Porti: digitalizzazione, automazione ed informatizzazione dei processi produttivi e trasportistici portuali con uno sguardo al mercato del lavoro

Le osservazioni che ci accingiamo a fare e che vogliono suscitare ulteriori spunti di riflessione anche e sopratutto finalizzati alla realizzazione dell’efficienza portuale anche in chiave “green”, non possono prescindere, se pur in via preliminare, da alcune considerazioni sul ruolo dei soggetti interessati alla scelta dei porti da scalare e sulla natura dei servizi portuali richiesti in un meccanismo, oggi molto articolato e complesso, relativo alla competitività degli stessi.

I fattori base della competitività sinteticamente riguardano la posizione geografica, le infrastrutture portuali non solo intese come carico/scarico su mezzo terrestre ma anche su nave richiamando quindi il ruolo della banchina; i collegamenti con l’hinterland più e meno prossimo il porto con i servizi feeder; la gestione dei terminal che possono essere multiclienti o dedicati.

Facile desumere che il principale elemento capace di stabilire se quanto accennato soddisfa l’interesse dei traffici e dell’economia, e la merce e la linea di navigazione entrambi questi elementi capaci di comporre al meglio il rapporto tra ricevitore e caricatore unitamente a quello tra un operatore logistico e lo spedizioniere.
Fatte queste premesse è opportuno sottolineare come lo sviluppo tecnologico stia fornendo un apporto strutturale allo sviluppo dei porti, attraverso la digitalizzazione e l’automazione proprio su quei processi produttivi ed organizzativi che poi fanno la differenza sia nei traffici che nelle economie anche di scala.

A queste due essenzialità andremmo ad aggiungere la specializzazione degli operatori portuali ovvero sia i dipendenti delle compagnie portuali che i dipendenti dei terminal.
In effetti il rischio maggiore parrebbe gravare, almeno in alcuni porti e quindi in alcune Adsp, proprio sui lavoratori i quali, al fine di fronteggiare gli effetti della modernizzazione di cicli e di processi  trasportistici, devono seguire alcune strade “obbligate”: il pensionamento, la ricollocazione e la specializzazione per il tramite di appositi corsi di formazione.

L’equazione per la quale alla informatizzazione ed alla digitalizzazione corrisponderebbe una diminuzione del numero dei lavoratori, se da una lato preoccupa non solo gli stessi protagonisti, dall’altro deve spingere le Adsp a trovare finanziamenti idonei a calmierare l’esodo, ove richiesto, a tal punto da rivoltare il risultato, ovvero incrementare il numero dei lavoratori portuali nella diversificazione delle avviande specializzazioni post informatizzazione.

Ruolo centrale viene svolto dal piano globale del lavoro del porto che esaminando le caratteristiche quantitative e qualitative del mercato del lavoro domestico alla Autorità di sistema, stabilisce con dettagliati piani operativi la riqualificazione, la riconversione e la ricollocazione del personale in ambito portuale, ovvero in considerazione di tutte le operazioni portuali tipiche del porto per il quale il piano è prodotto.

Organi quali sia il comitato di gestione che la commissione consultiva debbono condividere le linee di sviluppo del piano detto anche globale, tali da renderlo strategico e capace di profilarsi appetibile al pari dell’intero sistema produttivo del porto, rispetto ai sistemi giuridici e normativi che disciplinano il mercato del lavoro spesso in posizione di autoproduzione della stessa forza lavoro portuale e sempre in riferimento al contenuto degli articoli 16,17,18 della legge 84/94 e ss. mm.

Le caratteristiche del lavoro portuale e la connaturata esigenza di sicurezza dei lavoratori incidono sui modelli organizzativi, che la Adsp deve anticipatamente conoscere a tal punto che nei casi del rilascio di concessioni demaniali terminaliste ex art lo 18, l’atto formale di rilascio concessorio deve e non dovrebbe contenere un addendum sul piano occupazionale, da aggiornare annualmente e quindi sottoporre a controllo specificando tipo di contratto ed impiego del personale sia interno che esterno con gli eventuali segmenti produttivi ed operativi  esternalizzati.

Si aggiunga il fondo per la formazione del personale nella misura del 2% delle risorse economiche disponibili per il finanziamento del piano organico del porto rinnovabili ogni anno.
In sintesi la Adsp ha in sé un potere-dovere di pianificazione e di indirizzo del mercato del lavoro portuale avendo bene in mente quanta insidiosa sia la materia della sicurezza dei lavoratori in banchina e quanto lo siano sul piano giuridico ed economico le diverse forme flessibili e dinamiche del rapporto che segue i flussi commerciali e trasportistici non solo delle navi, attingendo in alcuni casi in pericolose clausole elastiche rispetto alle tipizzate normative di settore (CCNL del porto).

Di forte studio sistematico è la materia del piano, ma anche del corposo strumento amministrativo programmatico del bilancio di previsione delle AdSP, dove si palesa il calcolo delle tariffe portuali capaci, esse stesse, di coprire il costo dei lavoratori portuali abituali siano essi terminalisti, siano essi appartenenti alle compagnie portuali od a cooperative strumentali.

Avviandomi alla conclusione le preoccupazioni sulla tenuta dei numeri assegnati ai lavoratori portuali sono reali e cogenti in special modo se consideriamo alcuni elementi di tendenza sulle dinamiche commerciali dei porti che possono apparire capaci di sgombrare ogni più rosea aspettativa, quali il gigantismo navale che interessa sia il settore ro-ro che quello petrolifero senza dimenticare quello dei  container.

Poi l’intermodalità, giusta compagna di sviluppo della retroportualità a forte espansione ferroviaria, che facilita il movimento delle merci e ne alleggerisce i rischi connaturati al trasporto su gomma; l’autoreferenzialità delle rinfuse solide specie se ferriera e di produzione di beni a carattere monopolistico per attività portuali in quanto destinate ai vicini stabilimenti di produzione, trasformazione e stoccaggio, propri dei settori specialistici che pretendono maestranze proprie.

Infine la ciclicità variabile dei flussi dove il picco del lavoro vede un tempo molto breve; a ciò si aggiunga la dicotomia nave-treno, li dove proprio il fattore umano ne può compensare le strutturali differenze. Operazioni di carico scarico di navi porta container o general cargo di merce sfusa o pallettizzata, richiede operatori di gru altamente specializzati che se raffrontiamo anche nel periodo di picchi, farebbe immaginare cicli di lavoro con decine e decine di operatori spesso non presenti o disponibili.

Insomma un sistema portuale che procede spedito verso forme di automazione di alcune attività, -cd- operazioni portuali a danno dei lavoratori, che di converso hanno nelle opportunità delle dinamiche di gestione delle operazioni stesse elementi di recupero qualitativo e quantitativo. Immaginando poi si conviene in conclusione, che le Adsp possano ricevere a breve un maggior contributo da normative privatiste che meglio si addicono all’ Autorità Marittima, all’economia del mare e del suo turismo, della logistica e dei trasporti connessi, tutti temi caldi che oramai da troppo tempo, rispetto alle formule giuridiche di altri porti europei, attendono risposte dal legislatore nazionale sentita la volontà politica governativa.

Questo è l’augurio finale che racchiude significative preoccupazioni della forza lavoro specializzata e non presente nei porti in cui, ad esempio, la fa da padrone il terminalista con sede legale in altri continenti… e quindi con dinamiche lavoristiche del tutto differenti ed in alcuni casi distanti dalle garanzie presenti sul territorio Italiano sensibile ai licenziamenti facili ma al pur minimo variare dei volumi di traffico che, come detto di converso, risultano strutturali all’economia marittima.

Presto, molto presto, un testo unico sul lavoro portuale anche con clausole specifiche di diritto internazionale pubblico e privato faciliterebbe le azioni sia delle Adsp che dei rappresentanti dell’importante comparto portuale soggetto non solo, si azzarderebbe, ai…venti marini…

 

Teodoro Nigro