Le Commissioni Ambiente e Trasporti sui dragaggi

Roma. Interessante la risoluzione degli On. li Nobili, Fregolent, Paita, Rixi, Furgiuele, Fogliani che per migliorare la competitività dei sistemi portuali, propongono la ‘semplificazione della disciplina del dragaggio’; proposta che sarà discussa nelle Commissioni riunite di Ambiente e Trasporti (VII e IX). Si sostiene che il settore della portualità rappresenta uno dei principali motori di sviluppo del nostro Paese. Il commercio marittimo, si rileva nella risoluzione n.7-00560 della Camera, (modificata e aggiornata il 30.03.2021), produce valore aggiunto per le economie nazionali in grado di promuovere innovazione e sviluppo. Basti pensare al porto di Rotterdam, centro pulsante della logistica europea, che occupa vaste aree d’insediamenti logistici, di terminal portuali, di fabbriche, di raffinerie e aree per lo stoccaggio di prodotti energetici. L’Italia, pur avendo una realtà diversa e complessa, non riesce a semplificare le azioni amministrative per essere competitiva in Europa.

Per questo, con la risoluzione ‘Nobili e altri’, si pone l’attenzione ai collegamenti dell’”ultimo miglio” ferroviario; per favorire una relazione più forte con le realtà economiche territoriali, attivando le attività strumentali nell’ambito dei sistemi portuali; rendere efficienti/efficaci le zone economiche speciali nel Mezzogiorno, ponendo i porti al centro dell’integrazione con le realtà economiche, industriali, di ricerca. Appare necessaria condividere, con ottica di sistema, tutte le iniziative funzionali alla rapida e coordinata realizzazione degli interventi infrastrutturali funzionali per l’integrazione modale dei porti e sostenendoli nello sforzo di modernizzazione e specializzazione delle proprie funzioni. Occorre superare le criticità ‘storiche’ della portualità italiana.

I firmatari della ‘risoluzione’ affermano che nella scorsa legislatura è stata introdotta una nuova disciplina relativa alle operazioni di dragaggio, volta a superare i problemi connessi all’esecuzione di tali interventi, assolutamente essenziali per garantire la piena funzionalità dei porti. L’articolo 5-bis della legge n. 84/94, modificato nel corso della scorsa legislatura, prevede una disciplina molto articolata con riferimento ai dragaggi da effettuare nelle aree portuali ricomprese nei siti di interesse nazionale. Con una modifica introdotta con il decreto-legge n. 76 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 120 del 2020, si è previsto che per le operazioni di dragaggio nelle aree portuali e marino costiere, oltre che nei bacini idrici, anche se non posti in siti d’interesse nazionale, si utilizzano comunque le modalità e le migliori tecnologie disponibili finalizzate a mitigare i rischi di propagazione di contaminanti, ove presenti.

In particolare, la gestione dei materiali provenienti dal dragaggio delle aree portuali e marino costiere non comprese in siti d’interesse nazionale, è regolata dal Decreto del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 173 del 2016. Tale disciplina, accolta inizialmente con estremo favore dal mondo della portualità, ha previsto una notevole semplificazione delle operazioni di dragaggio, con l’intendimento di assicurare una radicale semplificazione delle procedure di dragaggio e il pieno rispetto delle matrici ambientali, in modo da consentire in piena sicurezza il riversamento in mare dei materiali derivanti dai dragaggi medesimi. Inoltre, il Decreto ministeriale contiene, infatti, un dettagliato allegato tecnico che prevede che sui materiali di dragaggio, sia curato, oltre alla verifica delle aree nelle quali l’operazione è effettuata, una serie di operazioni per la caratterizzazione dei medesimi sotto il profilo della classificazione chimica, della caratterizzazione fisica e biologica nonché della caratterizzazione ecotossicologica.

In fase applicativa, sono emerse tuttavia alcune problematiche – si afferma nella ‘risoluzione’- che hanno reso meno efficace l’azione di semplificazione auspicata e necessaria per assicurare, in questo importantissimo ambito, la piena competitività del sistema. Le difficoltà riguardano le prove eco-tossicologiche sui materiali dei dragaggi che richiedono tempi ‘biblici’ per ottenere risultati secondo i parametri del decreto 173/2016. Per tutto questo, i proponenti avvisano la necessità di rivedere i parametri adottati e le modalità concrete per la caratterizzazione dei sedimenti marini. Una soluzione proposta è quella di sospendere, in questa fase e per il tempo strettamente necessario a ridefinire i criteri e le modalità per l’effettuazione della classificazione ecotossicologica, le prove eco-tossicologiche limitando la caratterizzazione alle sole prove chimiche, idonee ad assicurare un sufficiente grado di protezione ambientale.

Un ulteriore elemento di criticità emerso concerne, con riferimento alla caratterizzazione dei siti per l’immersione dei materiali di escavo, la obiettiva difficoltà di riuscire ad assicurare come prevede il decreto ministeriale sopra ricordato, nelle operazioni di riversamento in mare dei materiali, il rispetto del limite di ricoprimento teorico medio massimo, pari a 5 cm, da calcolare, ai fini del dimensionamento del sito, anche in considerazione dell’eventualità di ulteriori immersioni da ripetere periodicamente, secondo la programmazione di gestione dei materiali di cui alla scheda di inquadramento dell’area.

Anche in tal caso sarebbe opportuno superare una disposizione in relazione alla quale è difficilissima l’applicazione concreta nonché la verifica del rispetto della stessa, anche in considerazione dell’azione che sul materiale riversato possono avere fattori esogeni, come, ad esempio, le correnti marine. Si auspica nelle more di fare riferimento anche alle più avanzate esperienze realizzate nell’Unione europea.

Abele Carruezzo