Assemblea Federagenti: “L’Italia è porto solo se… “

Venezia. Chiuso il sipario sulla 72esima Assemblea Generale degli Agenti marittimi e Raccomandatari, il presidente di Federagenti, Alessandro Santi, consegna ai suoi associati due provocazioni: a) gli Agenti marittimi desiderano un ‘porto’ che sappia accogliere una nave e sappia garantire i migliori servizi e che la merce possa essere scaricata e/o imbarcata nel minor tempo possibile, al di la della transizione energetica, la digitalizzazione forzata e la sostenibilità dei progetti, pur se temi importanti; b) si chiedono ‘strumenti non convenzionali’ per il risanamento di porti e logistica; concretamente si chiede un ‘gabinetto di guerra in tempo di pace, che sia istituito presso la presidenza del Consiglio’ e che funzioni come ‘centro decisionale dotato di pieni poteri’, anche rispetto a temi connessi all’attuazione del PNRR.

Due provocazioni che derivano dall’esperienza sul campo degli Agenti e Raccomandatari marittimi presenti nei porti italiani. Infatti, il tema di quest’anno dell’Assemblea recita “L’Italia è porto solo se …”

“L’Italia potrebbe non riuscire a utilizzare i fondi del PNRR e, di nuovo saremmo considerati il Paese che non sa utilizzare i fondi” – ha detto il presidente Santi – “inoltre potremmo non essere in grado di spendere i fondi con una tempistica dovuta”.
Per questo Federagenti chiede un ‘centro’ che includa portualità e logistica che dovrebbe concentrarsi su quattro pilastri sviluppati dal presidente Alessandro Santi nella sua relazione. Temi e obiettivi importanti se si voglia un’Italia dei porti. “Abbiamo tempi ristretti” ha detto Santi e che “nella Penisola i tempi medi di realizzazione di un progetto sono di 6,8 anni, troppo lunghi rispetto a quelli chiesti dal PNRR.”

I quattro temi della relazione di Federagenti riguardano un destinatario particolare: il Governo Draghi e il Ministro al Mims Giovannini. 1) In primis, l’Italia ha bisogno di una ‘visione strategica sul Mediterraneo’; un mare che non è più di transito, ma delle rotte; è un’area che sta riprendendo centralità anche in considerazione di vari progetti di reshoring – o meglio nearshoring – annunciati da diverse grandi aziende e soprattutto da vari studi di economia marittima. “L’Italia dei porti però – ha evidenziato Santi – è sola al decimo posto tra i paesi del Mediterraneo per volumi intercettati tra quelli transitanti nel Mediterraneo, con il solo 3% dello import/export da e per la Cina (prima relazione d’import italiana con circa il 20% del volume passa per i porti italiani).”

2) “Occorre gestire in maniera attenta e sostenibile la transizione energetica, evitando di elargire ‘finanziamenti a pioggia’ ai porti italiani per l’elettrificazione delle banchine, e rappresentando anche la posizione di perplessità degli armatori, alle prese con il dubbio rispetto al tipo alimentazione alternativa di cui dotare le nuove navi, non essendo ora in grado di pianificare la durata di vita d’investimenti di questo tipo.”

3) Il terzo tema che ha dominato l’Assemblea è quello delle infrastrutture: “l’accessibilità nautica con i dragaggi dei porti, e l’accessibilità terrestre”. Si è parlato di uno strumento legislativo, il cd ‘Protocollo fanghi’ e di poterlo inserire in un prossimo nuovo ‘decreto semplificazioni’.
4) Ultimo nodo elencato dal presidente di Federagenti è poi stato quello della ‘semplificazione e l’armonizzazione del quadro normativo’, tema toccato poi anche dai rappresentanti delle associazioni armatoriali durante il breve dibattito che è seguito alla relazione di Santi.

Osservazione: Una crescente pressione per la digitalizzazione sta spingendo l’industria marittima a investire in strumenti digitali per la logistica, la gestione delle risorse e altre funzioni. Esistono progetti per automatizzare il trasporto merci o digitalizzare la documentazione doganale, ad esempio. I grandi porti stanno guidando la trasformazione, ma sicuramente non si dovrà lasciare indietro i molti porti italiani, di piccole e medie dimensioni, che possono e dovrebbero essere all’avanguardia della digitalizzazione.

Abele Carruezzo