Il Porto di Brindisi può…

Brindisi. Ancora una volta la portualità di Sistema relativa al porto di Brindisi subisce una frenata! Non sappiamo cosa, chi e come un assessorato ai trasporti della Regione Puglia intende affrontare questa stasi operativa, più voluta che dovuta, e sicuramente non si ha bisogno di ulteriori tavoli di “fantomatica concertazione”, importanti solo per propaganda elettorale. Un Piano Operativo Triennale d’infrastrutture, sappiamo che è lo strumento necessario per rendere più ”sicura” la funzione operativa/portuale di un porto.

Quello di Brindisi è articolato su tre bacini (interno turistico e da diporto, medio commerciale per navi ro-ro e ro-pax – i c.d. traghetti di una volta – ed esterno energetico di grandi masse e servizi logistici per meccanica e tecnologia avanzata); bacini che hanno garantito negli anni la caratteristica peculiare della sua polifunzionalità, servendo molte Compagnie di Navigazione, nel Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale e nel Mediterraneo.

Se un POT non è realizzato di chi sono le responsabilità? Ora amministrare sappiamo che significa che gli Enti preposti devono assumere decisioni complesse che comportano la valutazione di vari interessi pubblici relativi al bene di una città di mare e del suo porto. Quando un procedimento amministrativo funzionale alla realizzazione di un’infrastruttura portuale (con obiettivi chiari e necessari a garantire i servizi portuali) si blocca (tutte le valutazioni possono essere specifiche giuste e non) sicuramente qualcosa non va e non si garantisce il bene per quel porto e per quella città.

Gli ambiti portuali possono (o devono) essere valutati in termini di risultato economico prodotto. Quando un POT non è rispettato le conseguenze economiche saranno disastrose per il porto stesso, ne viene emarginata la sua presenza operativa nel bacino economico/marittimo di sua pertinenza. Perderà sicuramente competitività; sarà considerato non adeguato nel Sistema portuale di appartenenza e seguirà il suo declino. A chi giova?

La situazione attuale esige il superamento di tali difficoltà; non dare agio ad una generale insoddisfazione. Il cluster marittimo/portuale dovrà impegnarsi maggiormente a superare le difficoltà d’intercettazione del traffico di navi e di flussi merceologici; evitare le sovrapposizioni di competenze e convincendo altri apparati della pubblica amministrazione della trasparenza e bontà delle opere da realizzare, superando la complessità delle procedure: una città di mare e portuale non ha bisogno di tali difficoltà e diatribe, specie dopo una emergenza sanitaria che è divenuta economica ed occupazionale.

Il porto di Brindisi, unico nella sua peculiarità nell’Adriatico Meridionale, non può essere abbandonato alle complessità amministrative; anzi è un porto che ha sempre dimostrato la sua vocazione europea di gate way da e per l’Oriente. Vuoi per dimensioni di volumi dei bacini portuali, per la sua retroportualità capace di alimentare Zes e corridoi logistici intermodali.

Può aspirare a essere nuovo come hub di ricezione, di prima lavorazione e smistamento prodotti grazie alla presenza di eccellenze industriali sul proprio territorio, servite anche da strutture di connessione (5G) e smart working. In questa fase, legata all’attuale crisi economica europea, con l’allentamento dei vincoli, patto di stabilità, regime di aiuti di Stato, normativa Ue su appalti e concessioni, Next Generation UE e Recovery Fund, il porto di Brindisi dovrà cogliere l’opportunità per reperire nuove risorse e sensibilizzare gli Enti (Regione, Provincia e Comune) ad essere resilienti per favorire uno sviluppo del territorio legato all’asset portuale salentino, oggi e non domani!.

Abele Carruezzo