritime surveillance mission in the Strait of Hormuz (EMASoH), a dimostrazione del fatto che oggi l’Europa ha un ruolo da svolgere in quell’area, assicurando un ambiente sicuro per la navigazione e di salvaguardare interessi economici della stessa Ue.

Anche l’Italia parteciperà in questa missione, non appena il Decreto Missioni militari all’estero sarà approvato, anche con le dovute differenziazioni, rispetto alla proposta iniziale di una coalizione di “volenterosi” nata su iniziativa della Francia. La scorsa settimana, il Ministro Lorenzo Guerini, delfino di un certo dinamismo militare del Governo “giallo-rosso”, non pienamente digerito dal M5S, in audizione nelle Commissioni Difesa di Camera e Senato, aveva proposto di incrementare la presenza italiana nello Stretto di Hormuz a difesa dell’interesse strategico per l’economia dell’Italia.

Anche con l’approvazione delle Commissioni, la missione non è formalmente dell’Ue perché manca l’unanimità di tutti e ventisette Paesi; per questo, essendo una missione europea e non dell’Europa, ogni Paese partecipante manterrà il controllo sulle proprie navi che applicheranno regole d’ingaggio nazionali. L’impegno italiano ancora non è stato definito e considerando gli impegni della Marina Militare al largo della Somalia (missione Atalanta) e gli schieramenti nel Mediterraneo (Mare Sicuro), non si potranno distaccare per lo Stretto di Hormuz più di una nave (una fregata, un elicottero e fino a 155 persone per quattro mesi a partire da settembre 2020).

Le forze in campo, per ora, sono francesi e olandesi: la fregata Courbet è già ad Abu Dhabi, mentre la fregata olandese De Ruyter, dopo aver lasciato il porto di Den Helder, si sta dirigendo nell’area dello stretto; la portaerei Charles De Gaulle è da tempo nelle acque antistanti il Medio Oriente. Oltre a questa missione, nelle acque di Hormuz, è presente un’altra coalizione simile guidata dagli Stati Uniti: l’International Maritime Security Construct (IMSC). Quest’ultima missione (USA, Albania, Australia, Bahrain, Regno di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito) è stata formalizzata per garantire la sicurezza e la stabilità marittima nella zona, la libera navigazione e il libero flusso commerciale nelle acque internazionali del Golfo Arabico, lo Stretto di Hormuz, lo Stretto di Bab el-Mandeb e il Golfo di Oman.

Ricordiamo che lo Stretto di Hormuz è una zona di mare più importante al mondo interessata dal trasporto di petrolio e che vede attraversare circa 21 milioni di barili/giorno di petrolio, il 21% del consumo globale. E’ un canale largo 21 miglia tra l’Iran e gli Stati del Golfo degli Emirati Arabi Uniti e l’Oman che collega il Golfo Persico e il Mar Arabico. Tutte le navi che trasportano merci dall’Iran o dal Golfo Persico sono costrette ad attraversare lo Stretto di Hormuz e per questo lo rendono “mare vitale” del commercio globale.

Abele Carruezzo